ANCONA – Dai cellulari, ai pc, alle tv e ai condizionatori. Complici i continui progressi tecnologici, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) aumentano di anno in anno. Dal rapporto del Global E-Waste Monitor dell’università dell’Onu e della International Solid Waste Association, ripreso da Wired.it, emerge che nel 2019 in tutto il mondo sono stati prodotti 53,6 milioni di tonnellate di e-waste, ovvero 7,3 chilogrammi per abitante, con i cittadini europei che raggiungono i 16,2 chili. Negli ultimi 5 anni si è verificato un aumento del 21% e, secondo i ricercatori, la cifra è destinata a raggiungere i 74 milioni di tonnellate entro il 2030. Se non riciclati i rifiuti elettronici sono molto dannosi per l’ambiente e per la salute umana in quanto contengono sostante nocive. È importante smaltirli correttamente, per intenderci non vanno gettati nella raccolta indifferenziata, in quanto possono essere recuperati plastica, vetro, materie prime e metalli preziosi. Ne abbiamo parlato con la Prof.ssa Francesca Beolchini, docente di Teoria dello sviluppo dei processi chimici all’Università Politecnica delle Marche.
Prof.ssa Beolchini che cosa ci indicano questi dati sui rifiuti elettronici? Che cosa significa il loro consistente aumento? «L’aumento nella produzione dei rifiuti elettronici è associato principalmente a due fattori: l’evoluzione rapida a livello di tecnologia rende obsolescenti le apparecchiature elettroniche in tempi più brevi rispetto ad altri beni di consumo per cui c’è un ricambio più rapido. Inoltre, stiamo assistendo ad un continuo potenziamento dei sistemi di raccolta, per raggiungere gli obiettivi imposti agli Stati membri dalla Direttiva europea sui rifiuti elettronici».
Com’è la situazione in Italia e nelle Marche? «A livello italiano, sulla base del rapporto annuale del Centro di coordinamento RAEE, nel 2019 sono stati raccolti 5.7 kg/abitante, valore ancora troppo basso rispetto agli 8.7 kg/abitante che rappresentano i nostri obiettivi di raccolta definiti dalla Direttiva UE. Per quanto riguarda la nostra Regione, la provincia di Ancona è quella che si è avvicinata di più agli obiettivi, con 8 kg/abitante, seguita da Macerata con 5.9, Pesaro-Urbino con 5.5, e le due province di Fermo e Ascoli Piceno con 4.4 kg/abitante».
Qual è l’impegno dell’Univpm in questo campo? «L’Univpm è coinvolta in diversi progetti di ricerca finalizzati al recupero di metalli di valore dai rifiuti elettronici, dando supporto nell’innovazione ad aziende sia internazionali sia nazionali. Abbiamo partecipato a progetti finanziati dall’UE, dal MIUR e dalla Regione Marche per sviluppare tecnologie innovative sostenibili in questo ambito. Ad esempio, ci siamo occupati dell’estrazione di terre rare da lampade fluorescenti, abbiamo un brevetto per il recupero di indio da schermi a cristalli liquidi, abbiamo messo a punto un processo biotecnologico per l’estrazione di rame e zinco da schede elettroniche».
Che cosa si può ottenere dal riciclo dei RAEE? Perché é importante io loro recupero? «I rifiuti elettronici rappresentano le nuove miniere: si parla infatti di “miniere urbane” quando si fa riferimento a questa tipologia di rifiuto. In alcuni casi, contengono metalli di interesse commerciale in concentrazione più alta rispetto alle riserve minerarie. Solo a titolo di esempio, è il caso del rame nelle schede elettroniche. Inoltre i rifiuti elettronici sono ricchi di metalli preziosi quali oro, argento, palladio, e di metalli classificati come “critical raw materials” (materie prime essenziali) dall’UE. Si tratta di metalli critici per il fatto che hanno un ruolo strategico per l’economia e c’è rischio di approvvigionamento perché le miniere si trovano in Paesi che hanno il monopolio. Riciclare è importantissimo non solo per il danno ambientale causato da questa tipologia di rifiuti, ma soprattutto per mettere in atto strategie virtuose di economia circolare».