Benessere

La depressione post partum nei padri, una sofferenza nascosta

Anche i padri possono andare incontro a depressione perinatale, con conseguenze potenzialmente gravi sullo sviluppo dei figli

Pixabay, Pdpics

Quando pensiamo alla depressione post partum, immediatamente la associamo alla figura della neomamma. Esiste un’imponente letteratura scientifica sulla depressione perinatale (definizione più corretta di “post partum” o “postnatale” perché comprende anche il delicato periodo della gravidanza) delle madri ed è ormai assodato che l’attenzione alla salute mentale della donna in gravidanza e nel periodo perinatale sia irrinunciabile.

Molti non sanno, però, che anche i neopapà possono sviluppare un disturbo depressivo analogo in concomitanza con la nascita di un figlio e che le conseguenze sullo sviluppo del bambino-oltre che sul benessere della madre- possono essere altrettanto gravi. Il materiale sulla versione paterna del disturbo è molto più scarso e ancora più scarsa è la conoscenza nella popolazione, a fronte di una frequenza tutt’altro che rara: si stima che in Italia la depressione perinatale paterna (DPP) riguardi il 5-10% dei neopapà, incidenza più bassa rispetto alla depressione materna (10-15%) ma comunque elevata. La depressione perinatale paterna  può essere definita come una depressione nel padre che insorge durante la gravidanza o entro un anno dalla nascita del bambino, con massima incidenza tra i tre e i sei mesi dopo il parto. Per depressione si intende un disturbo depressivo maggiore, pertanto una patologia clinicamente significativa, e non il normale distress o  sentimenti di tristezza molto comuni in una coppia alle prese con la transizione alla genitorialità.

I sintomi mascherati

Molti sintomi sono gli stessi che si riscontrano nella depressione post partum materna: perdita di interesse nelle attività, sentimenti di inutilità, senso di colpa, incapacità di concentrazione, alterazioni dell’appetito e del sonno, calo del desiderio sessuale. Sono presenti ansia, panico, senso di inadeguatezza. Altri sintomi sono peculiari della depressione paterna e rientrano nella definizione di “depressione mascherata”: irritabilità, impulsività, ritiro e isolamento, sintomi somatici, aumento dell’uso di sostanze o di comportamenti di dipendenza (ad es. da gioco d’azzardo o da internet), comportamento violento. La presenza di sintomi mascherati contribuisce alla sottostima del disturbo e alla difficoltà della diagnosi, per cui molte depressioni paterne restano non diagnosticate e non trattate.

Le cause: una combinazione di fattori di vulnerabilità

La depressione perinatale paterna, come quella materna, non dipende da una singola causa ma da una combinazione di fattori di vulnerabilità che spaziano dalla condizione ormonale, alle caratteristiche di personalità, alla qualità del rapporto di coppia.

Le cause ormonali della depressione perinatale nelle mamme sono ben note, ma anche nei papà i cambiamenti ormonali hanno un ruolo importante. Durante la gravidanza della partner, il testosterone maschile diminuisce mentre gli estrogeni aumentano, per favorire atteggiamenti di cura e protezione e ridurre l’aggressività. L’umore depresso potrebbe essere collegato al calo del testosterone, a livelli sbilanciati di estrogeni e alla disregolazione dei recettori. Normalmente, durante la gravidanza della partner  e dopo il parto nell’uomo aumentano cortisolo, vasopressina e prolattina con lo scopo di favorire il legame col bambino, ma nei padri depressi vi sarebbe un livello più basso di queste sostanze.

Altre cause del disturbo sono di tipo psico-sociale. Avere una partner che soffre di depressione post partum è il principale fattore di rischio e riguarda fino al 50% dei padri depressi.  Anche uno stile di attaccamento insicuro e una storia di precedenti disturbi dell’umore, d’ansia o ossessivo-compulsivi costituiscono fattori di rischio. Altre condizioni di rischio sono: alti livelli di stress, gravidanza non pianificata, precedenti aborti, scarsa informazione sulla gravidanza e sul parto, insoddisfazione e bassa coesione di coppia, scarso sostegno sociale, disoccupazione, bassa scolarizzazione e basso reddito.

