Pesaro

L’Università di Urbino scopre molecole efficaci contro il covid e le varianti

Lo studio del Dipartimento di Scienze Biomolecolari dell’Ateneo può portare allo sviluppo di antivirali

Il palazzo ducale di Urbino (foto Adobe Stock)

URBINO – L’Università di Urbino scopre nuove molecole contro il covid e le sue varianti.

Dalla sua comparsa nel 2019, il coronavirus SARS-CoV-2, responsabile della malattia respiratoria nota come Covid-19, si è rapidamente diffuso fino a registrare circa 600 milioni di casi e 7 milioni di decessi creando enormi difficoltà alla maggior parte dei sistemi sanitari nazionali con conseguenti oneri sociali ed economici. Per far fronte a questa emergenza mondiale, con una straordinaria velocità sono stati sviluppati diversi vaccini e messe in atto campagne di vaccinazione.

Tuttavia Covid-19 desta ancora preoccupazioni soprattutto per la comparsa di varianti e per la mancanza di specifici trattamenti antivirali efficaci.

Ma nuovi e importanti risultati sono stati ottenuti presso il Dipartimento di Scienze Biomolecolari dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo nella ricerca sulla sintesi e sviluppo di nuove molecole in grado di inibire i virus respiratori, tra cui SARS-CoV-2. Lo studio è il frutto della collaborazione con diverse istituzioni nazionali, quali la Sapienza Università di Roma, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed il Policlinico Militare di Roma Celio, quest’ultimo dotato di diversi laboratori di biosicurezza, tra cui quello di livello 3, che hanno permesso di effettuare gli esperimenti con SARS-CoV-2.

I risultati del lavoro, coordinato dalla Dott.ssa Alessandra Fraternale del gruppo di ricerca del Prof. Mauro Magnani di Uniurb e dalla Prof. ssa Lucia Nencioni (Sapienza), sono stati recentemente pubblicati online sulla rivista internazionale The Faseb Journal , il giornale della Federazione delle Società Americane per la Biologia Sperimentale.

Lo studio ha riguardato la sperimentazione di molecole tioliche, strutturalmente simili al glutatione o in grado di fornire precursori per la sua sintesi, capaci di contrastare lo stress ossidativo e di modulare le risposte cellulari antiossidanti. Tali molecole sono in grado di inibire la replicazione di SARS-CoV-2 agendo su due bersagli, uno virale e uno cellulare. Il primo è rappresentato dalla principale proteina dell’involucro virale, ossia la proteina Spike. Questa proteina decora la superficie del virus formando delle protuberanze caratteristiche (facendolo sembrare una corona – da cui il nome “Coronavirus”) e ha un ruolo fondamentale nel riconoscimento e nell’interazione con il recettore ACE2 sulla cellula da infettare. In particolare, l’integrità della regione essenziale per il contatto con le cellule (chiamata RBD, dall’inglese receptor-binding domain, “dominio che lega il recettore”) è importante per il riconoscimento e la successiva entrata nella cellula.

Nella pubblicazione è stato dimostrato che le molecole tioliche, rompendo dei legami importanti nella struttura della regione RBD, impediscono l’interazione tra la proteina Spike ed il recettore ACE2, inibendo di conseguenza l’entrata del virus nelle cellule di circa il 90%. Il secondo bersaglio su cui tali molecole agiscono appartiene alla cellula stessa. Essendo i virus dei parassiti obbligati, possono replicarsi esclusivamente all’interno delle cellule sfruttando i loro apparati al fine di produrre nuove particelle virali mature in grado di infettare altre cellule. Tra le funzioni cellulari sfruttate dai virus, compreso SARS-CoV-2, di vitale importanza è la capacità di sintetizzare nuove proteine le quali verranno utilizzate per fare nuovi virus.

Lo studio dell’Università di Urbino

Le molecole tioliche studiate, capaci di penetrare nella cellula infettata, si sono rivelate efficaci nel bloccare la normale maturazione delle proteine di SARS-CoV-2 e la produzione di nuove particelle virali per circa il 98%. Grazie al loro doppio meccanismo d’azione (figura in calce), tali molecole potrebbero essere proposte per lo sviluppo di nuovi antivirali ad ampio spettro che permetterebbero di superare i problemi, legati all’insorgenza di resistenza e di varianti, che compaiono comunemente durante l’impiego di antivirali classici che spesso agiscono su singoli bersagli virali. Questo studio, di carattere fortemente multidisciplinare, ha coinvolto numerosi ricercatori con competenze in diverse discipline quali la biochimica e la biologia cellulare, la virologia e la microbiologia, la chimica organica e la chimica fisica le quali saranno tutte di fondamentale importanza per il proseguimento degli studi che gli stessi ricercatori auspicano di poter condurre in un modello animale di infezione di SARS-CoV-2 prima di proporre le molecole in studi clinici. Per un approfondimento sull’argomento e sulle ricercatrici/ricercatori che hanno preso parte allo studio è possibile consultare il link all’articolo:

https://faseb.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1096/fj.202201157RR