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La Regione Marche finanzia 5 progetti a sostegno delle donne con carcinoma mammario

Le assessore regionali Bravi e Bora: «Una sperimentazione per il reinserimento sociale e lavorativo». Ecco chi può presentare i progetti e come devono articolarsi

Loretta Bravi e Manuela Bora
Le assessore regionali Loretta Bravi e Manuela Bora

Attività e servizi in grado di garantire alle donne che affrontano un percorso di cura del carcinoma mammario una migliore gestione della patologia e delle relazioni in ambito familiare, sociale e nel mondo del lavoro. La Regione Marche finanzia in merito 5 progetti, uno per ciascun territorio provinciale, con 750 mila euro.

Ieri la giunta regionale ha approvato le linee guida del provvedimento presentato dalle assessore al Lavoro Loretta Bravi e alle Pari Opportunità Manuela Bora.

Le assossore Bravi e Bora spiegano: «Il carcinoma mammario è certamente il tumore più invasivo che colpisce le donne ma, per fortuna, in Italia, la  sopravvivenza a 5 anni è dell’87%, valore ben superiore alla media europea (82%). Studi e indagini mostrano che un’alta percentuale (circa il 42%) delle donne sottoposta a trattamenti oncologici ha un rientro lavorativo problematico, e una percentuale di circa il 7% non rientra al lavoro con un forte impatto sulla persona, ma anche sul contesto familiare, sociale. La pandemia da Covid-19 ed il correlato lockdown hanno fortemente aggravato questi effetti. Si stima che, in Italia, siano più di 500 mila le donne che convivono con la malattia. Le testimonianze evidenziano che una delle problematiche più sentite dalle donne operate di tumore al seno riguarda il lavoro e che vi è una diffusa esigenza di maggiore informazione sui diritti delle donne che si assentano dal lavoro per l’intervento chirurgico e le successive terapie. Per tutti questi motivi è fortemente opportuno promuovere e sostenere la sperimentazione di interventi che possano rafforzare la ripresa psicologica, motivazionale e fisica delle donne affette da pregresso carcinoma mammario, finalizzata al pieno recupero della loro autostima e al recupero delle condizioni necessarie per proiettarsi nuovamente con successo nella vita sociale e nel mondo del lavoro».

Tra i fattori predittivi di un reinserimento problematico ci sono il basso livello psico-sociale, lo status di single, essere stati sottoposti a trattamenti chirurgici più mutilanti e chemioterapia, la presenza di disturbi fisici prima della diagnosi di tumore e di disturbi psicologici al termine dei trattamenti, un’assenza dal lavoro di lunga durata e la persistenza di disabilità lavorativa a un anno dal rientro.

I progetti presentati dovranno quindi prevedere soluzioni innovative che rispondano ai nuovi bisogni delle donne con pregresso carcinoma mammario, e finalizzati al miglioramento della loro vita sociale e lavorativa.

Il percorso dovrà articolarsi in 2 fasi:

  1. Realizzazione di attività e servizi di supporto innovativi e sperimentali finalizzati a rafforzarne l’autostima e la motivazione al reinserimento delle donne nella vita sociale e nel mondo del lavoro, nonché un percorso di azioni orientative.
  2. Azioni di politiche attive del lavoro finalizzate all’inserimento/reinserimento lavorativo (per donne disoccupate) o attività di sviluppo delle competenze e ad attività di empowerment (per donne occupate) o attività di sviluppo delle competenze e della progettazione professionale per lo sviluppo di carriera (career counseling per donne occupate).

Le linee guida approvato definiscono la presentazione dei progetti sperimentali, con specifico riguardo ai soggetti istanti, ai soggetti destinatari, alla tipologia di contributo e ai criteri di selezione.
Possono presentare i progetti soggetti pubblici o privati aventi sede legale e/o operativa nella regione con consolidata e qualificata esperienza in attività e servizi, soprattutto in campo medico, nell’ambito di ricerche e progetti per il miglioramento della qualità di vita delle donne, in particolare: Università, Enti di ricerca, ASUR, Associazioni, Fondazioni.

I soggetti interessati costituiti in ATI o ATS devono prevedere almeno un’associazione no profit, con esperienza consolidata in progetti e azioni, preferibilmente in campo medico, a supporto delle donne, nonché soggetti autorizzati o accreditati per l’erogazione di politiche attive del lavoro e di assistenza al reinserimento lavorativo e sociale. In fase di presentazione del progetto vanno indicati i soggetti ospitanti (imprese private) che dichiarano la disponibilità ad ospitare le donne disoccupate in inserimenti lavorativi.

Le proposte dovranno consistere nella realizzazione di progetti integrati di informazione, formazione delle competenze, orientamento e counseling che tengano conto del contesto territoriale di riferimento con indicati i bisogni, il target di riferimento, le risorse e gli obiettivi da raggiungere. Inoltre dovranno contemplare il coinvolgimento di un CPI territoriale (o altro organismo equivalente)  in grado di offrire un servizio di orientamento informativo e/o consulenza orientativa finalizzati all’inserimento/reinserimento lavorativo o allo sviluppo delle competenze.