La nascita di un figlio rappresenta di per sé un evento stressante perché richiede un gran numero di adattamenti e comporta perciò un’elevata vulnerabilità psicologica in entrambi i genitori. Richiede di ridefinire la propria identità, ridefinire l’equilibrio della coppia, assumere nuove responsabilità, ridistribuire ruoli e compiti. Non a caso i sintomi depressivi maschili emergono soprattutto quando la relazione simbiotica madre-figlio si allenta e il papà deve inserirsi trovando una collocazione in questa diade.

Gli effetti della depressione paterna sui figli

Gli studi sugli effetti della depressione perinatale paterna sui figli riportano risultati analoghi a quanto accade per la depressione materna: una compromissione della relazione con il figlio, con conseguenze negative sullo sviluppo cognitivo, emotivo, sociale e comportamentale del bambino. I padri depressi, rispetto ai padri non depressi, mentre parlano con i figli usano più commenti negativi e critici, sono più focalizzati su di sé che sull’esperienza del bambino, sono meno coinvolti nel gioco, forniscono meno stimoli fisici e vocali, hanno meno pazienza e minor piacere nell’interazione, passano meno tempo con i figli, sono meno capaci di interpretare i bisogni del bambino, sono più rifiutanti. In sintesi, il comportamento di questi padri è meno sensibile e reattivo e più ostile.

Le conseguenze sullo sviluppo dei figli possono essere gravi. I bambini di padri con DPN hanno il doppio di probabilità di sviluppare un disturbo psichiatrico in età infantile, presentano sintomi come tristezza, ansia, preoccupazione, comportamenti aggressivi e anche in età adulta possono sviluppare psicopatologia.

Anche gli effetti indiretti che il padre esercita sui figli attraverso la sua funzione di sostegno alla madre vengono influenzati negativamente dallo stato depressivo, perché il padre depresso ha una minor capacità di favorire e tutelare la relazione madre-bambino, di occuparsi delle questioni pratiche alleggerendo la madre, di proteggere la famiglia e provvedere alla sua sicurezza.

Una sofferenza nascosta

I padri sono continuamente sollecitati a prestare attenzione a eventuali segni di depressione nella partner in gravidanza e dopo il parto e a fornire sostegno, mentre si prende poco in considerazione il loro stato psicologico e soprattutto l’elevato rischio che essi corrono di sviluppare a loro volta una depressione quando la partner ha una depressione post partum. Si crea perciò la situazione paradossale per cui, proprio nel momento in cui rischiano anch’essi di sviluppare un disturbo mentale, con le prevedibili conseguenze negative per il neonato, vengono ulteriormente caricati della responsabilità di sostenere la compagna e visti come la parte forte della famiglia e non viene contemplata l’ipotesi che possano essere portatori di una sofferenza psicologica.  Diversi fattori concorrono alla sottovalutazione del problema e alla carenza di supporto ai padri in difficoltà: la mancanza di conoscenza su questo disturbo, l’insufficiente diffusione delle procedure di screening, il pregiudizio culturale per cui il rapporto padre-figlio è secondario rispetto a quello madre-figlio, i tabù per cui l’uomo che mostra una sofferenza è un debole e per cui chiedere aiuto è da deboli, la riluttanza degli uomini a rivelare i propri problemi emotivi, la scarsa offerta di servizi per la preparazione alla paternità e per il supporto in caso di difficoltà. Una maggiore attenzione alla salute psicologica dei padri potrebbe non solo salvaguardare il benessere loro e della partner, ma soprattutto garantire le condizioni necessarie per lo sviluppo sano del bambino.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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