Benessere

Covid, restrizioni e la sfida del tempo libero: ecco cosa accade nella nostra mente

Le attività con cui occupiamo il tempo libero assolvono a bisogni complessi e doverle limitare per contenere il virus ha ripercussioni significative sul benessere psicologico. Parola alla psicoterapeuta Lucia Montesi

Immagine di repertorio

Il tempo libero è quel tempo che trascorriamo al di fuori degli obblighi di lavoro e delle necessità domestiche. Più precisamente, secondo la definizione del sociologo Dumazedier, è ”un insieme di occupazioni alle quali l’individuo può dedicarsi di buon grado sia per riposarsi sia per divertirsi, sia per sviluppare la sua partecipazione sociale volontaria, la sua formazione disinteressata, dopo essersi liberato da tutti gli obblighi professionali, familiari o sociali”. Il tempo libero non è quindi un semplice tempo residuo rispetto ad attività più importanti, ma diventa anzi ”il solo contenuto del tempo impiegato per la realizzazione della persona come fine ultimo”. Soprattutto per chi svolge una professione in cui non si sente pienamente gratificato o per i ragazzi impiegati per molte ore nello studio, il tempo libero può diventare l’unico spazio di appagamento, oltre che un modo per definire ed esprimere la propria identità.

Considerando il tempo libero in questi termini, diventa più comprensibile l’impatto psicologico che possono avere le crescenti restrizioni adottate per arginare la seconda ondata di contagi da Covid e che colpiscono in gran parte attività e servizi attinenti al tempo libero, come palestre, musei, cinema, eventi, spettacoli, bar e ristoranti, luoghi di aggregazione, tutto ciò che è definito come “non essenziale” e che invece per molte persone rappresenta una rinuncia significativa.

Rispetto alla prima ondata e al conseguente lockdown di marzo, siamo più preparati perché abbiamo già sperimentato come riorganizzare la vita quotidiana entro limiti ancora più ristretti, d’altra parte se nella prima fase della pandemia lo stato d’animo prevalente era di ansia accompagnata però da una prospettiva di soluzione e ritorno alla normalità, adesso dominano rabbia, depressione e disorientamento, che rendono più faticoso adattarsi. Se sette mesi fa le persone erano più spaventate e più inclini ad accettare limitazioni, ora sono più stanche, arrabbiate, disilluse e si ribellano maggiormente alle restrizioni.

La psicoterapeuta Lucia Montesi

Così se si impone l’obbligo di chiusura alle 18 per i bar, ci si organizza per anticipare l’aperitivo alle 17 con le stesse modalità ironizzando sul “virus che colpisce solo dopo le 18”, riproponendo perciò quel rischio di assembramento che il provvedimento mirava a contenere imponendo la chiusura negli orari in cui si registra maggior afflusso di clienti.

«Bisogna andare a lavorare, tornare a casa e leggersi un bel libro», esorta l’epidemiologo Luigi Lopalco, evidenziando i rischi di occasioni sociali come gli aperitivi e raccomandando di evitarli per qualche settimana. Prendendo alla lettera il suo consiglio, un buon libro è in effetti per molte persone un modo appagante per passare il proprio tempo libero. Qualche giorno fa circolava la notizia, con annesse foto, di lunghe file di persone in attesa fuori dalle librerie in Francia e Belgio, decise a rifornirsi di libri prima dello scoccare del secondo lockdown, sfruttando l’esperienza già vissuta per prepararsi in anticipo ed attutire le conseguenze della nuova chiusura. Per le persone che amano passare il tempo libero in attività che possono facilmente svolgersi in casa e magari in solitudine, le restrizioni hanno un impatto minore. Per altre invece significa rinunciare a spazi vitali.

Molti dei miei pazienti in questo momento manifestano questa difficoltà e passiamo buona parte delle sedute ad elaborare alternative che possano tener conto dei loro bisogni. Molti sono ragazzi che, accanto a una minore percezione del pericolo del contagio e della malattia (anche quando si trovano  a casa in quarantena per un familiare o un compagno positivo o perché sono essi stessi positivi), esprimono la frustrazione di non trovare uno spazio di svago e recupero dallo studio e soprattutto di non poter mantenere i contatti con gli amici: «Che faccio tutto il tempo? Non ne posso più! Ma quando finirà?».

Il maggior rischio di contagio in ambito amicale e familiare che si osserva in questa seconda ondata rispetto alla prima, impatta ancora di più sulle relazioni sociali. Se prima vedersi in casa in piccolo gruppo di amici era relativamente sicuro, ora si rendono necessarie più accortezze anche nell’ambito domestico, che normalmente viviamo come protetto e libero, e che perciò appaiono ancora più ingiuste e intollerabili.

Alcune persone sono abituate a usare il tempo libero per scaricare la tensione accumulata, ad esempio andando in palestra, e se non possono allenarsi nel modo che preferiscono accumulano nervosismo e irritabilità.

Per altri rinunciare a eventi culturali, mostre, cinema, teatro, spettacoli, convegni significa privarsi non solo di uno svago ma anche di occasioni di arricchimento, di stimoli nuovi di cui hanno bisogno per sentirsi vitali. Per alcuni queste occasioni sono anche ciò che li distrae in periodi difficili come una malattia, come accade ai miei pazienti oncologici, la cui osservazione più frequente è: «Io ce la metto tutta per non chiudermi in casa con brutti pensieri…ma dove vado?».

Per i miei pazienti che sono single e vorrebbero avere una relazione affettiva, chiusure anticipate dei locali e coprifuoco significano riduzione della possibilità di nuovi incontri. Per alcuni le occasioni di fare nuove conoscenze si riducono drasticamente: «Vorrei tanto conoscere qualcuno…ma dove lo trovo e quando? Di giorno lavoro, non ho hobby da condividere, mi restava la sera in giro per qualche locale ».

Per quelli che hanno bisogno di essere sempre occupati, che non si fermano mai, che tendono a riempire la settimana di attività, le limitazioni al tempo libero possono essere un fattore di ansia perché costringono a confrontarsi con tempi vuoti difficili da tollerare.

A fronte di situazioni diverse osservo però in tutti, dopo l’iniziale sconforto, rabbia e rifiuto, la capacità di adattarsi di nuovo, di recuperare le risorse già sviluppate nel primo lockdown, di trovare modi alternativi per portare avanti interessi e passioni o di sperimentarne di nuovi, o di provare, perché no, a tollerare un tempo libero vuoto e non riempito affannosamente di attività, acquisizione che per alcuni è terapeutica.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Per appuntamento tel. 339.5428950
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