Benessere

Capodanno e la felicità “social”: realtà o finzione?

Al consueto imperativo sociale di divertirsi a Capodanno, si aggiunge oggi un ulteriore "dovere" : mostrare la nostra felicità anche sui social network. Ma dobbiamo tenere conto che in questo contesto vale più che mai il detto “l’apparenza inganna”

“Barbie Capodanno: è stata chiusa in casa tutto l’anno ma adesso scalpita per avere un programma il 31 notte, attanagliata dal timore di non adempiere a questo dovere sociale e di essere giudicata negativamente, si costringerà così ad andare a una festa in una villa sperduta piena di estranei e di alcol scadente sognando ogni singolo minuto di trovarsi nel proprio letto, ma non prima di aver pubblicato una serie di instagram stories che certificheranno il suo essersi divertita tantissimo in un posto extra cool”. È uno dei meme che circolano in questi giorni sui social e che ironizzano sul Capodanno e sull’obbligo di divertirsi a tutti i costi, in questo caso mettendo il dito nella piaga ulteriore, ovvero dover mostrare anche sui social quanto ci si stia divertendo. A ben vedere, il Capodanno con la sua forzosa allegria esibita funge da prototipo di una tendenza più generale, sempre più evidente negli ultimi anni.

I social network possono assolvere a diverse funzioni: possono essere un mezzo per mantenere i contatti con gli altri, per evitare la solitudine, per esibirsi come su un palcoscenico. Nel caso che ci si voglia mettere in mostra, non si tratta necessariamente di narcisismo, nel senso negativo in cui viene spesso inteso: abbiamo un bisogno umano di essere approvati, di piacere agli altri, di essere accettati nel nostro gruppo. Valeva per la piccola comunità in cui vivevamo da primitivi, vale per il gruppo dilatato potenzialmente all’infinito che Internet rende oggi possibile. Abbiamo bisogno di essere apprezzati perché significa che siamo parte di quel gruppo e ciò risponde a un bisogno di appartenenza, sicurezza e protezione, soprattutto in presenza di elementi che producono incertezza, come la solitudine e la frammentazione dei legami sociali tipici della nostra epoca. La differenza con il passato è che ora il riscontro è più immediato e quantificabile in termini di like e reazioni.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Condividere qualcosa sui social può produrre piccole scariche di felicità, corrispondenti a liberazione di dopamina nel cervello. Quando riceviamo un like, il cervello rilascia infatti questo neurotrasmettitore legato al piacere e alla ricompensa, che ci dà una sensazione di benessere. Riceviamo perciò un rinforzo positivo che ci spinge a ripetere il comportamento e a produrre nuovi contenuti, soprattutto quei contenuti che vediamo funzionare nel riscuotere apprezzamento, restringendo la gamma di ciò che condividiamo e modellando in questo modo l’immagine di noi che mettiamo in mostra, selezionando alcuni aspetti e lasciandone nascosti altri, o addirittura fingendo aspetti che non ci appartengono, pur di ricevere quelle scariche di gratificazione che a loro volta potrebbero essere proprio un piccolo anestetico a portata di click per sfuggire a una sottostante tristezza o insoddisfazione.

La società attuale preme perché si sia sempre felici e anche i contenuti sui social si adeguano al diktat culturale, mostrando spesso solo la parte felice, allegra, performante e contribuendo ad alimentare il circolo vizioso: si deve essere felici-gli altri sembrano tutti felici-anche io devo fare vedere che sono felice, anche se non lo sono. Una sorta di recita collettiva in cui però ciascuno sottovaluta la probabilità che anche l’altro stia recitando o fingendo e non dubita che tanta sbandierata felicità possa essere fittizia. Certamente almeno in parte la gioia mostrata sui social è autentica, e non c’è nulla di male nel desiderare di mostrarla; il problema nasce quando diventa un imperativo e quando si insinua il pensiero che le emozioni negative siano sbagliate. Foto di coppie innamorate e felici, immagini di viaggi, foto di celebrazioni di traguardi personali, frasi di inno al miglioramento personale, stories di giornate piene di impegni interessanti: siamo esposti a una grande quantità di materiale che sembra dirci quanto le vite altrui siano felici e gratificanti e che può indurci a un confronto avvilente. Dimentichiamo che ognuno sui social tende a mostrare la versione migliore di sé e quindi un’immagine distorta e possiamo sperimentare invidia e senso di fallimento, possiamo sentirci meno fortunati e di minor valore. Visualizzando quasi solo immagini di altri in momenti felici siamo portati a sottostimare quanto anch’essi possano sperimentare emozioni negative. Inoltre, provare invidia per la felicità ostentata dagli altri può spingerci ulteriormente  a ostentare la nostra ed esagerarla, generando a nostra volta negli altri la stessa percezione.

Dobbiamo tenere conto che in questo contesto vale più che mai il detto “l’apparenza inganna”. Uno studio di Seidman del 2019 ha rilevato che le persone che sfoggiano più spesso sui social dichiarazioni d’amore o immagini della propria coppia felice hanno anche più difficoltà a darsi valore sulla base della propria identità e della propria affermazione personale e dipendono dalla relazione per regolare la propria autostima e ricevere una rassicurazione esterna. Postare contenuti di coppia è quindi un modo per autorassicurarsi e convincere gli altri e sé stessi mostrando la prova del successo relazionale, anche se in realtà questa dipendenza dalla relazione è correlata ad attaccamento insicuro con tutte le difficoltà di coppia che ne conseguono. Pertanto, queste coppie sono, contrariamente a quanto appare sui social, più a rischio di insoddisfazione e conflitti e meno felici di quanto ostentino.

L’ideologia dominante del nostro tempo è il godimento a tutti i costi, il rifiuto di disagio, sofferenza, tristezza e noia: un Capodanno continuo, insomma. Non basta vivere una serata strepitosa, come appunto quella di Capodanno. L’idea diffusa è che tutta la vita debba essere strepitosa, o quantomeno interessante, stimolante, appagante, divertente, realizzata e di successo. Fragilità e debolezze non hanno spazio, né nella vita reale, né sui social che ne sono lo specchio amplificato. Questo comporta che possiamo pensare di essere sbagliati, se siamo tristi o annoiati. Nei ragazzi e nelle ragazze, in particolare, il continuo confronto tra le proprie vite e quelle dei personaggi più popolari che sembravo vivere una continua festa e una perenne vacanza, in base a ciò che condividono, può comportare frustrazione, depressione, persino disperazione.

Dobbiamo perciò ricordare, e soprattutto far notare ai più giovani, che quanto vediamo sui social è in parte illusorio, un po’ come se stessimo assistendo a un film, e in questa cornice dobbiamo interpretare ciò che vediamo. Soprattutto, dobbiamo essere consapevoli che anche noi, attraverso ciò che scegliamo di mostrare, contribuiamo in qualche misura ad alimentare una vetrina fittizia.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa

Psicoterapeuta Consulenza, sostegno e psicoterapia online tramite videochiamata
Studi a Piane di Camerata Picena (AN) e
Montecosaro Scalo (MC)
Per appuntamento tel. 339.5428950