ANCONA – A quasi un anno dall’invasione Russa in Ucraina, il rischio che il conflitto possa sfociare nel ricorso ad armi non convenzionali o atomiche sembra sempre più vicino. A lanciare l’allarme sono anche gli economisti marchigiani Mauro Gallegati e Stefano Staffolani.
Per Gallegati «la situazione è preoccupante» e il conflitto «è arrivato a un bivio». «Il problema – spiega – è che per determinare la sconfitta della Russia dovrebbe intervenire direttamente la Nato, e anche se continuare a fornire, da parte dell’Europa armi all’Ucraina, potesse causare la sconfitta Russa, per Putin la sconfitta sarebbe più grave, essendo lui un dittatore»
L’economista evidenzia infatti che «mentre i presidenti delle altre potenze si avvicendano, in Russia non è così, per cui se la Russia perde è Putin ad essere direttamente sconfitto con il rischio di doversene andare. Questo è un elemento che fa paura e preoccupa, tanto che diversi analisti stanno lanciando l’allarme sul rischio di un ricorso alle armi nucleari».
Sull’impatto dell’eventuale ricorso alle armi non convenzionali Gallegati, che collabora con il premio Nobel Joseph E. Stiglitz, evidenzia il rischio di sopravvivenza per l’umanità e anche «il tempo già perso e quello che ancora si sta perdendo» sul fronte della «transizione ecologica verso le fonti rinnovabili».
«La guerra – spiega – ci ha fatto dimenticare la questione ecologica e il problema del cambiamento climatico che ha effetti devastanti sull’umanità. Dobbiamo fare qualcosa per liberarci dalla logica dello sviluppo basato sulle fonti fossili come il petrolio e il gas, che sono inquinanti. Abbiamo perso quasi due anni a causa del conflitto, anche questa situazione preoccupa».
Il preside della Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche Stefano Staffolani evidenzia: «Siamo quasi a un anno da un evento nefasto dovuto alla volontà di alcuni esseri umani, in un contesto in cui stiamo vedendo i rischi per l’umanità dovuti al Covid, al terremoto in Turchia e ai cambiamenti climatici. È tempo di riflettere su cosa è stato fatto, ma soprattutto su cosa non è stato fatto, e ragionare su un percorso di pace».
Secondo il preside «si è cercata una vittoria militare prima di tentare la strada della mediazione, sarebbe stato meglio ragionare in questi termini per arrivare quanto prima alla pace».
«Spero che la saggezza umana sia tale da non portarci al conflitto nucleare, ma il rischio c’è ed è maggiore del passato perché finora non c’è stato un esito netto né da una parte né dall’altra. L’invasione Russa è indubbiamente un crimine di guerra, che forse però si poteva contrastare con la mediazione. Ora che la Russia è sempre più in difficoltà c’è il rischio che possa utilizzare armi non convenzionali a cui non ha fatto ricorso fino ad adesso, con evidenti ripercussioni».