ANCONA – «Stiamo per ottenere grandi risultati nell’azione di contrasto della pandemia di covid-19, ma se vogliamo uscirne con il minor numero di danni possibili, sarà necessario accettare alcune limitazioni temporanee». Il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, non ha dubbi, tra nuovi farmaci e vaccini «abbiamo buone prospettive». «Dalla pandemia si può uscire solo con la scienza» spiega, sottolineando il grande sforzo compiuto da medici e ricercatori che in soli 6 mesi sono riusciti ad arrivare alla fase 3 del vaccino contro il Covid.
Si tratta del vaccino della Pfizer-BioNTech che dovrebbe arrivare in Italia entro due mesi al massimo. Al nostro Paese spetteranno 27 milioni di dosi, un quantitativo sufficiente a vaccinare circa 13,5 milioni di italiani visto che serve una doppia inoculazione: i primi a poterne beneficiare saranno le fasce più fragili della popolazione, operatori sanitari e forze dell’ordine.
«È una bellissima notizia – spiega il virologo -, si tratta del primo vaccino che arriva alla fase tre, e che sta mostrando risultati straordinari, in oltre il 90% dei pazienti, senza dare effetti collaterali». Unico neo, se così si può chiamare, il fatto che vada mantenuto a una temperatura inferiore agli 80 gradi, per cui dovrà essere organizzata una catena del freddo, ma a parte questo, gli aspetti positivi sono innumerevoli, oltre all’efficacia mostrata, «si produce a bassissimo costo e si possono preparare molte dosi in tempi rapidi».
Il nuovo vaccino, spiega Massimo Clementi «è ad Rna, si tratta di un acido nucleico, che appena iniettato produce la proteina virale nell’organismo, stimolando le difese immunitarie. Con due sole iniezioni, è in grado di sviluppare una immunità che dovrebbe durare almeno un anno». Per frenare la pandemia è necessario però «somministrarlo al 50-60% della popolazione», una fetta che può essere raggiunta entro i prossimi «4-5 mesi».
Anche sul fronte dei farmaci il quadro è «promettente»: accanto agli anticorpi monoclonali che «riducono mortalità e ospedalizzazione dell’80%» sottolinea il virologo, ci sono anche altri farmaci come il Remdesivir e nuovi antivirali che intervengono nella replicazione del virus.
Prima della primavera, periodo che il virologo del San Raffaele stima come orizzonte temporale previsto per raggiungere la soglia di vaccinazione necessaria nella popolazione (50-60%), bisognerà cercare di frenare la curva epidemiologica. Per questo «un periodo transitorio di chiusure», ad eccezione di imprese e scuole, «seguito da una graduale e progressiva riapertura, potrebbe essere utile». Il professor Clementi parla di «due settimane, per arrivare a ridurre le infezioni e il conseguente impatto sugli ospedali».
Ma una iniziativa in tal senso potrà essere più chiara a partire dal 15 novembre, quando si potranno iniziare a valutare l’efficacia delle misure disposte con l’ultimo Dpcm. Secondo Clementi in ogni caso «la situazione nelle Marche non è ancora al livello di guardia, è gestibile se funziona bene la medicina territoriale, così da limitare il più possibile i ricoveri».
Insomma una ulteriore stretta leggera secondo il virologo «è in parte auspicabile: stiamo combattendo una battaglia e dobbiamo vincerla, è necessario bloccare l’avanzamento dell’infezione». Pur non condividendo «i toni allarmistici di alcuni», il professor Clementi sottolinea che «se l’infezione continua a correre in termini di numeri assoluti, continueranno ad aumentare anche le polmoniti e la pressione sugli ospedali».