PORTONOVO- Le cure palliative come strumento per restituire qualità di vita e dare una risposta alla cronicità sempre crescente. Sono stati questi i temi al centro della quinta edizione del Convegno Nazionale sulle Cure Palliative, che si è tenuto stamane presso l’Hotel Excelsior La Fonte di Portonovo. Quest’anno il focus ha posto l’accento su due patologie caratterizzate da decorso cronico o degenerativo: la SLA e l’Insufficienza Renale Cronica. Un evento che ha visto la partecipazione del Segretario Nazionale Fnomceo Roberto Monaco, del Rettore dell’Università Politecnica delle Marche Sauro Longhi, del Consigliere segretario OMCEO Ancona Arcangela Guerrieri, di medici specialisti, fra i quali il primario di Neurologia Leandro Provinciali, di infermieri e di associazioni di volontariato.
L’iniziativa promossa dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Ancona, in collaborazione con la Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), ha portato nuovamente Ancona e le Marche al centro del dibattito nazionale sulla palliazione.
Un convegno, che come ha spiegato il presidente Omceo Ancona, Fulvio Borromei «È la prosecuzione dei quattro precedenti nei quali abbiamo realizzato un percorso che ha saputo sviscerare tutti gli aspetti della palliazione con i massimi esperti di questa disciplina a livello internazionale. Quest’anno vogliamo mandare un messaggio anche alle altre professioni che svolgono un ruolo importante nei contesti sanitari e sociali. Stiamo intessendo un filo rosso attraverso il quale far sentire a coloro che soffrono, siano pazienti o famiglie, che sono accompagnati in un percorso solidale».
Una necessità, quella di accesso alle cure palliative, che è cresciuta molto negli ultimi anni, in relazione all’invecchiamento della popolazione e all’aumento delle malattie croniche e degenerative.
In Italia, infatti, sono oltre 270mila le persone che hanno bisogno della palliazione, di queste circa 170mila sono malati oncologici, mentre gli altri sono per la maggior parte anziani, affetti da demenze o malattie neurodegenerative, oltre ad almeno 15.000 minori.
Alla luce di questi nuovi bisogni della popolazione gli Hospice vanno ripensati per accogliere, non solo i pazienti oncologici, come tradizionalmente hanno fatto finora queste strutture, ma anche per dare una risposta a dolore e fragilità dei malati di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e alle condizioni di disabilità fisica e psichica di quelli affetti da Insufficienza Renale Cronica. Questi ultimi pazienti, in particolare, grazie ai progressi in campo medico hanno visto negli anni crescere la loro aspettativa di vita, rendendo necessario anche per loro l’approccio palliativo.
In Italia sono oltre 3.600 i casi di persone affette da SLA (dato ISTAT 2011), mentre nelle Marche sono circa un centinaio i pazienti. Una patologia dal forte impatto sociale e psicologico, che investe non solo il malato, ma anche i suoi familiari, costretti a ridurre fortemente se non addirittura ad abbandonare il proprio lavoro, per assistere in maniera continuativa l’ammalato, nell’alternanza tra periodi di ricovero ospedaliero e di assistenza domiciliare.
Necessità assistenziale che riguarda anche l’Insufficienza Renale Cronica, che negli stadi terminali va incontro ad una condizione di disabilità fisica. In Italia sono oltre 3 milioni e mezzo i nefropatici (fonte OMAR, Osservatorio Malattie Rare), pazienti che nel corso degli anni avranno bisogno di una presa in carico più vasta, che comporti il controllo della sintomatologia, il trattamento degli stati depressivi, del dolore e di un accompagnamento al fine vita incentrato sulla dignità umana. Principi che rientrano a pieno titolo nella medicina palliativa.
«Le cure palliative nei prossimi anni – ha spiegato Borromei – dovranno estendersi necessariamente anche ad altre patologie che si iscrivono per la loro gravità in questa tipologia di cure. Ci dovremmo aprire ad altre patologie croniche e degenerative come quelle neurologiche e renali di cui parliamo oggi, ma anche allo scompenso cardiaco, alla broncopatia cronica ostruttiva e alle gravi insufficienze respiratorie. La mission delle cure palliative è infatti estesa e non è riservata solo ad alcune patologie».
Un ampliamento della palliazione che, come precisa Borromei, verrà attuato attraverso «la formazione delle equipe, e che potrà prevedere l’acquisizione di ECM specifici su alcune patologie individuate. I corsi di formazione potranno essere realizzati sia attraverso FAD (formazione a distanza) come già sta facendo la Federazione, sia attraverso corsi residenziali che possono essere portati avanti dalle Società Scientifiche, come la Società Italiana di Cure Palliative, dalla stessa Federazione e dagli Ordini, che possono farsi promotori di tematiche da approfondire nel merito». Allo studio, come ha sottolineato il presidente dei camici bianchi dorici, anche corsi di formazione rivolti ai caregiver (chi si prende cura dal punto di vista pratico dei malati).
Cure palliative intese non solo come supporto al malato terminale e cronico per condurre un’esistenza di qualità, ma anche come occasione per il medico di ricreare una relazione autentica e fiduciaria con lui e la sua famiglia. «Serve – ha concluso Borromei – creare un terreno di impegno comune tra i molti professionisti che si occupano di cure palliative, quindi predisporsi a creare le basi per quella rivoluzione etica dove la comunità rappresenta il terminale di ogni nostra azione ».