«Ma io questo posto l’ho già visto!», «Questa scena si è già verificata!», «Queste parole le ho già sentite!»: siamo consapevoli di trovarci in un luogo in cui non siamo mai stati, o che ciò che accade non può essere già accaduto in passato, eppure percepiamo un senso di familiarità e una vaga inquietudine, mista a stupore e meraviglia. Si tratta del déjà-vu (“già visto”), un fenomeno affascinante della mente, per cui percepiamo una situazione come già vissuta anche se la stiamo sperimentando per la prima volta.
L’esperienza è così suggestiva e intrigante da aver stimolato ipotesi che vedono nel déjà-vu un segno paranormale: una prova della reincarnazione, attraverso un’irruzione nella vita presente di frammenti di una vita passata; l’effetto di una trasmissione telepatica da parte di altre persone che hanno vissuto quell’esperienza; un segno del destino che ci dice che stiamo percorrendo la strada giusta. In realtà, anche se il fenomeno non è stato ancora spiegato in modo univoco, le ipotesi scientifiche più accreditate sono molto meno poetiche e non hanno alcunché di sovrannaturale.
Per la psicoanalisi si tratterebbe del ritorno di ricordi inconsci che riaffiorano. I déjà-vu deriverebbero quindi da scene realmente vissute in passato che poi sono state rimosse dalla memoria cosciente. In effetti si ipotizza che il fenomeno possa essere un errore di memoria, in cui il cervello confonde esperienze passate: riconosce in una scena presente una somiglianza con qualcosa vissuto in passato ma in modo vago, senza riuscire a recuperare del tutto il ricordo; oppure, noi abbiamo vissuto davvero un solo, singolo elemento della scena attuale, e il cervello va a ripescarlo senza recuperare l’episodio completo, dandoci l’illusione che tutta l’esperienza attuale sia stata già vissuta, mentre si trattava solo di un dettaglio specifico.
Tuttavia, ci sono molti déjà-vu in cui è assolutamente certo che l’esperienza per cui si prova familiarità non è mai stata sperimentata prima. Sono stati compiuti diversi studi sul déjà-vu, nonostante le difficoltà legate alla sua natura di evento improvviso, fugace (dura pochi secondi), casuale e non ripetibile a comando. Si è osservato che i déjà-vu sono frequenti nelle persone epilettiche prima di un attacco. Si pensa che in questi soggetti il fenomeno sia dovuto a un malfunzionamento temporaneo delle aree cerebrali che provoca un errore di memoria. In particolare, si attiva in modo inappropriato la corteccia para-ippocampale che attribuisce una falsa sensazione di familiarità a un’esperienza nuova, trattandola come un ricordo anche se non lo è.
Nelle persone che non soffrono di epilessia, però, si è osservato che durante il déjà-vu si attiva una zona cerebrale diversa: la corteccia insulare che trasmette le sensazioni al sistema limbico, deputato alla regolazione delle emozioni. Sembra quindi che non si tratti tanto di un errore di memoria, quanto di un fenomeno emotivo: la situazione attuale, con i suoi aspetti emotivi, richiama alla memoria una situazione simile già vissuta. Quelle che sono state già vissute sono insomma le emozioni, e non la scena in sé.
Altre teorie hanno messo in luce ulteriori aspetti. Una spiegazione del déjà-vu potrebbe risiedere in uno sfasamento temporale tra i due emisferi cerebrali nell’elaborazione delle informazioni. Il cervello può essere consapevole di una sensazione prima ancora che si sviluppi la consapevolezza della percezione, dando luogo alla bizzarra sensazione della pre-conoscenza di un’esperienza. Il déjà-vu sarebbe avvertito da un emisfero perché l’evento è in realtà già stato memorizzato un istante prima nell’altro emisfero.
Un’altra ipotesi è che ci sia un errore di immagazzinamento nei sistemi di memoria. Normalmente una sensazione viene elaborata in un primo, velocissimo magazzino sensoriale, per poi passare alla memoria a breve termine, e infine, se rilevante o ripetuta più volte, passa stabilmente nella memoria a lungo termine. Nel déjà-vu ci sarebbe un passaggio diretto dalla memoria sensoriale a quella a lungo termine.
Un’altra teoria ipotizza che si tratti di un problema di attenzione: il cervello di fronte a una scena concentra l’attenzione su un elemento e il resto della situazione è percepito solo a un livello inconsapevole, ma è comunque percepito. Quando l’attenzione è di nuovo rivolta normalmente a tutta la scena nella sua totalità, questa sembra familiare e già nota perché in realtà era già stata registrata dal cervello, anche se al di sotto della soglia consapevole.
Restano ancora da chiarire molti meccanismi. In ogni caso, anche escludendo le spiegazioni sovrannaturali che sono completamente infondate, il déjà-vu resta un fenomeno comunque affascinante e intrigante che apre uno squarcio sulla bellezza del funzionamento della nostra mente.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Tel. 339.5428950