SASSOFERRATO – A 40 anni dall’uccisione dei giornalisti italiani Italo Toni, cinquantenne di Sassoferrato proveniente da una nota famiglia locale di artigiani del ferro, e di Graziella De Palo, appena 24enne di Roma, avvenuta il 2 settembre 1980 a Beirut in Libano, permangono ancora dubbi sulla dinamica dei fatti.
«Il Governo tolga il segreto dai dossier», il forte appello della Fnsi a seguito della decisione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, attraverso il DIS, l’organismo di coordinamento dei servizi segreti, «che torna a impedire l’accesso ai dossier sul caso, tuttora conservati negli archivi della nostra intelligence». È stata formalmente depositata dalla Fnsi, attraverso il proprio legale, un’apposita istanza alla Procura di Roma volta a ottenere l’immediato sequestro, presso la presidenza del Consiglio dei ministri e le strutture di intelligence, di tutti gli atti inerenti il caso Toni-De Palo.
La decisione del premier Conte è pervenuta, nei giorni scorsi, all’avvocato Giulio Vasaturo, legale della Fnsi, e ad Aldo Toni, fratello del giornalista di Paese Sera. Una comunicazione con cui la presidenza del Consiglio dei ministri, a fronte della rituale istanza di acquisizione degli atti formulata dal difensore, annunciava per l’ennesima volta che «questa Amministrazione non ritiene di accedere alla richiesta in oggetto», si legge in una nota.
«Siamo rimasti profondamente amareggiati da questo nuovo smacco ai familiari dei due cronisti uccisi a Beirut e all’intera comunità dei giornalisti italiani», osserva l’avvocato Giulio Vasaturo. «A quarant’anni dalla scomparsa di Italo Toni e Graziella De Palo non vi è alcun motivo plausibile in grado di giustificare questa reticenza di Stato. Tutti i personaggi coinvolti in questa oscura vicenda sono morti e quei pochi ancora in vita sono oggi sicuramente ben lontani dal Libano. C’è qualcuno, evidentemente, ancor oggi, che vuol impedire che si giunga a conoscere la verità sulle circostanze in cui furono uccisi Italo e Graziella e sui depistaggi che ne conseguirono che, com’è noto, coinvolsero direttamente il Sismi».
L’inchiesta coordinata a suo tempo dalla Procura di Roma ha portato, nel 1985, all’arresto del colonnello Stefano Giovannone, capocentro a Beirut del servizio segreto militare, e alla condanna di un sottufficiale dei Carabinieri, addetto all’Ambasciata italiana in Libano, per aver favorito, con la divulgazione di informazioni riservate, i presunti responsabili dell’omicidio dei due giornalisti.
Nei mesi scorsi, a seguito di una segnalazione della famiglia De Palo, il caso è stato ufficialmente riaperto dalla Procura di Roma. Le indagini sono ora affidate al procuratore aggiunto Francesco Caporale e al sostituto Francesco Dall’Olio. «Non si può non rilevare l’incoerenza di un governo che, da un lato, promette massima trasparenza nell’agire pubblico e poi impedisce ai familiari di Italo e Graziella di avere, dopo quarant’anni, il conforto della verità e, magari, di conoscere il luogo dove sono stati occultati i cadaveri di questi coraggiosi giornalisti», osservano Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, presidente e segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana.