JESI – Sta per cambiare radicalmente il panorama della due banche della città di Jesi. Il 20 di febbraio Ubi Banca Popolare di Ancona cesserà di essere una banca di rete ed entrerà nel nuovo modello di Banca Unica, mentre Nuova Banca Marche sarà acquisita dalla stessa Ubi; già a buon punto le “pratiche” del pre-closing, con la realizzazione delle pre-condizioni della cessione che potrebbe concludersi entro tre mesi, secondo quanto annunciato dal ceo di Ubi Banca Victor Massiah, ieri, a margine della presentazione dei risultati di bilancio 2016 del Gruppo bergamasco.
Il primo dato ad emergere è che UBI Banca vuole intervenire il prima possibile sulla gestione delle tre Good Banks (Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Carichieti). «La stima che abbiamo, e che abbiamo comunicato al mercato, è di circa tre mesi – ha detto Massiah – Quindi io sono abbastanza ottimista sul fatto di arrivare alla primavera con un lavoro già molto avanzato. È evidente che noi a nostra volta abbiamo fretta perché le tre banche stesse ci chiedono di intervenire sulla gestione il più velocemente possibile. C’è una gran voglia, che queste banche comunicano, di riscatto; c’è voglia di far vedere le loro capacità, di tornare sul mercato in maniera “normale”. Una voglia che noi non possiamo che condividere e in qualche modo accompagnare. Quindi credo che sia dal lato del Fondo di Risoluzione che dal lato nostro ci sia un enorme sforzo in corso per rendere più corto possibile questo periodo».
«Abbiamo firmato il contratto nella prima decade di gennaio e sono previste delle precondizioni per la finalizzazione definitiva del contratto», ha ricordato Victor Massiah a proposito dell’accordo con Banca d’Italia sulla cessione ad Ubi, al prezzo simbolico di 1 euro, di tre delle quattro banche finite in risoluzione nel novembre del 2015. «Queste precondizioni – ha aggiunto – riguardano innanzitutto la cessione dei crediti non performanti che abbiamo individuato come cedibili: sappiamo che Atlante ha già preso una delibera in tal senso, si tratta di “mettere a terra” questa componente». Il riferimento è al Fondo Atlante II, che a fine gennaio ha raggiunto un accordo di massima per l’acquisto di 2,2 miliardi di crediti deteriorati (i cosiddetti non performing loan) delle tre banche, ad un valore del 32-33% rispetto al nominale.
Sul secondo step, è sempre il ceo Massiah a spiegare che «si tratta poi di finalizzare alcuni dettagli che sono previsti sempre nel contratto, inclusa evidentemente la ricapitalizzazione delle banche stesse da parte del Fondo di Risoluzione». Ricapitalizzazione stimata in 450 milioni di Euro, a carico appunto del venditore (il Fondo Nazionale di Risoluzione), mentre per sostenere i costi dell’operazione lo stesso gruppo bergamasco farà un aumento di capitale da 400 milioni.
Quali saranno gli impatti del processo di incorporazione di Nuova Banca Marche in Ubi ancora sono da vedere. I sindacati temono un taglio del 30% della forza lavoro (attualmente sono 2700 i dipendenti), ma nei giorni scorsi l’amministratore delegato di NBM, Luciano Goffi, ha chiarito che «la riduzione stimata degli oneri operativi del 30% (quindi dei costi) entro il 2020 non comprende solo la razionalizzazione della forza lavoro. Non conosco il piano industriale Ubi, ma posso comunque dire che con gli strumenti di prepensionamento e di solidarietà NBM può accedere ad un bacino ampio di fuoriuscite tra le 300 e le 400 unità».
Nel frattempo, Ubi Banca ha annunciato l’anticipazione del progetto di integrazione delle banche della rete in Banca Unica con l’incorporazione di Popolare di Bergamo, Banco di Brescia, Banca di Valle Camonica, Popolare di Ancona e Banca Carime per il 20 febbraio. Il passaggio dal modello federale alla banca unica sancisce la fusione per incorporazione delle sette banche fino ad oggi federate (Banca popolare di Bergamo, Banco di Brescia, Banca regionale europea, Banca popolare commercio e industria, Banca popolare di Ancona, Banca Carime e Banca di Valle Canonica) in Ubi Banca. Il piano industriale di Ubi prevede la chiusura di 280 punti vendita circa, che scenderanno dai 1.529 del 2015 a 1.250 nel 2019, Già decisa la progressiva riduzione degli organici del Gruppo: sempre il piano industriale prevede l’uscita di circa 2.750 dipendenti a fonte dell’ingresso di circa 1.100 risorse; entro la fine di febbraio 2017 è stata annunciato che 500 risorse usciranno dal Gruppo su base volontaria. Non dovrebbero essere sostituite le insegne delle filiali che continueranno a mantenere la scritta “Banca Popolare di Ancona”.