“Biancaneve e i sette nani” ha compiuto pochi giorni fa 85 anni. Era il 21 dicembre 1937 quando veniva proiettato per la prima volta il lungometraggio Disney più celebre nella storia del cinema d’animazione, la versione della fiaba che tutti conosciamo. Quando pensiamo alla storia di Biancaneve e ai personaggi che ne fanno parte, di solito le prime immagini che ci vengono in mente sono proprio quelle del cartone animato Disney. In realtà, la versione Disney presenta differenze sostanziali rispetto alla fiaba originale dei fratelli Grimm da cui è tratta, e la stessa fiaba originale ha subito nel tempo dei cambiamenti nella direzione di una progressiva edulcorazione. La trama iniziale era infatti molto più cruda rispetto a quella attuale che tutti conosciamo e molti la giudicherebbero senza dubbio non adatta ai bambini, a cui oggi principalmente noi destiniamo le fiabe. Anche la visione stereotipata dei ruoli maschili e femminili presente in questa e in altre fiabe è stata messa in discussione, fino alla proposta di abolire il racconto delle fiabe tradizionali a favore di una narrazione più vicina all’attualità e più attenta alle tematiche di genere. Tuttavia, la funzione psicologica da sempre svolta dalle fiabe si basa su tematiche senza tempo, in questo caso sugli intensi conflitti che l’essere umano attraversa nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
La prima versione della fiaba dei fratelli Grimm risale al 1812, mentre la versione più nota che è stata tramandata fino ai noi è del 1857. Le variazioni principali avvenute nel tempo riguardano molteplici punti salienti, tra cui il ruolo della madre/matrigna e la modalità del risveglio di Biancaneve. Il famoso bacio del principe che risveglia dalla morte apparente Biancaneve viene introdotto con il film d’animazione della Disney ma non è presente nella fiaba originale. Nel racconto del 1857, il principe si innamora della fanciulla vedendola nella bara di cristallo e decide di portarla al castello con sé per ammirarne la bellezza, ma durante il trasporto la bara cade, facendo uscire dalla bocca di Biancaneve il pezzo di mela avvelenata e permettendone il risveglio. Nella prima versione della fiaba, il risveglio era ancor meno romantico: i servitori del principe, stanchi di dover trasportare la bara ad ogni spostamento del principe, se la prendevano col cadavere strattonandolo e determinando così l’uscita del pezzo di mela. Ma la modifica più sostanziale riguarda la figura della matrigna: nella prima versione della fiaba, non era una matrigna cattiva a volere la morte di Biancaneve, ma la sua stessa madre. Un tabù troppo forte per la mentalità comune, perciò nel tempo si è “ripiegato” su una matrigna, figura più accettabile come antagonista. Ma il significato simbolico della fiaba acquista una pregnanza ancora maggiore se teniamo conto della trama originale, in cui è la madre a essere invidiosa della figlia e a volerne insistentemente la morte.
Qual è il significato simbolico di Biancaneve? L’interpretazione psicologica – e in particolare psicoanalitica – di questa fiaba è particolarmente ricca e complessa per la presenza di più tematiche centrali nella psicologia e soprattutto nel pensiero psicoanalitico. Bruno Bettelheim è lo psicoanalista che maggiormente si è occupato dell’interpretazione delle fiabe, mettendo in luce il legame di questi racconti con i contenuti che da sempre occupano la nostra mente: le paure, i desideri, la morte, l’abbandono, la crescita, la separazione, l’odio, l’invidia.
Il tema centrale di Biancaneve è il rapporto madre-figlia con le sue ombre: dietro la madre, l’origine della vita, può nascondersi un’ombra psichica mostruosa. La madre non è solo cura e dedizione, e ciò è vero anche per la più sana e amorevole delle madri: a qualunque madre succede a volte di provare aggressività verso i figli. La fiaba rappresenta in modo esasperato qualcosa che appartiene in qualche misura a ogni madre (e padre, aggiungiamo oggi) e ci ricorda che il rapporto madre-figli non è così idilliaco come la morale comune ci costringe a credere. Nel genitore, che sia la madre o il padre, può esistere una tendenza, ad esempio, a “usare” i figli, a eclissarli, a caricarli dei propri sogni falliti (quante volte lo vediamo accadere?): tutti modi con cui, simbolicamente, viene uccisa l’identità propria del figlio.
La fuga di Biancaneve e l’abbandono della casa dei genitori rappresentano una tappa indispensabile per ogni individuo: il distacco dalla famiglia d’origine, doloroso ma necessario per sviluppare la propria identità. Il bosco in cui Biancaneve si addentra rappresenta il mondo interiore, la psiche con tutta la gamma dei pensieri e delle emozioni. La casetta dei sette nani è una sorta di ritiro: rappresenta il luogo in cui Biancaneve, lontana dall’influenza genitoriale, forma la sua identità fino a diventare una donna. Le figure dei nani sono state interpretate secondo diverse chiavi di lettura: nani come forze interiori che lavorano nelle miniere e quindi nei luoghi più profondi della psiche, oppure nani come uomini incompleti e quindi come rappresentazione della psiche ancora da definire, o ancora come figure intermedie tra adulti e bambini, non ancora sessuate, come non lo è Biancaneve in questa fase della sua crescita.
I lavori di casa che Biancaneve deve svolgere per poter essere ospitata dai nani e che tanto fanno infuriare i propugnatori della parità di genere, in realtà sono un simbolo: rappresentano quella fase dello sviluppo del bambino, collocato tra l’infanzia e l’adolescenza, in cui dominano l’apprendimento, l’industriosità, il mettersi alla prova, il cooperare. Corrisponde simbolicamente all’entrata del bambino alla scuola primaria, dove è chiamato in qualche misura a controllarsi e a “fare”.
La morte apparente di Biancaneve viene letta come morte della bambina che è in lei e avviene a causa del morso di una mela, simbolo del distacco e della decisione di “assaggiare l’illecito”, contravvenendo a tutte le raccomandazioni ripetutamente datele dai sette nani, seguendo quei nuovi bisogni che subentrano a turbare la tranquillità precedente, così come accade con l’arrivo dell’adolescenza e degli impulsi sessuali. La morte però è solo apparente e rappresenta un periodo di trasformazione. Il principe che permette il risveglio di Biancaneve e che è oggetto di tante polemiche attuali sugli stereotipi di genere, a livello simbolico in realtà è interpretato come una dimensione di sé: il principe che salva non è un altro fisico, ma è quella parte di sé che si attiva, che è matura, che si assume le responsabilità delle scelte e della propria vita, la parte che ci permette di imparare a volerci bene anche se non abbiamo ricevuto amore dai genitori, che ci permette insomma di rinascere e di vivere un’affettività matura, libera dai condizionamenti della famiglia di origine.
Il significato della storia di Biancaneve è perciò universale, al di là dei cambiamenti di superficie nella trama che sono stati introdotti nel tempo e potranno ancora introdursi: mette in scena le difficoltà contro cui tutti lottiamo per diventare adulti autonomi e separarci dall’infanzia e dà corpo a fantasie inconsce che sono già presenti nella psiche dei bambini, permettendo di padroneggiarle e di vedere che alla fine gli ostacoli vengono superati.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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Studi a Piane di Camerata Picena (AN) e
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