Benessere

Disturbo di Tourette: cos’è la malattia dei tic e come gestirla

Si tratta di una sindrome caratterizzata da tic multipli. Ecco in cosa consiste, le cause e le strategie terapeutiche per gestire i sintomi

(Foto da Pixabay di Gerd Altmann)

Recentemente, ha suscitato commozione il video dell’esibizione del cantante Lewis Capaldi al Glastonbury Festival in Gran Bretagna, in cui il cantautore è stato costretto a fermarsi a causa del disturbo di Tourette di cui soffre e il pubblico ha prontamente risposto proseguendo il brano e cantandolo per lui e al suo posto. Molti hanno esperienza di cosa sia un tic (ve ne sono alcuni comunissimi, come lo schiarirsi la gola o tossire), ma pochissimi conoscono la sindrome di Gilles de la Tourette, presente nel manuale dei disturbi mentali come “disturbo di Tourette”. Il disturbo di Tourette è una problematica neurologica che rientra nei disturbi da tic e si manifesta con tic multipli, sia motori che vocali, sia semplici che complessi.

I tic nel disturbo di Tourette

Lucia Montesi

Un tic è definito come un movimento (o una vocalizzazione) improvviso, rapido e ricorrente. Tic motori semplici sono, ad esempio, battere gli occhi, soffiare, scrollare le spalle, distendere braccia e gambe, saltare, fare scatti improvvisi della testa, fare smorfie di espressione del volto. Tic vocali semplici possono essere schiarirsi la gola, fare colpi di tosse, emettere mugolii e gorgoglii. I tic motori e vocali possono però essere più elaborati e consistere in una combinazione di tic semplici in simultanea, in movimenti a contenuto sessuale, o movimenti che imitano i gesti di qualcun altro, in ripetizione di suoni e parole,  o nella pronuncia di parole ed espressioni oscene, razziste, blasfeme, offensive o comunque socialmente inaccettabili. A differenza del turpiloquio intenzionale che caratterizza il linguaggio normale, in questo caso le “parolacce” sono pronunciate all’improvviso e in un modo particolare che ricorda più un grugnito. Sono soprattutto i tic complessi ad avere il maggior impatto sulle relazioni con gli altri, perché vengono interpretati come intenzionali e/o come provocazioni. I tic sono percepiti come involontari, anche se possono essere soppressi volontariamente per una durata di tempo variabile, con un notevole sforzo. Molti riferiscono di avvertire una sorta di segnale premonitore, una sensazione somatica che precede il tic, e una riduzione della tensione dopo che il tic si è verificato. È possibile imparare a resistere all’impulso e quindi avere un certo controllo volontario, ma  di per sé l’impulso al tic non è volontario.

Il decorso del disturbo di Tourette

Il disturbo tende ad esordire nell’infanzia, in media tra i 4 e i 6 anni (tuttavia può accadere che venga diagnosticato solo nell’adolescenza, con un ritardo diagnostico di qualche anno) e può persistere in età adulta. È importante chiarire che i tic sono molto frequenti nell’infanzia ma nella maggior parte dei casi sono transitori e si risolvono. Solo in una piccola parte (si stima una prevalenza di 3 individui su 1000, in maggioranza maschi) viene diagnosticato un disturbo di Tourette.  Il picco di gravità dei sintomi si verifica tra i 10 e i 12 anni, successivamente e in età adulta molti riferiscono un’attenuazione, ad eccezione di una piccola percentuale che continua a presentare sintomi gravi o un peggioramento. Circa un terzo mantiene il disturbo per tutta la vita, ma con sintomi più lievi e controllabili. I tic sono persistenti, anche se presentano delle oscillazioni per cui le persone che non sono affette possono avere dei periodi liberi da sintomi.
Quando i tic sono di intensità lieve e moderata hanno un impatto minore su benessere e qualità di vita. In caso di maggiore gravità, gli individui possono sperimentare disagio psicologico, isolamento sociale, conflitti interpersonali, difficoltà a portare avanti le attività scolastiche e lavorative. Il disturbo di Tourette è spesso associato al disturbo ossessivo compulsivo e al disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che a loro volta possono compromettere funzionamento e qualità di vita, più ancora del disturbo di Tourette.

L’origine neurologica

Le cause sono ancora poco chiare, ma si ritiene che l’origine sia neurologica: un malfunzionamento dei gangli della base, deputati al controllo dei movimenti del corpo. Tra i fattori di rischio vengono riconosciuti fattori genetici, complicanze ostetriche, età paterna avanzata, infezioni, basso peso alla nascita, fumo della madre in gravidanza. I tic non hanno una causa psicologica, ma sono influenzati dalla condizione psicologica: ansia, eccitazione, eventi stressanti e stanchezza ne provocano l’aumento, mentre calma e concentrazione in compiti scolastici e lavorativi li attenuano. Essere rilassati, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, fa aumentare i tic.

Le strategie terapeutiche per gestire i tic

Non esiste una terapia specifica, ma strategie terapeutiche per controllare i sintomi. Nei casi più gravi, si può ricorrere alla terapia farmacologica che prevede l’utilizzo di agonisti alfa2-adrenergici, miorilassanti, antagonisti della dopamina, ansiolitici, antidepressivi. La terapia farmacologica può/deve essere rivolta anche ad altri eventuali disturbi concomitanti.  Nei casi estremi si può ricorrere alla chirurgia con l’impianto di elettrodi nell’encefalo per modulare l’attività neuronale.

La psicoterapia più adatta per questo tipo di disturbo è una terapia cognitivo comportamentale denominata CBIT, Intervento comportamentale completo per i tic. Non è una cura, ma una strategia di gestione dei tic. La CBIT in un primo momento aiuta ad individuare i segnali premonitori del tic e le situazioni che li favoriscono, aumentando la consapevolezza e la conoscenza del disturbo.  Successivamente, insegna a mettere in atto  l’“inversione di abitudine”, ovvero strategie alternative preferibili al tic perché provocano meno disagio o passano più inosservate ma risultano ugualmente in grado di scaricare la tensione: ad esempio, respirare ritmicamente e lentamente al posto dello schiarirsi la gola, oppure mettere il collo in tensione invece che scuotere la testa. Un’altra strategia che fa parte della CBIT consiste  nell’esposizione e prevenzione della risposta: esporsi gradualmente alle situazioni che stimolano i tic, apprendendo a resistere più a lungo possibile all’impulso dei tic, abituandosi progressivamente a sperimentare la sensazione di urgenza senza mettere in atto il tic. Il fine non è sopprimere i tic, ma allenarsi a mettere in pratica comportamenti che sono incompatibili con i tic. La CBIT insegna anche a modificare le attività quotidiane in modo da attenuare i tic, dopo aver individuato le situazioni che più frequentemente innescano i tic in quella specifica persona.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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