Secondo i numeri forniti dal Ministero della Salute, in Italia, sono stati stimati nel 2020 circa 2.400 nuovi casi di tumore alla cervice uterina, pari all’1,3% di tutti i tumori incidenti nelle donne. La probabilità di guarire dopo una diagnosi di tumore del collo dell’utero, sempre in Italia è pari a circa il 64%. E sempre nel Belpaese sono circa 51.000 le persone con pregressa diagnosi di tumore della cervice uterina. Uno strumento di prevenzione e di lettura dello stato di salute del collo dell’utero e della vagina è la colposcopia. «Si tratta di un esame diagnostico di secondo livello che ha la finalità di effettuare una diagnosi precoce del tumore della cervice uterina. Viene eseguito da noi in regime ambulatoriale e ci permette la visione ingrandita tramite uno strumento chiamato colposcopio, della vulva, vagina e cervice uterina», spiega il dottore Stefano Esposito e direttore sanitario del Poliambulatorio Cpv di Loreto, struttura sanitaria di riferimento sul territorio, dove è possibile eseguire visite specialistiche in diversi settori e indagini radiologiche. L’esame è indicato in caso di esito positivo dell’infezione di Hpv (Papilloma virus), oppure quando il Pap test risulta anormale e, infine, nel caso in cui ci sia un riscontro, in visita ginecologica, di un’alterazione della cervice.
Direttore Esposito, come funziona questo esame?
«L’esame è indolore, non è invasivo, e non richiede anestesia. Inoltre, può essere eseguito anche in gravidanza e ha una durata di circa 10 minuti».
Prima di sottoporsi al test quali gli step nel dettaglio?
«La colposcopia prevede, dopo aver applicato lo speculum, una prima osservazione diretta del collo dell’utero. L’esame prosegue con l’applicazione, a livello cervicale di due sostanze, l’acido acetico al 3% e la soluzione iodio-iodurata di Lugol ( test di Schiller), che permettono di evidenziare eventuali lesioni. Qualora ci fosse un’area sospetta, è possibile eseguire una biopsia cervicale mirata, che verrà poi esaminata all’esame istologico. In questo caso, si consiglia l’astinenza dai rapporti, di evitare bagni in vasca e l’uso di tamponi vaginali, per circa una settimana. Questo per ottenere una corretta guarigione della cervice uterina».
Qualora il prelievo debba essere eseguito all’interno del canale endocervicale, verrà invece effettuato un “curettage endocervicale”, che richiede alcuni secondi e può determinare la comparsa di leggeri crampi addominali durante la sua esecuzione. Tale procedura non può essere eseguita in gravidanza.
Quali, invece, le condizioni che possono ostacolare il test?
«Di sicuro la presenza di un’infiammazione…e poi il sanguinamento, l’atrofia e un tessuto cicatriziale. È consigliabile non utilizzare tamponi, lavande, ovuli e creme vaginali e astenersi dai rapporti nelle 48 ore precedenti all’esecuzione di tale procedura».
L’esame deve essere condotto in assenza di perdite ematiche: la fase migliore è, dunque, nei primi 12 giorni del ciclo mestruale.
Ci possono essere delle complicanze una volta eseguito l’esame?
«Le complicanze legate alla procedura sono molto rare. In alcuni casi, comunque sia, si può manifestare un sanguinamento vaginale importante, febbre, dolore addominale oppure secrezioni vaginali abbondanti e maleodoranti. Possono essere notate, inoltre, delle piccole perdite ematiche nei giorni successivi alla procedura».