ANCONA- L’Alzheimer è una sindrome degenerativa che provoca disturbi psichici e comportamentali con conseguenze nello svolgere le azioni della vita quotidiana. Difficoltà nella memoria, difficoltà nel ricordo, disorientamento temporo – spaziale, difficoltà nella parola, numerica, logica e anche nell’esecuzione di gesti che precedentemente si riuscivano a fare. Nelle Marche le persone affette da questa forma di demenza sono circa 25mila. Colpisce gli over 65, solo raramente, nel 4% dei casi, si presenta in forme presenili e genetiche, quindi prima dei 50 anni. La progressione della malattia è generalmente molto lunga, può arrivare a 10-15 anni; a volte invece è veloce: 4-5 anni. «È la forma di demenza più conosciuta, rappresenta il 60% dei casi: in Italia sono 600mila, nel mondo 50 milioni. L’Alzheimer’s Disease Internationl stima che nel 2020 si arriverà a 75milioni» spiega il dott. Giuseppe Pelliccioni, responsabile Unità operativa Neurologia Inrca (Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani).
Le terapie farmacologiche non bastano a rallentare la progressione della patologia. Per questo è necessario promuovere azioni per ridurre lo stress e dare sollievo ai familiari, oltre che per limitare gli esiti invalidanti della malattia. Si tratta degli interventi psicosociali che includono incontri di formazione e counseling per i familiari, l’aiuto di volontari a casa, fino alla “riabilitazione occupazionale” per il recupero delle abilità quotidiane del malato tramite semplici attività manuali. «Poiché vi sono evidenze cliniche incomplete sul reale effetto delle terapie farmacologiche – afferma Pelliccioni – negli ultimi anni si è incrementata la ricerca su attività orientate a promuovere il benessere e la qualità della vita delle persone con demenza e dei loro familiari, oltre a facilitare il graduale adattamento alla disabilità e alle conseguenze della malattia».
L’Alzheimer infatti non riguarda solamente il paziente ma anche i familiari che si prendono cura del malato. Hanno un carico assistenziale molto gravoso che ricade sulla famiglia stessa. «Il care giver ha bisogno di conoscere la malattia e la sua evoluzione. All’Inrca ci sono gruppi di sostegno per scambiarsi esperienze, emozioni, idee per affrontare il compito dell’assistenza, in quanto a volte, può portare alla depressione. E poi servizi di consulenza- riferisce il dott. Pelliccioni-. Per quanto riguarda invece i pazienti, applichiamo una serie di esperienze psicosociali per l’aspetto della mobilità. Ad esempio, il Giardino Alzheimer: in estate i pazienti hanno un loro orto per applicare strategie cognitive. Inizieranno poi esperienze con la creta per la manualità».
Oltre alla cura farmacologica sono quindi importanti interventi di riabilitazione cognitiva e comportamentale. Si attiva il cervello con l’allenamento, sia attraverso tecniche di stimolazione del ricordo che con l’esercizio fisico: rinforzo muscolare, sforzo, equilibrio. Nelle Marche, grazie alle recenti linee guida, è previsto il potenziamento di tali interventi con l’Inrca nel ruolo di coordinatore. Delle potenzialità e prospettive di sviluppo in campo assistenziale se ne è discusso ad Ancona in un convegno promosso dall’Inrca, nell’ambito dell’attuazione del Piano Nazionale Demenze.
L’incontro ha approfondito le iniziative di maggior successo come il progetto Inrca My Mind, uno studio che ha coinvolto più di 300 persone over 65 con l’obiettivo di sperimentare l’effetto di un piano di “allenamento mentale” sul mantenimento e recupero delle abilità intellettive negli anziani. Il programma ha incluso tecniche mnemoniche, metodi per utilizzare la scrittura in modo efficace, ma anche passatempi comuni come parole crociate e sudoku. I risultati sono stati positivi: nella maggior parte dei soggetti con malattia di Alzheimer si è avuto un significativo miglioramento delle performance e dello stato psicologico, in particolare memoria, linguaggio e orientamento.
L’invecchiamento è il maggiore fattore di rischio per le malattie neurodegenerative. Il World Alzheimer report stima oltre 9.9 milioni di nuovi casi di demenza ogni anno nel mondo. Una cifra superiore di quasi il 30% rispetto a quella effettuata dall’Oms nel 2010.