SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ricerche subacquee sono state condotte a largo della foce del fiume Tronto a San Benedetto per valutare lo stato di conservazione del famoso relitto “Torquato Tasso”, affondato nel marzo del 1860. L’attività in mare è stata condotta dal nucleo Carabinieri Subacquei di Pescara, assieme ai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Ancona e della Compagnia Carabinieri di San Benedetto del Tronto e alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche.
I militari esperti nelle perlustrazioni dei fondali marini si sono concentrati in particolare sul vascello, detto anche “della Sentina”, per valutare le misure di tutela e di conservazione in situ. Il natante affondato ha una storia relativamente breve, divenuta negli anni spunto per vari racconti tramandati tra i pescatori che hanno raggiunto vari appassionati di immersioni subacquee di tutta Italia e non solo. Proprio per questo si stanno considerando iniziative di valorizzazione e strategie di ricerca.
Il relitto della pirofregata “Torquato Tasso” è collocato a circa 8 metri di profondità, nel tratto di mare a 800 metri a nord/est rispetto alla foce del fiume Tronto. E’ lo scafo di una nave da guerra varata il 28 maggio 1856 a Castellammare di Stabia per la Real Marina delle Due Sicilie: aveva il compito di perlustrare la costa “pontificia” adriatica per contrastare un possibile sbarco di Garibaldi. Il nome “Torquato Tasso” dell’imbarcazione deriva dalla polena che raffigura il poeta: polena che è stata esposta alla 37esima mostra navale di Genova. Imponenti le dimensioni: 63 metri di lunghezza, 10 di larghezza e 5 di altezza; pesava 1.450 tonnellate, aveva 178 uomini a bordo e una dozzina di cannoni. Rarità per l’epoca: aveva un motore a vapore costruito nel Real Opificio Meccanico di Pietrarsa (NA) nel 1856, mentre di solito i motori erano inglesi.
Nel febbraio del 1860 fu colta da un violento fortunale nei pressi della foce del fiume Tronto e si arenò. Si tentò di rimetterla in mare, ma un’ennesima tempesta il mese successivo, il 5 marzo 1860, ne causò la perdita definitiva. La nave fu liberata da tutto l’equipaggiamento e tutti gli uomini a bordo furono tratti in salvo.
Il relitto non è mai stato oggetto di ricerche specifiche: le immersioni sono servite per documentarne i resti. Una discreta visibilità ha consentito di riprendere parte della poppa, e della macchina a vapore con assi e ruote, oltre a svariati altri pezzi di difficile interpretazione. I resti della macchina sono completamente ricoperti da mitili che non hanno consentito di valutarne lo stato di conservazione, per cui serviranno future immersioni. Nel frattempo sono stati recuperati dei frammenti delle lastre metalliche applicate al fasciame dell’opera viva dell’imbarcazione e un elemento in ferro, forse dell’alberatura.
I sommozzatori dei Carabinieri di Pescara hanno perlustrato anche in un tratto di mare posto a nord della pirofregata Tasso, dove dovrebbe trovarsi un relitto di una nave romana mai individuata ma presente spesso nei racconti di alcuni anziani pescatori tramandati di generazione in generazione.