Si sentirà solo senza di noi? Mangerà abbastanza? Riuscirà a dormire fuori casa? E se gli succedesse qualcosa mentre è lontano da me? Gli educatori saranno abbastanza attenti? Sarà ancora troppo piccolo?
In questo periodo, nelle sedute con i miei pazienti, e soprattutto con le mie pazienti mamme, parliamo spesso delle vacanze dei figli. Una delle questioni principali riguarda come impiegare il lungo periodo estivo, anche per conciliare le vacanze dalla scuola con gli impegni lavorativi dei genitori. Negli ultimi anni è diventata sempre più frequente la scelta di mandare i figli per alcuni giorni in vacanza da soli, scegliendo tra le numerose proposte di campi estivi, colonie, campi di allenamento, vacanze studio.
Molti genitori manifestano qualche dubbio e timore, ma per alcuni la questione è un vero tormento che suscita ansia, di certo molto più a loro che al figlio! Può accadere anche che dietro la paura che il piccolo si senta a disagio, si celi in realtà una difficoltà dei genitori a separarsi dal figlio.
La prima vacanza che un bambino o ragazzino sperimenta da solo senza i genitori è un’esperienza importante per la crescita della famiglia e può arricchire tutti favorendo autonomia e fiducia. In certi casi il bambino si sposta per un periodo dai nonni o dagli zii; anche se non ci sono i genitori, il contesto è comunque quello della famiglia, con persone conosciute, e quindi in qualche misura ancora protetto.
Nei campi estivi o in altre iniziative analoghe, invece, il bambino si sperimenta con persone sconosciute, di solito in luoghi nuovi, in attività diverse, e a contatto con altri bambini della stessa età. La necessità di adattarsi è certamente maggiore: regolamenti, orari, limitazioni nell’uso del telefono, condivisione degli spazi, regole di comportamento. D’altra parte, il contesto nuovo può far emergere capacità o attitudini finora inespresse: bambini e adolescenti mi raccontano con orgoglio piccole o grandi avventure in cui si sono scoperti coraggiosi, o si sono sentiti sicuri di sé, o apprezzati dai compagni, o ancora sono riusciti a confidare agli altri una loro difficoltà trovando il sollievo della condivisione.
L’opportunità di una vacanza da solo, per quel particolare bambino, dipende da molte variabili, tra cui l’età, il carattere, i suoi desideri e i suoi timori, la concomitanza con particolari situazioni familiari, il modo in cui la famiglia vive i distacchi e le separazioni. Si conviene che dai 6-7 anni i bambini possano andare in vacanza senza i genitori; prima di questa età, sono ancora molto dipendenti dalle figure familiari. Aver già passato delle notti fuori casa per dormire dai nonni o da un amichetto rende meno brusco il passaggio al pernottamento lontano da casa, e permette anzi di associarlo a esperienze piacevoli e divertenti.
«Aveva detto che sarebbe andato al centro estivo, ora non vuole più andarci, ma gli ho detto che gli impegni si rispettano e quindi ci andrà, punto»; «Io voglio che provi questa esperienza anche se mia figlia è paurosa, perché a me da piccola è servita, perciò farò di tutto perché ci vada»; «L’anno scorso ci hanno chiamato e siamo dovuti andare a riprenderlo e portarlo a casa perché non voleva più starci; gli ho detto che ha fatto la figura del piagnone con tutti gli altri bambini». Se da una parte è sano aiutare i bambini a mantenere i propositi ed è buona cosa incoraggiarli, l’esperienza di una vacanza da soli è impegnativa sul piano psicologico e non andrebbe mai forzata. L’ideale sarebbe che fosse il bambino stesso a chiedere di andarci. Può anche accadere che in momenti o circostanze particolari, come l’improvvisa malattia di un nonno o un genitore, bambini e ragazzi non vogliano più allontanarsi da casa per timore di cosa potrebbe succedere in loro assenza, o al contrario non vedano l’ora di stare fuori casa per avere un’oasi di serenità lontano dai problemi.
Spiegare in anticipo come si svolgerà la vacanza, vedere prima il posto, conoscere gli operatori, è una buona prassi che rende l’esperienza meno preoccupante sia per il bambino che per i genitori. È utile immaginare prima anche eventuali difficoltà e preparare le possibili soluzioni, anche se occorre sempre un saggio equilibrio per non alimentare ansie inutili che appartengono più al genitore che al bambino.
Una mamma mi raccontava dell’interrogatorio a cui aveva sottoposto il figlio, incuriosito dall’idea del centro estivo: «Ma poi te la senti di dormire da solo? E poi se ti fai male lì, che fai? Guarda che non ci sono io! E se litighi col tuo amichetto poi con chi stai, ché non conosci nessuno? Guarda che non ti fanno usare sempre il telefono, ce la fai a stare senza?». Insomma, avrebbe demolito anche la più solida delle motivazioni! Lo sguardo fiducioso e sorridente dei genitori alla partenza è invece il migliore incoraggiamento.
Il bambino deve sapere che in caso di necessità o se si trovasse a disagio, non sarà costretto a restare, ma che mamma e papà sono fiduciosi che potrà vivere una bella esperienza e che, certo, ognuno potrà sentire un po’ la mancanza dell’altro, ma poi si ritroveranno con la voglia di rivedersi e con tante cose da raccontarsi.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Consulenza anche via Skype
Tel. 339.5428950