ANCONA – Cresce anche nelle Marche l’apprensione per la variante inglese che interessa diverse regioni italiane e che rappresenta un 17,8% dei contagi complessivi in Italia (dato Istituto Superiore di Sanità). Nella nostra regione i primi casi sono emersi nelle scuole di Castelfidardo, Tolentino e Pollenza, mentre in questi ultimi giorni si sono registrati anche le prime positività alla variante brasiliana (nell’Anconetano) e sudafricana (nell’Urbinate) che interessa anche regioni confinanti con le Marche.
Un quadro che crea preoccupazioni sia sul fronte del rialzo dei contagi che sta interessando soprattutto l’Anconetano, dove ci sono numerosi comuni colpiti non solo dalla variante VOC B.1.1.7, detta variante Uk o inglese, ma anche dal ceppo virale che era già in circolazione nella nostra regione.
Varianti che spaventano per il timore di nuove infezioni in chi aveva già contratto la malattia, ma anche per la copertura dei vaccini attualmente impiegati. «Nell’Anconetano la variante inglese è ormai predominante – afferma il professor Stefano Menzo, primario della Virologia degli Ospedali Riuniti di Ancona – con una situazione variabile tra Ancona, Jesi e Senigallia dove è un pochino meno diffusa», ma in ogni caso nella provincia di Ancona quella inglese «ha sorpassato le precedenti varianti».
Intanto si diffonde anche nelle altre province, specie nel Maceratese dove il quadro «è simile, anche se un pò più indietro» rispetto a quello dell’Anconetano. Situazione al momento più tranquilla nel Fermano, Ascolano e Urbinate, anche se in questa ultima zona è la variante sudafricana a tenere in apprensione dopo il caso rilevato.
Secondo il virologo, la variante inglese, caratterizzata da maggiore trasmissibilità, soppianterà le varianti precedenti, ovvero quella «spagnola».
«Il sorpasso sta già avvenendo dappertutto – afferma – lo abbiamo già visto in Umbria e in Abruzzo» e «prenderà piede ovunque», perché «è effettivamente più contagiosa, e quindi dovremo farci i conti».
Secondo il virologo «è tardi per pensare alle chiusure» per arginarne la diffusione, in questo momento ad essere decisive «non sono tanto le chiusure, quanto la massima prudenza che va comunque sempre raccomandata». Per il professor Menzo, le chiusure a questo punto «non cambierebbero più» la situazione, «viceversa diventa problematico pensare a nuove aperture».
La strada maestra resta però quella della vaccinazione: «Le Marche dal punto di vista dei contagi sono più o meno stazionarie, ma se non ci fossero state queste varianti probabilmente saremo ancora in discesa» spiega, precisando che queste mutazioni potrebbero far rischiare alle Marche «un aumento» dei contagi «nei prossimi giorni».
Intanto sono in molti a chiedersi se la variante inglese possa infettare chi ha già contratto il virus e se i vaccini garantiscono una copertura. «Sicuramente chi ha già avuto l’infezioni non deve preoccuparsi, perché avrà una probabilità pur sempre infima di riprenderlo a breve anche di una variante diversa» afferma il virologo, spiegando che «è stato descritto qualche caso di varianti simili che sono state contratte nuovamente», ma si tratta di «eventi eccezionali, sui grandi numeri qualcuno se ne vede».
Anche se precisa «non ci sono studi scientifici» su questo tema, è possibile che con le varianti «sia un pò più probabile riprendere il virus, ma si tratta sempre di una probabilità molto più remota».
Quanto dura l’immunità nelle persone che hanno già avuto il covid-19? «L’immunità è individuale, per alcuni durerà di più, per altri di meno, ma con analogie di virus simili si tratta mediamente di almeno un anno», anche se poi c’è sempre «la possibilità molto remota» che qualcuno si possa contagiare nuovamente «in meno di qualche mese».
Intanto il professor Menzo ci spiega la differenza delle altre varianti che hanno circolato finora, quella inglese, brasiliana e sudafricana «sono molto diverse dal virus originale, perché hanno almeno 20 posizioni cambiate sul genoma». Se le varianti precedenti, come la Spagnola che aveva soppiantato la precedente mutazione Italo-Tedesca, responsabile della prima ondata, «sono varianti che differiscono per pochi aminoacidi, perché hanno avuto un numero di contagi inferiore per sviluppare queste differenze», ora le nuove varianti hanno avuto la possibilità «fuori dall’Europa» di contagiare milioni di persone e dunque di mutare sensibilmente.
Sulla possibilità di copertura dei vaccini, il virologo spiega che «per la variante inglese» l’efficacia è dimostrata, mentre sudafricana e brasiliana «hanno delle caratteristiche tali che si pensa che i vaccini siano meno efficaci», ma i vaccini ad mRna possono essere aggiornati e «lo stanno già facendo», come spiega, aggiungendo che «questi vaccini si fanno in pochissimo tempo».
Che ne pensa del vaccino russo, lo Sputnik, e delle ventilate intenzioni da parte di alcune Regioni di volersi rifornire in maniera autonoma? «Va bene cercare altri vaccini, ma bisogna che sia tutto concordato a livello nazionale, anche perché le Regioni non hanno i mezzi né culturali, né scientifici, per poter prendere da sole queste decisioni, inoltre non si può pensare di avere regioni di serie a ed altre di serie b. Il vaccino russo è quasi identico a quello di AstraZeneca, quindi va bene spendere per acquistare quel vaccino, ma ritengo che la fornitura andrebbe fatta in maniera europea se possibile, o almeno italiana, non certo regionale».