Benessere

«C’è un mostro sotto il letto!», come gestire le paure dei bambini

Nell'età prescolare sono molto comuni le paure dei mostri e di altri personaggi immaginari. Alcuni suggerimenti possono aiutare i genitori a sostenere i piccoli nell'affrontarle e superarle

Possono essere mostri, streghe, vampiri, dinosauri, lupi cattivi. Possono avere le sembianze di personaggi spaventosi visti in tv o essere creazioni originali e uniche. Si nascondono sotto il letto, negli armadi, in bagno, in giardino; il bambino ha paura di andare a dormire, piange, si aggrappa ai genitori, oppure si rifiuta di entrare in certe stanze, arriva a farsi la pipì addosso pur di non andare al bagno, dove c’è il mostro.

La psicoterapeuta Lucia Montesi

Sono paure tipiche che compaiono nei bambini, di solito tra i 3 e i 6-7 anni, e sono una normale tappa dello sviluppo che quasi tutti attraversano. Possono essere esacerbate da scene spaventose viste in televisione, ma anche in assenza di stimoli esterni, la mente del bambino produce ugualmente queste figure immaginarie che lo turbano. Il bambino in età prescolare ha infatti un pensiero magico e animistico, attribuisce sentimenti e volontà anche agli oggetti inanimati. Le paure derivano dal mondo interno del bambino, che comincia a sperimentare preoccupazioni e insicurezze e le proietta all’esterno sotto forma di personaggi persecutori. Spesso compaiono al momento di andare a dormire, quando il bimbo sperimenta il distacco dall’adulto e la perdita di controllo.

Come gestire queste paure e come aiutare il piccolo a superarle? Ecco alcuni suggerimenti per gli adulti:

  • Farsi raccontare la paura in dettaglio, ascoltare con attenzione, comprensione ed empatia, riconoscendo le emozioni del bambino, dandogli un nome e rassicurando che sono normali, che anche la mamma e il papà da piccoli avevano le loro paure, cercando di capire cosa significa quel mostro per il bambino.
  • Non minimizzare, non ridicolizzare il bambino per le sue paure. Frasi come “Ma non c’è niente di cui avere paura!” non sono di aiuto, non rassicurano e anzi, fanno sentire il bambino inadeguato. Meglio dire “Capisco che ora ti senti spaventato”, trasmettere il messaggio che è normale avere paura e chiedere aiuto. Fare umorismo sulle paure, prendere anche bonariamente in giro il bambino (“Ma guarda che fifone!”), redarguirlo (“Basta, sei grande per avere paura di queste cose”), fare confronti (“Guarda il tuo amichetto, lui non ha paura”) sono tutti metodi controproducenti che avviliscono il bambino, inibiscono l’espressione emotiva, lo inducono a non confidarsi più con l’adulto e lo lasciano solo con la sua paura. Qualsiasi rassicurazione è destinata a fallire se prima il bambino non sente che i suoi sentimenti sono stati convalidati.
  • Rassicurare che i mostri non ci sono. Non è sufficiente un ragionamento razionale, come dire al bambino “Ma i mostri non esistono, sono frutto della fantasia”, ma occorre aiutarlo anche in modo concreto a separare la realtà dalla fantasia, ad esempio accompagnandolo nelle stanze in cui teme di entrare, o andando insieme a vedere sotto il letto o dentro l’armadio, per verificare che in effetti i mostri che teme non ci sono: “Vedo che sei spaventato. Andiamo a vedere con la torcia sotto il letto. Ecco, vedi, il mostro non c’è”. È utile anche aiutarlo a capire che nel buio gli oggetti non si trasformano ma restano come sono quando c’è la luce e spiegare in modo semplice come vengono realizzati film e cartoni animati, per aiutarlo a distinguere fantasia e realtà.
  • Ciò che rassicura di più il bambino, l’elemento essenziale che deve accompagnare ogni spiegazione razionale, è la presenza calma e affettuosa dell’adulto che comprende, accoglie le emozioni, lo aiuta a decodificarle, fa da guida nell’esplorare la realtà e toccare con mano che le sue fantasie non esistono, offre incoraggiamento e attenzione.
  • Un atteggiamento iperprotettivo è controproducente e non aiuta il piccolo a superare i suoi timori. Accettare ad esempio che dorma nel lettone perché spaventato dal rimanere nella sua cameretta, non fa che prolungare e alimentare ulteriormente la paura. Ogni volta che l’adulto avalla l’evitamento del bambino, gli conferma l’idea che ci sia veramente qualcosa di spaventoso da temere: dà sollievo momentaneo, ma aumenta l’ansia a lungo termine.
  • Non costringere, tuttavia, ad affrontare in modo troppo diretto e brusco la paura, ma procedere gradualmente, con pazienza e costanza, incoraggiando con delicatezza.
  • Si possono inventare giochi che permettono di esprimere, elaborare ed esorcizzare le paure: giochi con pupazzi che mettono in scena ciò che turba il bimbo, disegnare ciò che lo spaventa. Si possono inventare filastrocche, fiabe in cui il mostro viene sconfitto, o storie in cui al mostro vengono attribuite caratteristiche buffe o fragilità, in modo da renderlo meno spaventoso.
  • Utilizzare frasi come “Non andare là perché c’è la strega cattiva”, “Se non mangi viene il lupo”, “Se non fai il bravo chiamo l’uomo nero” per ottenere l’obbedienza del bambino,  contribuisce ad acuire le paure e a confondere e disorientare la mente infantile, già impegnata nel faticoso compito di distinguere realtà e fantasia.
  • Quando le paure compaiono o si mantengono in un’età non consona, quando sono ingestibili e terrorizzano il bambino, quando impediscono una vita normale perché interferiscono con le attività e le relazioni, non rientrano più nella normalità ed è opportuno chiedere un consulto specialistico.

Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Tel. 339.5428950