FABRIANO – Un anno di pandemia. Il 10 marzo 2020, l’annuncio del primo tampone positivo al Covid-19 a Fabriano. Ne parliamo con il sindaco Gabriele Santarelli.
Si ricorda le sue sensazioni non appena le è stata comunicata la notizia del primo tampone positivo, quel 10 marzo 2020?
«È una di quelle cose che non si dimenticano e che segna un prima e un dopo ben distinti, anche se in realtà non eravamo ancora affatto consapevoli di quello che sarebbe poi accaduto. È stato un po’ come passare dal guardare cosa accadeva fuori dei nostri confini amministrativi, quasi come se non ci riguardasse del tutto, ad essere catapultati in qualcosa di ignoto, essere tirati dentro a una realtà nuova. Sono seguiti giorni concitati che ci hanno poi portato alla prima chiusura delle scuole che poi è proseguita fino al termine dell’anno scolastico. Ricordo nitidamente che il primo provvedimento di questo tipo venne annunciato poche ore prima l’inizio di un consiglio comunale e dovemmo riunire i responsabili di tutti i servizi per farci trovare pronti con la sospensione del servizio di trasporto e delle mense. Fu un momento di profonda incertezza per noi e per i dirigenti scolastici perché annunci contrastanti si susseguivano ogni minuto e noi dovevamo farci trovare pronti ad ogni evenienza in base alla decisione che sarebbe poi stata presa per il giorno successivo».
Poi il lockdown, con scelte difficili, anche da parte sua, come il vietare l’accesso ai parchi e giardini pubblici, l’eliminazione dei canestri dai campi di basket all’aperto e la strenua battaglia per salvaguardare l’ospedale.
«Abbiamo vissuto in una realtà surreale. Da un giorno all’altro abbiamo interrotto tutto quello che stavamo facendo per concentrarci sulla gestione dell’emergenza. Tutti i giorni mi recavo in ufficio e attraversavo strade deserte incrociando solo ambulanze guidate da persone incappucciate delle quali non si riuscivano e vedere i volti e allora ti chiedevi “chissà chi staranno andando a prendere”. Siamo passati dalle normali attività di programmazione a quelle della riorganizzazione del lavoro degli uffici e alla ricerca di mascherine e gel igienizzante che erano introvabili. C’erano regole da scrivere per lo svolgimento del lavoro in presenza e per quello da casa, dovevamo organizzare i nuovi sistemi di sicurezza sul lavoro e approvare norme per le sedute dei Consigli comunali in videoconferenza. In pochi giorni abbiamo imparato a utilizzare tutte le piattaforme disponibili alla ricerca di quella più funzionale ai nostri scopi. Oggi sembra banale, ma in quei giorni era un problema anche soltanto imparare ad avviare un incontro a distanza. Ero in contatto quotidiano con la Prefettura, l’Asur e i Ministeri. I cittadini chiamavano e scrivevano per riuscire a far rientrare dall’estero i parenti che erano rimasti bloccati per il blocco dei voli. Abbiamo dovuto risolvere anche i problemi di chi non trovava più nelle farmacie i medicinali salva vita che venivano dirottati negli ospedali. Avevamo la preoccupazione per la situazione dei nostri centri che ospitano anziani e disabili perché vedevamo cosa accadeva in altre realtà. Poi bisognava gestire l’organizzazione della raccolta dei rifiuti delle persone in quarantena e attivare il servizio di supporto per far arrivare loro la spesa e le medicine. Inizialmente senza nemmeno avere accesso alla banca dati con i nominativi di chi era in quarantena che ci veniva negata per questione di privacy. Ad ogni decreto del Governo e ordinanza della Regione attivavamo un coordinamento tra le forze dell’ordine per dare una corretta e unitaria interpretazione delle norme e per organizzare i servizi di controllo del territorio. A fine marzo abbiamo sperimentato per la prima volta, e primi nella regione, il sistema drive thru al Palazzetto per l’esecuzione dei tamponi grazie alla stretta e preziosa collaborazione con il locale Servizio Prevenzione. Ogni scelta è stata presa ponderandone gli effetti cercando di mantenere l’equilibrio ed evitando che fossero improvvisate perché dettate dal panico. Avevano il duplice scopo di limitare le possibilità di creare occasioni di contagio e di far capire la gravità della situazione quando vedevo che ci si stava lasciando andare. La preoccupazione di quel momento era legata al fatto che con il passare del tempo le persone potessero, appunto, allentare l’attenzione lasciandosi andare a comportamenti non opportuni. Percepivamo la stanchezza e si avvertivano i primi forti malumori legati anche al fatto che si iniziava a diffondere la consapevolezza che sarebbe stato un percorso ancora lungo. Le scelte fatte in queste ultime settimane si sono basate sull’analisi dei dati e sulle informazioni che richiedevo al Servizio Prevenzione. Ho sempre monitorato e tenuto sotto controllo soprattutto la situazione nelle scuole per capire se le quarantene che scattavano per alcune classi potessero rappresentare un campanello di allarme per una situazione di diffusione all’interno dei plessi che avrebbe richiesto iniziative particolari. Devo dire che nel nostro Ambito abbiamo la fortuna di avere un Servizio Prevenzione molto efficace che ci supporta e con il quale abbiamo stretto una profonda e proficua collaborazione».
L’arrivo, forse anticipato rispetto alle previsioni, della seconda ondata e questa volta i numeri fanno paura: i decessi si moltiplicano, i positivi e le quarantene arrivano a toccare soglie estremamente più alte rispetto all’inizio dell’incubo. Perché si è determinata questa situazione?
