ANCONA – Invertire la rotta e tornare ad investire nella sanità pubblica, nel personale e spingere in alto la medicina territoriale. È quanto ha chiesto questa mattina nel corso di due iniziative simboliche ad Ancona un gruppo di manifestanti del Centri Sociali Marche. Il movimento che raggruppa precari appartenenti a varie categorie come insegnanti, medici ed educatori, si sono ritrovati prima davanti alla sede della Regione Marche e poi davanti agli Ospedali Riuniti di Ancona per chiedere investimenti nella sanità pubblica, provata dalla pandemia di covid.
Il gruppo di manifestanti ha scaricato materassi e cuscini davanti alla Regione, allestendo dei posti letto simbolici per protestare contro il mancato adeguamento del numero dei letti di terapia intensiva nel territorio regionale che attesta le Marche, secondo Enrico Bocchini, esponente dei centri sociali, fanalino di coda in Italia. «Sono stati stanziati fondi per l’aumento dei posti letto, ma tra la prima fase della pandemia e la seconda ondata, non è stato fatto nulla nelle Marche, che sono una delle peggiori regioni in Italia per l’attuazione dell’adeguamento che è stato raggiunto solo in tre regioni su venti». Poi «i gravi ritardi dei bandi per i concorsi Asur come quello bloccato da marzo per 3.000 infermieri».
Altro nodo critico messo in luce dalla pandemia è la carenza di organico. «Anche sul fronte del personale sanitario le Marche sono tra le regioni italiane messe peggio – prosegue – insieme alla Calabria c’è il numero minore di anestesisti, 1,4 ogni posto di terapia intensiva. Poi non è stato fatto nulla neanche per le scuole di specializzazione, né sulla questione infermieri, dove c’è un sotto organico abbastanza impegnativo».
Al motto di «questa sanità fa Acquaroli da tutte le parti» la protesta è poi proseguita nella strada davanti agli Ospedali Riuniti di Ancona, per sollevare le criticità che attanagliano la sanità marchigiana nel suo complesso. Secondo i Centri Sociali Marche «la precedente giunta regionale capeggiata da Ceriscioli ha portato avanti delle politiche scellerate in ambito sanitario, contribuendo alla chiusura di 13 ospedali pubblici negli ultimi anni e al taglio di numerosi posti letto, calati di oltre 1.000 unità dal 2010 ad oggi a fronte di un indice di invecchiamento in aumento nella nostra regione. Abbiamo visto una gestione della prima ondata fortemente problematica e non all’altezza della situazione».
«Nella fase attuale ci ritroviamo a fare i conti con una nuova giunta regionale ma con altrettante criticità in ambito di organizzazione sanitaria, per prima il rapporto tra pubblico e privato» spiega Valentina uno dei membri dei Centri Sociali Marche. Il movimento giovanile lamenta che la Regione Marche, nella delibera di ottobre, ha «aumentato del 40% le tariffe destinate al privato per i 200 posti letto covid messi a disposizione, arrivando così a spendere fino a 410 euro al giorno per paziente e delegando ai dirigenti la valutazione dei costi» spiega Enrico Bocchini.
Una delibera nella quale ha «garantito al privato fino al 90% del budget previsto per quest’anno per le attività non covid – prosegue – . Si continua a privilegiare chi si arricchisce sulla nostra salute anche in un momento difficile come questo».
L’altro nodo cui cui il gruppo ha acceso un faro è il Covid Hospital di Civitanova che «per funzionare continua a sottrarre personale all’Asur pesando sulle strutture pubbliche già in forte deficit di organico. Oltre a questo è assurdo che fin dall’inizio della seconda ondata sia saltato da subito il tracciamento rispetto alla diffusione del virus nella nostra regione». «Occorre invertire la rotta, investendo sulla sanità pubblica, sulle strutture, nella medicina preventiva e territoriale e non nel privato». Per i Centri Sociali è necessario «revocare immediatamente dei finanziamenti alla sanità privata», potenziare le Usca, la medicina territoriale e provvedere a tutelare il personale sanitario con i dispositivi di sicurezza adeguati. «È paradossale – conclude – che ancora oggi nei reparti vengano distribuite le mascherine chirurgiche anziché le ffp2 e ffp3». Inoltre lanciano l’allarme sulla carenza di tamponi e di medici.