«Perché non si è sforzata di essere diversa? Perché, se anche lei aveva sofferto per le stesse violenze, le ha ripetute su di me?», «Io non sono come lei, io mi sono impegnata per essere una buona madre nonostante la mia storia, perché lei non l’ha fatto?». Nella psicoterapia di adulti che ripercorrono il loro passato di bambini maltrattati dai propri genitori, c’è un passaggio fondamentale ma estremamente penoso. Rendersi conto che, come frequentemente accade, anche i loro genitori abusanti erano stati a loro volta abusati, da una parte permette una possibilità di comprensione di quanto accaduto e di pacificazione e diminuisce la rabbia, dall’altra apre nuovi dolorosi interrogativi: chi riesce a diventare un buon genitore, può recriminare ai propri di non aver fatto altrettanto; altri, non ancora genitori, si chiedono con angoscia se ripeteranno gli stessi errori, se saranno in grado di sfuggire a un destino che sembra ripetersi.
Accade spesso che il genitore maltrattante sia stato a sua volta maltrattato nell’infanzia. Questo non significa che aver subito abusi porti necessariamente a ripeterli o che tutti coloro che vengono maltrattati diverranno maltrattanti, ma si tratta di un fattore di rischio. Di fatto, si osserva che tra i genitori maltrattanti la percentuale di chi è stato a propria volta maltrattato è di gran lunga superiore rispetto a soggetti non maltrattanti.
Le possibili reazioni al maltrattamento
La reazione più facile da comprendere è sviluppare repulsione per quei comportamenti subìti, avere orrore e disprezzo per le botte, le umiliazioni, le vessazioni psicologiche. Una parte delle persone che ha subito violenze e abusi reagisce rifiutando ogni forma di aggressività, proponendosi di essere un genitore diverso dai propri, di non far subire mai ai propri figli ciò che ha vissuto, di essere il genitore migliore possibile. Paradossalmente, questo intento può non garantire l’esito desiderato e può anzi trasformarsi in una condizione che favorisce il ripetersi degli abusi, come spiegherò meglio successivamente.
Un’altra possibile reazione è più difficile da capire e suscita anzi sconcerto e riprovazione: consiste nel ripetere a propria volta su altri gli abusi vissuti su sé stessi.
I meccanismi per cui l’abuso si ripete
I motivi per cui l’abuso può ripetersi nelle generazioni successive sono molteplici:
– Malgrado il proposito di comportarsi in modo diverso dai propri genitori, è facile scivolare nella riproposizione del modello da loro rappresentato, soprattutto nei momenti di stress e di tensione, perché è l’unico modello conosciuto, sperimentato, vissuto e interiorizzato, perché spesso mancano altri modelli alternativi che fanno da guida e la persona non sa come fare il genitore in un modo diverso da quello che ha conosciuto; può sforzarsi di fare diversamente, ma il modello che ha assorbito quotidianamente in tanti anni è così consolidato che si ripropone costantemente con forza e immediatezza e distanziarsene è difficile.
– Per il meccanismo della “coazione a ripetere”, la mente porta a rimettere in atto un trauma vissuto e non superato, questa volta però nel ruolo attivo di chi lo infligge a un altro, nel tentativo di padroneggiare il dolore subìto e trovarsi in una posizione di potere. Infliggere ad altri le ferite a cui si è stati sottoposti, inconsciamente produce sollievo e rivalsa. La coazione a ripetere può spingere anche a ripetere l’abuso in modo indiretto, legandosi a partner che maltrattano i figli.
– Negazione e minimizzazione sono molto frequenti nei bambini abusati: coprire il genitore abusante, negare l’accaduto, difenderlo, considerare il suo comportamento accettabile, non riconoscersi oggetto di abuso. I bambini che subiscono maltrattamenti dai loro genitori sviluppano un’immagine di sé come sbagliati e cattivi, colpevoli di ciò che subiscono, nella necessità di salvare l’immagine delle persone per loro più importanti e da cui dipendono totalmente. Anche una volta adulte, le persone maltrattate dai genitori possono continuare a sostenere che il loro comportamento fosse giusto, legittimo, necessario, per non dover prendere atto degli abusi e veder crollare l’illusione di essere in qualche modo amati, e possono ripeterlo con i propri figli continuando a sostenerne l’adeguatezza.
– La dissociazione è un altro meccanismo di difesa tipico in caso di esperienze traumatiche: la mente sopravvive a quanto deve subire dimenticando i fatti, estraniandosi come se gli abusi accadessero a qualcun altro, confondendo percezioni e ricordi in modo da poter far finta che nulla sia accaduto. Questo ostacola la consapevolezza e l’elaborazione di quanto accaduto e ne favorisce la ripetizione automatica.
– L’identificazione con l’aggressore è un altro meccanismo di difesa in cui una persona assume tratti e qualità di un’altra; si tratta di un adattamento estremo della vittima di violenza per sopravvivere. L’attaccamento emotivo verso l’aggressore, per cui il bambino maltrattato e abusato difende e ama il proprio aggressore, è anch’esso una strategia di sopravvivenza e una difesa per ridurre la paura assumendo le caratteristiche dell’oggetto temuto.
– Se i genitori maltrattanti sanno anche essere a tratti affettuosi e presenti, l’ambiguità che ne deriva è ancora più destabilizzante per un bambino, perché comporta sentimenti contrastanti di amore, rabbia e paura e lo porta a formare un modello di legame d’amore in cui necessariamente e abitualmente è presente anche la violenza. Nella mente dei bambini maltrattati e abusati dai genitori, chi sia il persecutore e chi la vittima non è così chiaro purtroppo, e amore e odio coesistono in una profonda confusione.
– Chi è stato maltrattato, non curato, abusato dai genitori rischia maggiormente di non poter imparare a riconoscere le proprie emozioni e gestirle, di non sapersi sintonizzare con i bisogni di un altro, di non saper tollerare la frustrazione, di avere uno sviluppo immaturo; tutto ciò rende più difficile rapportarsi alle necessità di un proprio bambino e aumenta il rischio di ripetere il maltrattamento.
– Paradossalmente il desiderio di essere un genitore migliore possibile in opposizione a quanto personalmente vissuto, unito alle difficoltà descritte sopra, alimenta aspettative irrealistiche che rendono la condizione di genitore ancora più frustrante di quanto sia già per chiunque, offrendo il terreno ideale per sentimenti di colpa e angoscia intollerabili e per l’innesco dell’aggressività e del maltrattamento.
La catena dell’abuso può essere interrotta da circostanze protettive e favorenti. Diversi fattori incidono nel determinare quale sarà la reazione a un abuso subìto: il tipo di relazione e di legame con chi abusa, la durata del maltrattamento, l’età della vittima, la possibilità o meno della vittima di difendersi e chiedere aiuto, i fattori di protezione intra ed extra-familiari. Il più importante fattore protettivo è la presenza di almeno una figura adulta in grado di garantire un attaccamento sicuro, ovvero un adulto affidabile che sappia sintonizzarsi coi bisogni del bambino e rispondervi adeguatamente.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Consulenza, sostegno e psicoterapia online tramite videochiamata
Studi a Piane di Camerata Picena (AN) e
Montecosaro Scalo (MC)
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