Tutti abbiamo bisogno, in qualche momento, dell’approvazione degli altri. Essere riconosciuti, apprezzati, approvati dagli altri ci fa sentire di appartenere a un gruppo, di essere al sicuro e protetti e risponde al bisogno primordiale di vedere garantita la nostra sopravvivenza.
Ci fa piacere essere lodati e stimati, vedere che le nostre qualità e i nostri comportamenti sono giudicati positivamente dagli altri. Talvolta, però, la ricerca dell’approvazione da parte degli altri si fa troppo intensa e disfunzionale, fino a diventare una dipendenza che ci limita in modo significativo, al punto da rinunciare ad esprimere noi stessi.
Nel tentativo di essere sempre apprezzati, infatti, andiamo incontro a diverse conseguenze negative:
– ci adattiamo acriticamente a ciò che gli altri vogliono da noi (o a ciò che pensiamo vogliano da noi);
– non facciamo ciò che potrebbe farci perdere l’approvazione degli altri, anche se corrisponde a un nostro bisogno;
– pensiamo di dover essere sempre perfetti ed evitiamo situazioni e occasioni preziose solo per paura di non dare un’immagine ottimale di noi o di suscitare le critiche altrui;
– perdiamo il contatto con noi stessi, non sappiamo più distinguere cosa desideriamo, cosa ci piace, cosa ci fa stare bene indipendentemente dall’opinione altrui;
– roviniamo i rapporti con gli altri perché non ci esprimiamo in modo spontaneo e autentico, oppure, nel tentativo di essere apprezzati, ci vantiamo esageratamente o ci mettiamo eccessivamente in mostra. Inoltre, viviamo non per ciò che essi sono, ma come potenziale fonte di gratificazione, e quindi, in un certo senso, li usiamo.
Agire in base al bisogno di avere l’approvazione altrui, che si tratti di una persona sola o di tutti coloro che incrociamo, ci espone a sofferenza perché mette il nostro benessere nelle mani di altri, lo fa dipendere da variabili esterne che non sono sotto il nostro controllo.
I motivi per cui un altro ci approva o meno possono infatti essere molteplici e difficilmente prevedibili. Innanzitutto, noi potremmo arbitrariamente attribuire un’autorevolezza a chi in realtà non ce l’ha, dare quindi importanza al giudizio di qualcuno che in realtà non è nelle condizioni di darlo in modo obiettivo. Gli altri potrebbero non apprezzarci perché non sono in grado di percepire le nostre qualità (ad esempio perché poco sensibili o poco intelligenti o invidiosi) o, anche percependole, non hanno intenzione di manifestarcelo, oppure perché le nostre qualità sono poco visibili e riconoscibili in quanto noi ci esponiamo troppo poco o, ancora, l’approvazione è espressa in un modo poco chiaro e noi non la percepiamo come tale.
Le persone hanno opinioni, valori, gusti molto soggettivi e sarà impossibile avere l’approvazione e l’apprezzamento di tutti quelli che incontriamo. Inoltre, gli altri non ci conoscono come noi conosciamo noi stessi. Infine, teniamo conto che la maggior parte delle persone è più interessata ad avere riconoscimenti, che a darne agli altri.
Per tutti questi motivi, diventa quindi molto rischioso basare il nostro benessere, la nostra autostima, la nostra felicità sull’approvazione degli altri.
L’origine di questo bisogno di approvazione è nelle relazioni significative della nostra infanzia. Dai nostri genitori e da altre figure importanti ci arrivano infatti messaggi sul nostro valore, percepiamo se siamo accettati o no, se siamo accettati a prescindere oppure solo se rispondiamo a certi criteri (come essere bravi a scuola o ubbidienti).
Il bisogno di essere sempre approvati può derivare anche da una famiglia in cui siamo stati abituati a lodi continue o invece da una famiglia molto preoccupata per le apparenze o ancora da una situazione di deprivazione emotiva o di esclusione sociale. Poi ci portiamo dietro questa “voce” interiore che ritorna anche nei rapporti che stabiliamo da adulti.
Per accorgerci se stiamo dipendendo troppo dal riconoscimento degli altri, possiamo notare quanto spesso pensiamo «Cosa penseranno gli altri se faccio questo?», e porci domande come «Se fossi solo, se non ci fosse nessuno a giudicarmi, come mi comporterei? Cosa sceglierei? Che cosa farei?», «Sto facendo questa cosa perché è importante per me o per piacere agli altri?».
Proviamo ad autovalutarci nel modo più realistico possibile, così come di solito facciamo quando giudichiamo gli altri. Infatti, accade che per valutare noi stessi applichiamo criteri molto severi e rigidi, mentre se immaginiamo la stessa situazione applicata ad altri, diventiamo più obiettivi. Impariamo ad autocongratularci con noi stessi per ciò che ci piace di noi, a darci da soli quella pacca sulla spalla, anche se le persone da cui avremmo voluto, o vorremmo, un riconoscimento, non sono state in grado di farlo con noi.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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