I disturbi alimentari possono avere anche un’origine sociale? Per molto tempo si è insistito sulle cause esclusivamente psicologiche dei disturbi alimentari, riconducendoli a psicopatologia individuale e/o familiare e considerando superfluo il contributo del contesto sociale l’influsso dei media, in particolare del modello di bellezza veicolato, fino a qualche tempo fa, principalmente attraverso moda e televisione. Oggi il panorama è profondamente cambiato con l’avvento dei nuovi mezzi tecnologici e diversi autori ritengono che essi possano avere un ruolo nella genesi dei disturbi alimentari, a causa del modello di corpo che propongono insistentemente. Ampliare lo sguardo e comprendere tra i possibili fattori pure quello socio-culturale, permetterebbe di spiegare anche l’aumento consistente di disturbi alimentari riscontrato negli ultimi anni.
Il ruolo dei mezzi di comunicazione nell’origine dei disturbi alimentari non viene quindi proposto come “la” spiegazione, ma come uno dei molteplici fattori che possono favorire la comparsa del disturbo. In particolare, si può ipotizzare un ruolo nei disturbi alimentari sub-clinici, ovvero quelle situazioni in cui non sono presenti tutti i sintomi e comportamenti necessari per formulare la diagnosi di disturbo del comportamento alimentare, ma sono presenti comunque restrizioni caloriche, abbuffate, pensieri ossessivi su cibo, peso e forma del corpo, esercizio fisico eccessivo, abuso di lassativi. Oppure, potrebbero avere il ruolo di fare precipitare nel disturbo alimentare chi già era vulnerabile perché insoddisfatto del proprio corpo o con autostima carente, o di mantenerlo in chi già lo aveva sviluppato.
Il legame tra esposizione ai media, preoccupazione per il proprio aspetto e disturbi alimentari è stato provato da molte ricerche. In passato il legame era emerso già per l’esposizione a televisione e riviste, ma attualmente è ulteriormente favorito dalle caratteristiche dei nuovi mezzi multimediali. Un aspetto presente nei disturbi alimentari è l’alterazione della propria percezione corporea, e il corpo è il principale mezzo con cui ci si espone nella “vetrina” dei social, utilizzando spesso correzioni e filtri che alterano l’immagine, proponendo quindi immagini irrealistiche.
Gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili all’influenza di queste immagini perché utilizzano in modo massiccio i mezzi multimediali e perché sono impegnati nel processo di costruzione della loro identità, in cui la percezione del proprio corpo ha un ruolo significativo ed è fortemente legata all’autostima. L’esibizione di corpi irrealistici che dilaga sui social comporta un confronto deludente e induce frustrazione, fissazione sul corpo, sconforto e disagio.
La teoria dell’oggettivazione di Fredrickson e Roberts ci aiuta a capire come le immagini veicolate dai mass media incidono sull’immagine corporea. Oggettivare una persona significa trattarla come un oggetto, renderla una merce, annullando le sue caratteristiche umane. La cultura occidentale, attraverso i media, passa il messaggio che essere belle, magre/toniche e formose (per le femmine) ed essere belli e muscolosi (per i maschi) consente di avere valore, di avere successo, di essere amati. L’autostima dipende quindi da quanto l’altro ti trova sessualmente attraente come corpo, annullando tutte le altre dimensioni della persona. Così gli adolescenti imparano che il corpo non appartiene a loro ma alla reazione dell’altro e che l’aspetto estetico è il metro con cui misurare il proprio valore.
La quantità di tempo dedicata a guardare e postare foto sui social network risulta correlata con un incremento di insoddisfazione per il proprio corpo e di disturbi dell’immagine corporea. E più siamo esposti a un contenuto o un messaggio, più lo giudichiamo realistico e raggiungibile. D’altra parte, l’effetto delle immagini viene accentuato o mitigato dall’intervento del gruppo dei pari. Un interessante studio (Veldhuis et al., 2013) ha mostrato che, di fronte all’immagine di una ragazza chiaramente sottopeso, se i commenti dei coetanei sminuiscono la magrezza definendo la ragazza solo leggermente sottopeso, si determina in chi osserva un senso di vergogna e insoddisfazione per il proprio corpo maggiore, rispetto a quando i coetanei ritengono che la modella sia eccessivamente sottopeso. Quindi, non è tanto l’immagine in sé a provocare un certo effetto, ma l’opinione dei pari che rende quel corpo un ideale estetico da raggiungere.
Anche le caratteristiche dei nuovi mezzi di comunicazione li rendono più potenti nel veicolare questi messaggi: si basano essenzialmente sulla pubblicazione di fotografie; permettono di interagire con commenti, e i giudizi negativi ricevuti dai pari aumentano l’insoddisfazione per il corpo; aggregano persone con interessi simili, portando alla convinzione che alcuni comportamenti siano normali/desiderabili perché condivisi da molti altri.
Come si può ridurre l’impatto dell’esposizione ai social media sui problemi alimentari? Aiutando i ragazzi ad essere critici nel giudicare i modelli a cui vengono esposti, ad essere consapevoli della non veridicità delle immagini, a riflettere sul profitto che qualcuno ricava dal trasmettere ideali di magrezza/tonicità; con programmi di prevenzione finalizzati a sperimentare vissuti positivi verso il proprio corpo; con programmi di educazione alimentare; usando i social network per sensibilizzare e per condividere testimonianze di persone, anche famose e note ai ragazzi, che sono guarite dai disturbi alimentari.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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