MACERATA – È una strada impegnativa ma che apre orizzonti del tutto nuovi. È quella della Scuola di Studi Superiori Giacomo Leopardi, l’istituzione dell’Università di Macerata che valorizza e incoraggia il talento dei più giovani. In dieci anni sono venticinque gli allievi giunti al termine di un percorso formativo che fa della multidisciplinarietà e dell’internazionalizzazione i propri tratti distintivi (Leggi l’articolo). Tre hanno ricevuto il meritato diploma nel corso della cerimonia che ha dato il via, oggi, giovedì 15 novembre, all’undicesimo anno di vita accademica dell’ente: Edoardo Bartolini, Fabio Coacci, Simona Tiribelli. Due erano assenti – Maria Chiara Mattacchione e Federica Fiorillo – perché impegnate una in Scozia e una a Oxford, tanto dover discutere la tesi in video conferenza.
Nella sala dell’auditorium Unimc si sono incontrati i “vecchi” con le nuove dieci matricole che sono riuscite a superare le tre prove di ammissione. Attualmente la Scuola conta 54 allievi, divisi per sei cicli accademici. Tutti giustificati gli assenti. «Molti hanno già indossato le ali per volare lontano con lavori in Italia e all’estero – New York, Buenos Aires – mentre altri stanno per partire, come Tamara, in attesa di ottenere la borsa di studio che la porterà in Sud Africa, per completare la propria tesi con Edwin Cameron, giudice della corte costituzionale incontrato a Unimc grazie alle Alberico Gentili Lectures», spiega in una nota l’ente. È un crocevia di menti e di idee la “Leopardi”, che, insieme ad altre otto in tutta Italia, fa parte della rete nazionale di scuole di studi superiori, come ha ricordato il direttore Luigi Alici.
Un esempio di come costruire «percorsi di rottura degli schemi convenzionali nella didattica e della ricerca per consentire la formazione di una mente multiculturale in grado di affrontare la complessità del tempo presente» ha commentato il rettore Francesco Adornato. Questo perché, come ha rimarcato l’ospite d’onore della giornata, Michele Nicoletti, già presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, esperto di etica pubblica e di teoria politica, «far parte di una istituzione di eccellenza vuol dire avere una doppia responsabilità nei confronti di se stessi e degli altri». E proprio agli atenei Nicoletti attribuisce un ruolo di grande importanza. «Il futuro della democrazia e dell’Europa – ha detto – è consegnato alle università. Pensiamo all’Europa come a un’invenzione del secondo dopo guerra, conseguente al disastro provocato dai nazionalismi che hanno trascinato gli stati in un conflitto fratricida. In realtà l’Europa è frutto dell’eredità dell’Impero romano e del Cristianesimo medievale, che ha costruito uno spazio giuridico e culturale comune da San Pietroburgo a Lisbona, con gli studenti che circolavano dentro questo grande mondo europeo. L’Europa è questa grande costruzione comune dove le università rappresentato un polmone importante per la coscienza di questo continente e per la democrazia comune».
“Senza verità non può esserci democrazia”. Questo il titolo della lectio doctoralis di Michele Nicoletti alla Scuola di Studi Superiori di Unimc.
«La Democrazia da noi sviluppata è quella rappresentativa, oggi messa in discussione, che prevede non solo l’elezione dei capi, ma anche la presentazione e la discussione di argomenti diversi per arrivare a una decisione comune. Si tratta di un forte lascito della tradizione umanistica occidentale. La post truth democracy, che ha superato e rimosso la verità, non potrebbe essere a lungo una democrazia», ha detto.
Nicoletti ha parlato di quanto sia necessario essere consapevoli del limite delle proprie opinioni, che, quando trasformate in legge, «subiscono un secondo momento di particolarizzazione relativa a un determinato contesto storico e geografico». È quindi necessario, soprattutto in politica estera, «riuscire a capire le ragioni dell’altro per poter intavolare una discussione. Il reciproco riconoscimento dell’altro come interlocutore è la cornice che rende possibile il dialogo tra posizioni diverse. Democrazia significa battersi non solo per la propria libertà, ma anche per la libertà degli altri».