ANCONA – «La terza dose? Dobbiamo prima risolvere il problema della seconda». Il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, interviene sulla vaccinazione eterologa, ovvero la seconda dose con un vaccino anti-covid diverso dal primo.
Dopo lo stop alle somministrazioni di AstraZeneca negli under 60 disposto dal ministero della Salute, in seguito al parere del Comitato Tecnico Scientifico che ha rivalutato le indicazioni dopo la morte della giovane donna ligure, gli esperti sono divisi: chi si dice favorevole alla seconda dose con un vaccino diverso (Pfizer o Moderna) per quelle persone sotto i 60 anni di età che hanno già avuto la prima inoculazione con AstraZeneca, e chi, invece, ritiene opportuno procedere con ulteriori approfondimenti perché al momento non ci sono sufficienti dati scientifici.
«Innanzitutto – spiega il virologo – occorre capire se si tratta di una indicazione assoluta o di un suggerimento passare a Pfizer», ricorrendo ad un mix di vaccini per immunizzare gli under 60 che hanno già avuto una prima dose del siero anglo-svedese.
Il professor Clementi fa notare che all’atto della vaccinazione alle persone viene fatto siglare un consenso informato, documentazione che essendo valida per la prima somministrazione, «in linea teorica dovrebbe essere valida anche per la seconda. A questo punto dovrebbero sottoscriverne un’altra in cui accettano il mix di vaccini. Ma se una persona non accetta, poi gli viene fatto lo stesso AstraZeneca?».
Una questione piuttosto complessa e al momento «ancora non risolta, perché le indicazioni del Ministero e quelle dell’Aifa sembrerebbero non concordanti». Clementi solleva perplessità sugli studi finora eseguiti sul mix di vaccini, «non completi», perplessità sollevate nei giorni scorsi anche da altri studiosi e dalla Fondazione Gimbe per voce del presidente Nino Cartabellotta.
Una soluzione, quella della vaccinazione eterologa, che secondo il virologo è stata operata «sulla base di dati molto preliminari non ancora ufficializzati dagli enti regolatori Ema (Agenzia europea per i medicinali, ndr) e Fda (Food and Drug Administration, ndr) e sulla base di una scelta che sembra essere più emotiva, avvenuta in seguito alla morte della sfortunata ragazza. Una scelta non razionale».
Il professor Clementi sottolinea che «la vaccinazione dei giovani è importantissima, non tanto per difendere la loro salute, perché tutti sappiamo che si ammalano poco, se si ammalano, ma per difendere tutta la popolazione dalla diffusione dell’infezione e delle varianti che possono svilupparsi, dal momento che i giovani, con il rientro a scuola, possono agire da amplificatori dell’epidemia».
Il virologo ricorda i numerosi cambi di indicazione del vaccino anglo-svedese, e sostiene che avrebbe dovuto essere lasciato per gli over 60, mentre «i giovani fin dall’inizio avrebbero dovuto essere vaccinati con Moderna e Pfizer».
Insomma, secondo Clementi «mancano dati sufficientemente» un elemento che si è aggiunto «ad un errore iniziale, quello di utilizzare AstraZeneca sotto i 60 anni». «Credo che sulla vaccinazione eterologa occorra lasciare alle persone la libertà di scegliere con quale vaccino fare la seconda dose» spiega.
Il virologo ricorda la scelta operata dall’Inghilterra di vaccinare la popolazione in maniera massiccia con la prima dose, una scelta che se da un lato sul primo momento ha avuto il pregio di bloccare la pandemia, ora però sta mostrando i suoi limiti: «Ora i nodi vengono al pettine – spiega -; la variante Delta, più diffusiva, ha mostrato che una sola dose non basta».
Dobbiamo essere preoccupati per la variante Delta? «Non dobbiamo essere preoccupati, specie se ci vaccineremo tutti. La vaccinazione completa con due dosi è protettiva, sia che venga fatta con Pfizer, Moderna, AstraZeneca o Johnson & Johnson. Sono pochissimi i casi di persone vaccinate con due dosi che si sono infettate».
Il virologo sottolinea che la campagna vaccinale sta andando bene anche tra i giovani: «Dobbiamo continuare ad immunizzare la popolazione, in modo che a settembre potremo arrivare con una buona parte della popolazione immunizzata e solo dopo potremo pensare alla terza dose».
Secondo Clementi la variante Delta «sta prendendo il posto delle varianti predominanti e non escludo che questo non potrà avvenire anche nel nostro Paese».