FABRIANO – «In questa lunga vertenza che si trascina da oltre un decennio non vogliamo che il prezzo più alto, dovuto anche a scelte industriali e politiche non all’altezza, lo paghino le lavoratrici ed i lavoratori cioè, come sempre, la parte più debole ed esposta». Questo l’incipit della dura nota a firma del segretario della Fiom Ancona, Pierpaolo Pullini, responsabile del territorio di Fabriano e del Segretario generale Tiziano Beldomenico, sulla scelta «unilaterale» della JP di attivare la procedura concorsuale depositando domanda di concordato in bianco al Tribunale di Ancona, sezione Fallimentare. Un nuovo potenziale terremoto industriale e sociale, in una zona inserite nel cosiddetto cratere sismico. L’analogia proposta dalla Fiom.
«L’aspetto sociale non può essere ritenuto secondario in una vertenza di queste dimensioni all’interno di un territorio già devastato dalla crisi decennale e che fa i conti con livelli di disoccupazione altissimi. La drammaticità della situazione è emersa ieri durante l’assemblea, con la palese disperazione delle lavoratrici e dei lavoratori, che dopo tanti sacrifici si vedono togliere la possibilità di recuperare le mensilità arretrate del 2019 e tutti i crediti precedenti, con l’incubo di rivivere situazioni già conosciute con il fallimento dell’Antonio Merloni che ha portato alla disgregazione sociale di tutto il comprensorio», prosegue la nota sindacale.
Facendo riferimento al fatto che con l’eventuale approvazione della domanda, le sei mensilità arretrate non saranno corrisposte ai lavoratori. Di fatto, la situazione si congela. Lo stesso dicasi per i debiti contratti dalla JP Industries, che fa capo all’imprenditore cerrete Giovanni Porcarelli, con i fornitori per 4milioni, con lo Stato e l’Erario per 25milioni e un debito con le banche non meglio quantificato. Dall’accettazione della domanda, l’azienda che ha acquisito il comparto bianco della ex Antonio Merloni – i due stabilimenti di Fabriano, Santa Maria e Maragone, e quello umbro di Gaifana – con una forza lavoro di circa 620 unità, può lavorare solo se dimostra il pagamento immediato ai lavoratori e ai fornitori. Una situazione estremamente complicata, dunque, visto l’andazzo di questi ultimi anni. Non solo, la salvaguardia del minimo reddito degli operai, garantita in questi ultimi tempi dall’utilizzo della cassa integrazione, è ormai agli sgoccioli, visto che scade a fine anno.
In tutto ciò, la Fiom ne ha anche per la politica governativa. «Il ritardo della convocazione al ministero dello Sviluppo Economico e il mancato monitoraggio hanno contribuito all’aggravarsi della situazione: l’esposizione finanziaria, diventata ormai insostenibile, forse non consentiva altre strade da intraprendere, ma le scelte dell’imprenditore in questi mesi dovevano essere attenzionate e forse si poteva costruire un percorso diverso». In tal senso, l’incontro del 4 luglio prossimo al Mise sarà certamente dirimente. Dove «è indispensabile fin da subito capire cosa succederà dopo la produzione di queste prime commesse mettendo al centro la continuità produttiva; come garantire l’occupazione con gli ammortizzatori sociali in scadenza a fine anno, senza i quali rischierebbe di saltare ogni possibile prospettiva con la perdita di indefiniti posti di lavoro; individuare la possibilità di eventuali partner che potrebbero affiancare Porcarelli, a maggior ragione dopo la presentazione del concordato, la cui ricerca era stata affidata a Invitalia già alla fine del 2018».