CERRETO D’ESI – Cerreto d’Esi e Mergo unite nel dire “no” al piano di riorganizzazione 2021-2023 presentato da Elica di Fabriano, multinazionale leader mondiale nel settore delle cappe aspiranti, che prevede la riorganizzazione del footprint industriale dell’area Cooking Italia: 409 esuberi su 560 totali dipendenti del comprensorio, chiusura dello stabilimento a Cerreto D’Esi e delocalizzazione del 70% delle produzioni effettuate oggi nei siti di Fabriano, Cerreto e Mergo.
«Insieme all’amministrazione comunale, sto seguendo con grande preoccupazione la vicenda della delocalizzazione produttiva in Polonia del gruppo Elica, una delle più solide e radicate aziende del nostro territorio», le parole dell’assessore alle Attività produttive del comune di Mergo, Simone Cola. «Non vogliamo entrare nelle motivazioni di questa scelta e comprendiamo le difficoltà del momento, ma riteniamo che il costo sociale ed economico per il territorio sia troppo alto in rapporto ai benefici che ne possano derivare alla proprietà e ai suoi dipendenti, sia amministrativi che dell’area produttiva, compresa Mergo. Il comune di Mergo, solidale con quello di Cerreto d’Esi, è disposto a collaborare per trovare, insieme ai sindacati e a tutti i rappresentati del territorio, una diversa via che garantisca lavoro e futuro al Gruppo Elica», conclude l’assessore Cola.
Dopo le dure parole del sindaco di Cerreto d’Esi David Grillini, a intervenire sulla vertenza Elica è anche il gruppo di opposizione Cerreto d’Esi Bene Comune. «A sentire i lavoratori, la chiusura dello stabilimento di Cerreto e il ridimensionamento di quello di Mergo sarebbero un vero disastro, e non solo per i lavoratori interessati direttamente. Molte fabbriche del comprensorio lavorano per l’Elica, sfamano un territorio devastato da abbandono, disoccupazione e sisma. Prendere la decisione di chiudere adesso, durante una pandemia, e senza avere peraltro nessuna giustificazione per farlo, è da vigliacchi. Proviamo tanta rabbia, non lo nascondiamo, ma le multinazionali son fatte così: guardano all’utile, non sono costretti a pensare al sociale, se vogliono possono lasciare a piedi centinaia di persone che, fra le loro richieste, annoverano solo quelle di andare a lavorare, di arrivare a fine mese, di vivere con dignità, di poter far crescere i propri figli. Noi diciamo “no” e siamo pronti a sostenere i lavoratori», assicurano.