«Fai schifo, vattene a casa e non fare pena agli italiani che ti votano perché sei storpia»: si è sentita dire questo, la ragazza con la protesi ad una gamba che ha partecipato all’ultima edizione di “Miss Italia”.
Nello specifico, si trattava di un commento scritto sui social che ha suscitato grande sdegno. Pensiamo che a nessuno verrebbe in mente di rivolgere certe parole a una persona con una disabilità o una menomazione visibile, che si tratti di una triste eccezione. Purtroppo non è così. Tempo fa anche Bebe Vio, la campionessa portatrice di protesi, è stata oggetto di commenti riprovevoli e volgari riferiti alla sua condizione, dopo essere apparsa in una foto con l’ex presidente americano Obama. E ogni giorno persone che hanno una qualche differenza evidente nel proprio aspetto fisico devono convivere con atteggiamenti sgradevoli da parte degli altri.
Chi ha una differenza visibile rispetto agli altri può vivere la propria condizione in modo molto diverso e soggettivo. Le situazioni possono differire molto per gravità e possono accompagnarsi o meno a una disabilità, ovvero una diminuzione della capacità di compiere una qualche attività. Ci sono persone che hanno arti amputati, che indossano delle protesi; persone che hanno malattie della pelle; altre che utilizzano la sedia a rotelle, altre ancora che hanno cicatrici, paresi o altre deformità causate da malattie o incidenti. Li accomuna il fatto di avere un aspetto che differisce dalla “norma” o di dover usare degli ausilii, una differenza che è visibile e non si può nascondere. Una parte di loro lo vive senza disagio e con accettazione e naturalezza, un’altra parte invece prova vergogna e timore del rifiuto degli altri e tende ad isolarsi ed evitare i rapporti sociali.
Purtroppo l’atteggiamento degli altri verso una differenza o disabilità evidente non è sempre incoraggiante. Molti dei tipici comportamenti messi in atto dagli altri in queste circostanze risultano fastidiosi o irritanti per la persona. Molto spesso, chi ha una qualche differenza evidente nel proprio aspetto viene fissato, scrutato da lontano, guardato con insistenza di sottecchi, e invece evitato da vicino: l’interlocutore infatti evita lo sguardo diretto a distanza ravvicinata, pur di non dare l’impressione di guardare la parte “diversa”. Così paradossalmente si è fissati da lontano e non visti da vicino. Molti si sentono anche liberi di porre domande come «Ma cos’hai?», «Che hai fatto alla gamba?», «Ma sei nato così o ci sei diventato?», fino a «Ma riesci a fare sesso lo stesso?» persino a un estraneo, senza aver mai scambiato prima due parole.
Di solito le persone con una differenza visibile non criticano la domanda in sé, anzi la apprezzano se fatta con genuino interesse o voglia di aiutare, ma certamente preferirebbero che prima ci fosse almeno un minimo di conoscenza, che non fosse insomma la prima domanda a bruciapelo.
Può accadere loro di sentirsi addosso sguardi di disgusto o di pietà, o di sentirsi dire frasi come «Oh, poverino, che vita sfortunata», quando invece conducono una vita assolutamente appagante. Molti danno infatti per scontato che avere una certa menomazione comporti per forza infelicità o disagio, o difficoltà nel lavoro o nelle relazioni. In realtà, oltre a non essere così, non c’è neanche una proporzione tra entità del danno e reazione psicologica. Si ritiene comunemente che a un danno maggiore corrisponda un disagio psicologico maggiore, ma tutti gli studi dimostrano che non è così. Può accadere infatti, ad esempio, che una persona con due arti amputati abbia un benessere psicologico maggiore dell’altra che ha una piccola cicatrice che si vede a malapena all’attaccatura dei capelli: molti fattori intervengono a mediare tra il danno e l’adattamento individuale, portando ad esiti imprevedibili.
Anche l’offerta di aiuto da parte degli altri può essere vissuta in modo diverso: alcuni lo accettano con gratitudine, alcuni anzi se lo aspettano e lo pretendono, altri lo rifiutano perché non ne hanno bisogno, altri ancora lo rifiutano perché vogliono mostrare di potercela fare da soli, perché non vogliono suscitare compassione o per non sentirsi incapaci.
Purtroppo gli studi di psicologia sociale dimostrano che le persone tendono a evitare chi ha una differenza visibile nell’aspetto: ad esempio, non gli si siedono vicino sull’autobus, evitano di iniziare un’interazione, e la conversazione è molto più breve che con altri.
Una maggiore consapevolezza dei nostri comportamenti, spesso agiti senza neanche rendercene conto, può renderci più attenti e consapevoli ed evitare di aggiungere altro disagio a chi ha già dovuto adattarsi ad una condizione stressante.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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