Ancona-Osimo

Tumore al polmone, immunoterapia e dieta. A Chicago lo studio della Politecnica delle Marche. Berardi: «Con le fibre una maggiore sopravvivenza»

Lo studio presentato al congresso dell'American society of clinical oncology (ASCO) a Chicago, coordinato dalla professoressa, ordinario di Oncologia all'Università Politecnia delle Marche, Rossana Berardi

Rossana Berardi al congresso Asco (Foto: pagina Fb Rossana Berardi)

ANCONA – «Se miglioriamo lo stato nutrizionale nei pazienti con tumore del polmone, all’inizio o durante l’immunoterapia, possiamo aumentare le prospettive di sopravvivenza». A dirlo è la professoressa Rossana Berardi riferendo la scoperta dello studio presentato al congresso dell‘American society of clinical oncology (ASCO) che si è svolto a Chicago e che è stato coordinato proprio dall’ordinario di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche.

«Si tratta di un progetto di ricerca accademica indipendente» fa sapere Berardi, che ha coinvolto «il team del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università Politecnica delle Marche diretto dalla professoressa Laura Burattini e il team della SOD di Nutrizione clinica dell’AOU Marche diretto dalla dottoressa Marina Taus».

Lo studio ha analizzato pazienti affetti da tumore polmonare non a piccole cellule trattati con immunoterapia: i ricercatori hanno valutato lo stato nutrizionale misurando uno score chiamato Conut (Controlling Nutritional Status), valutando lo stato di sarcopenia (perdita di massa e funzionalità muscolare) tramite un questionario denominato SARC-F e la composizione corporea.

Dalla ricerca, condotta in 69 pazienti, è emerso che «uno stato nutrizionale migliore valutato con lo score Conut – spiega Berardi – è correlato con una più lunga sopravvivenza globale, 17.5 mesi contro 4.8 mesi, nei pazienti trattati con immunoterapia».

Inoltre lo studio ha dimostrato l’importanza delle fibre nella nutrizione di questi pazienti, tanto che chi assumeva più di 20 grammi di fibre al giorno presentava una migliore sopravvivenza (4 mesi in più rispetto a chi non ne assume), mentre i pazienti con un rischio più basso di sarcopenia presentavano una migliore sopravvivenza (quasi 11 mesi in più).

«Tenendo conto che l’aspetto nutrizionistico può essere modulato – spiega – appare indispensabile offrire ai pazienti una prospettiva di gestione multidisciplinare anche con i nutrizionisti, in modo tale da mettere i pazienti nelle migliori condizioni di ricevere una terapia che può essere realmente più efficacie. Questo studio sta proseguendo con la collaborazione del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, dove un team esperto in Intelligenza Artificiale sta elaborando tutti i dati».

Berardi spiega che grazie appunto all’impiego dell’Intelligenza Artificiale, sono stati «valutati i parametri clinici, biologici, radiologici che possono identificare dei gruppi di pazienti che hanno una migliore aspettativa di risposta all’immunoterapia». Questi dati saranno presentati «in congressi di settore», conclude.