«È sempre difficile capire il perché delle diverse ondate che si sono susseguite e non spetta a noi individuarne le cause. Nella prima fase post estate però sappiamo con certezza che i numeri in aumento sono stati determinati dai rientri dai luoghi di villeggiatura. Nella stagione estiva c’è stato quel rilassamento di cui parlavo prima e che ha portato a una diffusa sottovalutazione del rischio. Poi con la stagione autunnale siamo tornati a frequentare di più i luoghi al chiuso e questo potrebbe aver avuto un ruolo importante in quella che è stata indicata come la seconda ondata. È stato messo a dura prova tutto il sistema perché con l’aumento dei numeri delle persone in quarantena da dover assistere si sono dovuti moltiplicare gli sforzi delle associazioni di volontariato che ho chiamato a raccolta in una riunione congiunta e che hanno stretto una efficace collaborazione dividendosi i compiti coordinati dal Gruppo di Protezione civile comunale. Poi abbiamo vissuto il dramma del virus che è entrato nella Casa di Riposo. Sono stati i giorni più difficili perché per la prima volta ci siamo sentiti soli, inascoltati e impotenti. E qui torno alla riflessione sul nostro ospedale che hai introdotto nella precedente domanda. Sono ancora convinto che se non fosse stato smantellato il sistema messo in piedi nella prima fase con l’ingegno e lo sforzo dei nostri operatori sanitari, probabilmente avremmo avuto maggiori possibilità di salvare alcune vite. Questo ci deve servire per migliorare e soprattutto per rivedere l’impostazione generale dell’organizzazione delle strutture residenziali che hanno dimostrato su tutto il territorio nazionale di non essere pronte ed adeguate ad affrontare queste fasi critiche che potrebbero ripresentarsi anche in futuro. Dall’altra parte abbiamo visto quanto sia essenziale avere una organizzazione diversa anche all’interno del nostro ospedale e la sanità regionale non potrà ignorare ancora a lungo questo aspetto sul quale continueremo a insistere».
Personalmente faccio molta fatica a distinguere fra la fine della seconda ondata e l’inizio della terza che sembra coincidere con le varianti del Covid. Comunque sia, la fase che si sta vivendo ora, esattamente a un anno dal 10 marzo 2020, coincide con l’avvio della campagna vaccinale. Una luce in fondo al tunnel?
«La comparsa delle varianti è il vero discrimine tra la seconda e la terza ondata. È come se il virus avesse deciso di scegliere come veicolo di diffusione le fasce più giovani della popolazione non trovando più il modo di farlo attraverso gli anziani. Le persone più avanti con l’età hanno quasi azzerato le occasioni di socialità e ora sono i ragazzi che rischiano di portare all’interno delle proprie case il contagio. Da quello che ci riferiscono sui ragazzi il virus continua a non provocare sintomi particolari, ma il rischio è appunto la trasmissione del contagio ai familiari. Fino a qualche mese fa non avrebbe avuto senso chiudere di nuovo le scuole perché il contagio all’interno delle aule era praticamente assente. Oggi con queste varianti che mostrano una capacità di trasmissione molto più elevato è diventato necessario prendere questo provvedimento. Il problema resta il sistema dei trasporti per il quale non si è trovata una soluzione efficace e il comportamento a volte troppo disinvolto fuori della scuola».
L’inizio della campagna vaccinale segna un punto di svolta fondamentale.
«Spero che ci ricorderemo a lungo la data del 22 febbraio, inizio della vaccinazione a Fabriano, perché significherebbe che avrà rappresentato veramente un punto di svolta. Le varianti non fanno dormire sonni tranquilli perché ascoltiamo in continuazione “esperti” che pongono dei dubbi sulla risposta del vaccino a queste nuove forme. Però questo è un momento che aspettiamo da un anno e dobbiamo affrontarlo con fiducia, per questo ci siamo messi pienamente a disposizione per fare la nostra parte in modo che tutto funzioni nel miglior modo possibile».
Teme i risvolti della pandemia dal punto di vista sociale ed economico? Che impatto ha avuto il Coronavirus nei conti comunali?
«Le conseguenze sul tessuto economico e sociale sono già evidenti purtroppo. Il numero delle famiglie che si rivolgono ai servizi sociali e alle associazioni che forniscono aiuto, quali la Caritas, è aumentato sensibilmente. Assistiamo a delle dinamiche particolari dove a fronte di attività che faranno fatica a ripartire ce ne sono altre che con la pandemia hanno visto invece aumentare il fatturato. Le persone costrette a rimanere a casa sembra che abbiano deciso di acquistare forni, piani cottura e altri elettrodomestici con risvolti positivi inaspettati per le aziende del settore presenti nel nostro territorio. Probabilmente anche questi effetti positivi non dureranno a lungo, ma hanno consentito di evitare il tracollo in un territorio che presentava problematiche già prima della pandemia e ci fanno capire che dobbiamo essere pronti ad adattarci, a provare a prevedere le nuove dinamiche provando magari ad anticipare i tempi e a cogliere le opportunità di rilancio che ci verranno offerte da questa nuova situazione. È quello che stiamo facendo anche noi sia in ambito comunale che di area vasta con le politiche attivate ad esempio dal Parco della Gola della Rossa e di Frasassi e dal Distretto Umbro-Marchigiano. Fortunatamente dal Governo sono arrivati ristori e aiuti importanti per le amministrazioni comunali. Nella prima fase c’era stato un forte timore per la previsione di quelli che sarebbero stati i mancati incassi, ma grazie a questi aiuti dello Stato, grazie agli interventi mirati e lavorando con molta attenzione sul bilancio, abbiamo trovato anche la capacità di attivare degli aiuti importanti come quello della riduzione fino al 60% della Tari per le attività».