Accade di frequente che i miei pazienti mi parlino con grande affetto dei loro nonni, presenze calde e accoglienti che a volte li hanno cresciuti e sostenuti più di quanto abbiano fatto i genitori. Oppure, sono essi stessi ad essere nonni e a raccontarsi in questo ruolo, con orgoglio, con gratificazione, ma anche con fatica, a volte con sensi di colpa, con dolore quando sono costretti a stare lontano dai nipoti, con preoccupazione quando sentono di non avere un legame affettivo con loro.
Lo stereotipo del nonno attribuisce a questa figura un fondamentale ruolo di sostegno affettivo ed educativo e nella maggior parte dei casi è così, ma non tutti i nonni, in realtà, corrispondono all’immagine edulcorata che la nostra cultura propone: ci sono nonni assenti, che non amano fare i nonni, che sostengono figli e nipoti solo in senso materiale, che non sono affettuosi ed emotivamente presenti. Numerosi fattori concorrono a determinare il modo con cui si forma l’identità di nonno: l’idea di nonnità costruita in base al rapporto con i propri nonni, il tipo di rapporto con i figli, le caratteristiche dei nipoti, il loro ordine di nascita, la loro età, il momento in cui vengono al mondo.
Diventare nonni e nonne comporta una ridefinizione dell’identità e una rielaborazione del rapporto con il proprio coniuge e con i figli, che diventano a loro volta genitori. Diventando nonni, si sperimenta di nuovo l’essere genitori, questa volta identificandosi con i figli che diventano genitori, tanto che il nipote è percepito come un prolungamento di sé. Ma la nonnità non può e non deve essere una rinnovata maternità o paternità: il piccolo ha già un padre e una madre, e può invece beneficiare di una figura diversa, di un tipo di rapporto peculiare, che non è possibile avere con i genitori.
Il rapporto che i nonni instaurano con i nipoti può essere più gratificante di quello che i nipoti vivono con i genitori, perché i nonni hanno una minore responsabilità educativa, non hanno il compito di insegnare abilità e di definire le regole, che spetta ai genitori, ma possono permettersi di prendersi cura dei nipoti in modo più giocoso e rilassato e con meno pressioni, possono godere maggiormente del piacere di stare insieme ai nipoti e sono più liberi dai doveri che gravano sui genitori. Molti si stupiscono di quanto il proprio genitore si trasformi una volta divenuto nonno, e sia con i nipoti molto meno rigido e più condiscendente. Il cambiamento è particolarmente evidente nell’uomo, che diventando nonno può sperimentare un ruolo più materno, un lato più femminile, una maggiore tenerezza, senza timore di perdere autorevolezza. Il legame tra nonni e nipoti può permettere una complicità e comprensione anche maggiori del legame con i genitori. I nonni hanno anche generalmente più tempo libero da dedicare ai bambini rispetto ai genitori e sono meno assorbiti nella realizzazione professionale, meno impegnati nel conseguire obiettivi o beni, anche se non sempre questo è vero, perché molti nonni lavorano o comunque, anche se pensionati, conducono una vita attiva.
Una particolarità di questi ultimi decenni è la possibilità che siano anche i nonni ad apprendere qualcosa dai nipoti, e non solo viceversa: i bambini, nativi digitali, frequentemente hanno infatti più competenze tecnologiche dei nonni. Si realizza perciò un proficuo scambio: il nipote introduce il nonno nel mondo tecnologico che padroneggia con disinvoltura, il nonno aiuta il nipote a sperimentarsi maggiormente nella realtà quotidiana e soprattutto nella dimensione del corpo. I nonni offrono inoltre ai nipoti un senso di appartenenza, i nipoti alimentano nei nonni la vitalità e l’impegno nel presente.
Se i nonni si pongono come sostituti dei genitori e assumono le redini dell’educazione dei nipoti – compito che spetta ai genitori-, delegittimano e svalutano il ruolo educativo dei genitori (“intervengo io a riprendere il bambino perché tu non ne sei capace”), disorientando il bambino. Così facendo, allontanano anche emotivamente il nipote, che perde la possibilità di sperimentare un rapporto diverso da quello con i genitori. I nonni non devono minacciare l’attaccamento del bambino verso i propri genitori, ponendosi più o meno consapevolmente in competizione. D’altra parte, i genitori hanno la responsabilità di non delegare ai nonni l’educazione dei figli: è dei genitori il dovere primario di stabilire le regole della formazione dei figli, a cui i nonni dovrebbero accordarsi e accodarsi, in modo da trasmettere ai piccoli una percezione di coerenza e chiarezza.
I nonni hanno un importante ruolo di sostegno della coppia genitoriale nei primi momenti dopo l’arrivo del bambino, non solo sul piano pratico (ad esempio sostituendosi alla madre mentre è ancora affaticata dal parto) ma soprattutto nel rassicurare, grazie alla propria esperienza, riguardo a paure e incertezze che tutti i neogenitori sperimentano. Possono svolgere un ruolo di supporto in periodi di crisi o in occasione di eventi che temporaneamente limitano la capacità dei genitori di accudire i figli, rappresentano inoltre, in occasione di separazioni e divorzi, un porto sicuro e stabile, che permette una percezione di continuità familiare e che offre una posizione equilibrata che bilancia le due parti. Ma dopo i primi momenti di maggiore difficoltà e insicurezza dei neogenitori, e al di fuori di circostanze eccezionali, i nonni dovrebbero fare un passo indietro, lasciare che i neogenitori si sperimentino da soli, vederli come adulti capaci, evitare di intervenire troppo, così come i genitori dovrebbero evitare di fare richieste eccessive ai nonni. Dovrebbe idealmente costruirsi un lavoro di squadra, in cui il ruolo dei nonni integra quello dei genitori.
Il passaggio all’essere nonni non è sempre e solo roseo e fonte di gioia, per diversi motivi. Per alcune persone può essere una tappa problematica perché sottolinea il proprio invecchiamento e ne richiede l’accettazione, perché rappresenta una svolta che implica un bilancio della propria vita e una retrocessione in seconda linea. Alcuni possono essere spaventati dalla responsabilità di avere un nipote, o sentire come troppo stancante gestire un bambino, o temere di perdere la propria libertà. Se il rapporto con i figli non è buono, possono essere i figli stessi a voler tenere i nonni lontani dai nipoti, oppure a vivere male e con gelosia e rabbia le cure che i nonni prestano ai nipoti e che invece non erano stati capaci di prestare a loro, da genitori. Emozioni e sentimenti di cui ci si vergogna o ci si sente in colpa, e che è raro poter confidare a qualcuno, anche perché quando nasce un bambino tutti sono concentrati sul vissuto dei genitori e a nessuno viene in mente di domandarsi e domandare quale sia la condizione emotiva dei nonni. Ogni modo di reagire è però il risultato di una storia e va compreso, anche perché, del resto, non si sceglie di essere nonni, ma ci si ritrova senza poterlo decidere.
Il ruolo dei nonni non è prestabilito, non è fisso: non è scontato che debbano occuparsi dei nipoti, non ci sono regole su quanto debbano essere presenti nella vita dei nipoti e sul tipo di supporto che possono dare. Ognuno dovrebbe onestamente riflettere su quanto è disposto a spendersi nel ruolo di nonno, nel modo più consono per sé e che allo stesso tempo trasmetta qualcosa di buono ai nipoti: meglio poco ma con il desiderio di farlo, piuttosto che una presenza estorta malvolentieri, che non giova a nessuno.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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