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Cna: «Rilanciare l’economia nelle aree del cratere sismico»

L'associazione di categoria quantifica l'ecatombe di imprese nelle aree interne delle Marche, la cui attività è stata interrotta a seguito del sisma, presentando alcuni progetti di rilancio

ANCONA – Serrande abbassate. Nei Comuni marchigiani del cratere svariate imprese hanno interrotto l’attività causa terremoto e non hanno più riaperto. Edicole (-9,3 per cento), panetterie (-7.1), macellerie (-6,8), mercerie e negozi di biancheria (-6,4) fiorai (-5,9), distributori di benzina (-5,6), ambulanti (-4,3). Sono 135 le attività di servizi alla persona che hanno gettato la spugna tra la fine del  2016 e il mese di marzo del 2018. A queste vanno aggiunti altri 120 commercianti (bar, fruttivendoli, pescherie, alimentari ecc) e 242 aziende agricole scomparse in quindici mesi. In tutto 497 imprese e almeno 1.500 posti di lavoro che il terremoto si è portati via con pesanti conseguenze non solo per il sistema produttivo ed economico, ma anche per il tessuto sociale dell’area.

Crollo degli investimenti
Le imprese manifatturiere e dei servizi attive nei Comuni terremotati, in dodici mesi hanno registrato, secondo una indagine del Centro Studi Cna Marche, un crollo degli investimenti del 22,5 per cento ed un calo della spesa per i consumi del 9,3 per cento. Insomma gli imprenditori, perdurando lo stato di incertezza, non investono e non spendono. Aspettano che passi l’emergenza e decolli la fase della ricostruzione.

Paesi spopolati
Negli 87 Comuni compresi nell’area del cratere, tra il 2016 e il 2017 la popolazione è scesa da 350.616 abitanti a 347.774. Un calo di 2.392 residenti in fuga dalle conseguenze del terremoto. Colpiscono i 238 residenti in meno di Tolentino e  i 111 di Matelica ma il calo demografico è generalizzato in tutta l’area del terremoto.

Camilla Fabbri

Le scosse che ancora si susseguono non invogliano a tornare, a riaprire attività, ad investire. Il rischio è quello di non recuperare più un tessuto sociale che si è disgregato.

«È urgente – dichiara Camilla Fabbri, responsabile Cna Marche per la ricostruzione – porre un freno all’abbandono dei territori colpiti dal sisma da parte di imprese e popolazione. La Cna Marche ha elaborato cinque  progetti per favorire un percorso di rinascita per le realtà produttive del cratere marchigiano. I progetti, frutto della collaborazione della Cna regionale e delle Cna territoriali di Ascoli, Macerata e Fermo, sono stati  presentati all’Istao nell’ambito del Patto per la Ricostruzione e Sviluppo, voluto dalla Regione Marche. L’obiettivo che ci poniamo è quello di valorizzare le risorse imprenditoriali nelle aree coinvolte dal sisma utlizzando i nuovi strumenti di comunicazione ICT, il co-working, eventi di promozione e vendita, fiere, promozione del turismo sostenibile e esperienziale, seminari per promuovere il patrimonio culturale delle botteghe artigiane, iniziative per frenare la scomparsa di attività tradizionali e di servizi ai cittadini, per rivitalizzare l’economia e bloccare i processi di abbandono, impoverimento e degrado negli 87 Comuni del cratere e in quelli limitrofi».

Importanti, per il rilancio dell’area, secondo la Cna Marche, anche le azioni di Gal e Aree Interne e i progetti finanziati dai Fondi Fesr riservati alle zone  colpite dal sisma per complessivi 343 milioni di euro di cui 142,5 per le opere pubbliche e 110,5 milioni per le imprese. In particolare entro il 30 giugno verranno emanati i bandi per la rivitalizzazione delle filiere del Made in Italy colpite dal terremoto; gli investimenti produttivi al fine del rilancio della crescita economica delle aree terremotate; l’avvio e il rafforzamento di attività imprenditoriali che producono effetti socialmente desiderabili, come prevenire lo spopolamento dei paesi.

«In questa fase – sostiene Fabbri – occorre evitare duplicazioni di progetti e dispersioni di risorse con la creazione di una unica Cabina di Regia che monitori tutti i progetti e le iniziative in campo finalizzati alla ripresa economica e sociale delle aree colpite dal sisma. Inoltre sarebbe auspicabile che i futuri bandi e progetti tenessero conto che il tessuto produttivo marchigiano è composto da piccole imprese, abbassando a 100 mila euro la soglia di investimento ammissibile ai finanziamenti»