La frustrazione è lo stato emotivo conseguente al mancato soddisfacimento di uno scopo, un bisogno o un desiderio. Tutti sperimentiamo prima o poi qualche tipo di frustrazione, incontriamo ostacoli e limiti che non ci permettono di avere ciò che desideriamo o ci costringono ad attendere. Proviamo allora rabbia, tristezza, ansia, dolore. Esperienze di frustrazione ci accompagnano già dalla nascita: abbiamo fame e dobbiamo attendere che arrivi il seno o il biberon, vorremmo un giocattolo e dobbiamo aspettare che il fratellino lo ceda, non riusciamo in un compito troppo difficile per le nostre capacità e scagliamo via gli oggetti per la rabbia.
Bambini che non tollerano la frustrazione
Alcuni bambini appaiono particolarmente intolleranti alle frustrazioni, ad esempio quando non riescono a fare qualcosa si arrabbiano lanciando oggetti, piangendo o urlando, o urlano e piangono se una loro richiesta non viene subito esaudita, pretendono di avere subito ciò che vogliono anche con aggressività, rimandano un compito per timore di non riuscire.
I bambini con bassa tolleranza alla frustrazione sono impazienti e impulsivi, esigenti, hanno scarsa capacità di adattamento e flessibilità. I motivi di una scarsa tolleranza alla frustrazione possono rintracciarsi nell’ottenimento immediato di quanto desiderato, nella mancanza di limiti, nell’iperprotezione genitoriale.
I “no” necessari che aiutano l’autocontrollo
La frustrazione è sgradevole per noi adulti e la immaginiamo ancora più sgradevole per i bambini: non vorremmo che i nostri piccoli la sperimentassero, ci preoccupiamo per la loro reazione e spesso li proteggiamo affinché non entrino in contatto con questa spiacevole esperienza.
La reazione dei bambini alle frustrazioni può essere intensa, con proteste, pianto, rabbia e gesti aggressivi, al punto da convincere gli adulti che sia uno stato davvero troppo penoso per loro da cui difenderli più possibile. Il timore che i più piccoli non siano in grado di gestire le emozioni legate a una piccola sconfitta o a un nostro “no” porta a cercare di compiacerli, a concedere anche quando non è il caso, a non mettere limiti, ad abdicare a regole, a spianare la strada da ostacoli e difficoltà.
Ma dire dei “no” ai bambini è necessario, perché essi non possiedono ancora una capacità di autocontrollo sui propri impulsi e desideri e la costruiscono proprio attraverso una progressiva capacità di tollerare il limite che gli viene dato dall’esterno.
Non aver paura della frustrazione
I bambini hanno bisogno di essere aiutati a riconoscere, tollerare e gestire tutte le emozioni, soprattutto quelle negative, da cui inizialmente sono sopraffatti ma che, con l’aiuto dell’adulto, possono imparare a contenere e controllare. Diventano così capaci di regolazione emotiva, fondamentale per la salute mentale. Un’evoluzione che però non è possibile, se l’adulto stesso si lascia sopraffare dalle reazioni emotive del bambino e se proietta sulla frustrazione sperimentata dal piccolo le proprie personali difficoltà.
Alcuni adulti hanno paura che se i loro figli sperimentano frustrazioni non si sentiranno abbastanza amati, oppure temono di suscitare il conflitto e di perdere il loro amore. Una dose equilibrata di frustrazione è invece non solo inevitabile, ma anche necessaria per un sano sviluppo psichico.
Nell’attesa nasce la capacità di pensare
Un tipo di frustrazione è il dover attendere per ottenere qualcosa. Anche noi adulti siamo oggi abituati ad avere tutto subito e abbiamo perso la capacità di aspettare, ma per un bambino piccolo aspettare la soddisfazione di un desiderio è particolarmente difficile. Insegnare a un bambino a rispettare l’attesa comporta diversi benefici: comprendere e accettare che non si può avere tutto subito, persistere con impegno per ottenere qualcosa, sviluppare pazienza e dedizione, riconoscere e rispettare i bisogni degli altri.
Aspettare permette anche di sviluppare il pensiero, perché nel tempo dell’attesa si formulano pensieri, aspettative, fantasie. Anche i bambini piccolissimi possono imparare a tollerare le attese attraverso vari tipi di giochi, come tutti quelli in cui devono attendere il proprio turno per fare qualcosa, o attività come i puzzles che richiedono tempo e pazienza, o attività che necessitano di un tempo per vedere i risultati, come piantare dei semi.
Allenare ai fallimenti
Molti genitori cercano di proteggere i figli dallo sperimentare la frustrazione del fallimento perché temono che li faccia soffrire e indebolisca la loro autostima. In realtà è vero il contrario: i bambini che, vivendo delle sconfitte, imparano che non sempre le proprie aspettative possono essere soddisfatte, hanno una maggiore motivazione e una migliore autostima.
D’altra parte, i genitori devono fare attenzione a non riporre aspettative troppo elevate verso i figli spingendoli sempre verso obiettivi troppo ambiziosi e fuori dalla loro portata, in questo caso esponendoli a una frustrazione costante che li danneggerebbe.
Consolare senza cedere
La frustrazione, come tutte le altre emozioni, non deve essere eliminata o repressa, ma va compresa e accettata. Questo significa permettere al bambino frustrato di esprimere ciò che prova, di esprimere la rabbia, il dispiacere, la noia, aiutandolo a riconoscere lo stato emotivo, a dargli un nome, a legittimarlo come normale e come esperienza di tutti.
Si può consolare un bambino frustrato, senza che questo significhi cedere alle sue richieste, gli si può dire “Capisco che ti senti arrabbiato”, “Immagino che sia spiacevole per te”, “So che desideravi tanto quel giocattolo”, “Immagino sia noioso dover aspettare”, e allo stesso tempo tenere fermo il limite senza derogare a una regola e senza aggirare un limite o una sconfitta, ma eventualmente indicando modi differenti e più accettabili di ottenere ciò che vuole. Il bambino ha bisogno di un adulto empatico che non lo costringa a lottare contro i suoi sentimenti ma lo faccia sentire compreso, amato e sostenuto.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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