Troppo spesso apprendiamo notizie di orribili episodi di violenza su animali, gli ultimi solo pochi giorni fa. A volte gli autori sono adulti, altre volte adolescenti o bambini. Sono notizie che colpiscono profondamente perché gli animali sono creature fragili e indifese e i crimini contro di loro ci disgustano per la sproporzione del potere tra vittima e carnefice, e in caso gli autori siano bambini e ragazzi, ci sconcertano per la crudeltà di cui non li immaginavamo capaci.
La violenza e la crudeltà esercitate da bambini e ragazzi sugli animali non sono solo una questione di rispetto per gli animali, ma sono anche un forte segnale di allarme perché predittori di crimini contro le persone in età adulta. Gli studi sull’argomento ci forniscono dati inquietanti: bambini e adolescenti che compiono violenze sugli animali hanno una maggiore probabilità di avere da adulti comportamenti pericolosi e criminali. Anche se non tutti coloro che maltrattano gli animali da piccoli sviluppano poi condotte devianti verso le persone, gli studi evidenziano che, tra coloro che da adulti hanno commesso crimini, la maggior parte, se non la totalità, ha precedenti di grave violenza su animali. In particolare, emerge una forte correlazione tra maltrattamento di animali, violenza su donne e minori e stalking.
Diventa a maggior ragione indispensabile e indifferibile un’attenzione all’educazione dei bambini al rispetto degli animali, in primo luogo in seno alla famiglia, dove maggiormente si pongono le basi per sviluppare l’empatia: la capacità di mettersi al posto dell’altro, di immaginare la sua sofferenza, di provare compassione, che si tratti di un altro essere umano o di un animale.
In che modo i genitori possono alimentare nei bambini il rispetto per gli altri esseri viventi? Vediamo alcuni possibili strumenti:
– Rispetto non significa necessariamente amore. Sebbene un sentimento di amore verso gli animali sia certamente auspicabile, non è però, come tutti i sentimenti, sotto il nostro controllo volontario. È possibile che alcune persone non provino amore per alcuni animali o per gli animali in genere, per diversi motivi. Non possiamo perciò pretendere dai bambini un sentimento o una simpatia. Ciò che invece è in nostro controllo è il comportamento, che deve essere rispettoso e improntato a non fare del male, indipendentemente dal fatto che un animale ci piaccia, o ci disgusti, o ci spaventi. Dobbiamo spiegare che tutti gli esseri viventi, anche se ci appaiono brutti e spaventosi, hanno un ruolo essenziale nel nostro pianeta e nell’equilibrio della natura.
– Dare l’esempio. L’insegnamento principale è sempre l’esempio del genitore, con il suo atteggiamento nei confronti degli animali. Come detto sopra, può accadere che un genitore non ami particolarmente gli animali, oppure abbia una vera fobia verso una certa specie. In questo caso è importante che l’adulto lavori su di sé per non condizionare anche i figli, ma soprattutto che trasmetta il messaggio che, pur avendo avversione verso un animale, è comunque possibile e necessario rispettarne la vita e non provocare sofferenza inutile.
– Spiegare che tutti gli animali provano dolore se sono maltrattati, spostati dal proprio habitat, catturati, mutilati, uccisi. Gli animali non sono solo cani e gatti e gli altri animali da compagnia. Se ci indigniamo per il maltrattamento di un cane e di un gatto, dobbiamo farlo anche per tutti gli altri esseri viventi. Tutti hanno la stessa dignità e hanno lo stesso diritto di vivere, di restare nel loro ambiente, di essere liberi. Insegnare questo significa confrontarsi con le enormi contraddizioni e ipocrisie per cui coccoliamo un gattino ma mangiamo senza scrupoli un pollo o un maiale, un confronto scomodo perché ai bambini non sfuggono le incoerenze e anzi mettono il dito nella piaga e può essere più semplice per un adulto evitare il discorso. Eppure anche di fronte a contraddizioni che un singolo, per quanto virtuoso, non può sanare, è possibile ispirarsi a un principio come quello del provocare meno sofferenza possibile a un altro essere vivente: se singolarmente non abbiamo il potere di modificare meccanismi giganteschi come quelli degli allevamenti intensivi e dello sfruttamento animale su scala industriale, possiamo intanto evitare agli animali la quota di sofferenza evitabile che dipende da noi.
–Impedire di catturare per puro divertimento insetti, lucertole, animali marini come tutti quelli che ogni estate subiscono la tortura di finire nei secchielli per gioco e che sono destinati a morire anche se rimessi in acqua. Fino a pochi anni fa era considerato normale che un bambino catturasse per divertimento granchi, vongole, stelle marine, sotto lo sguardo divertito o persino orgoglioso del genitore. Oggi si sta diffondendo una maggiore sensibilità verso la vita e la sofferenza di tutte le creature e gli adulti hanno il compito di incoraggiare nei bambini la stessa consapevolezza e di interrompere con fermezza i comportamenti sbagliati.
– Insegnare a prendersi cura con responsabilità degli animali domestici. Quante volte i genitori dicono con aria rassegnata: “Ha voluto il cagnolino. I primi tempi se ne occupava, ma passato l’entusiasmo iniziale, adesso tocca farlo a me”. Nessuno dei genitori con cui ho parlato finora ha insistito: “Tanto già me lo immaginavo, che sarebbe finita così”. Se già lo immaginiamo, dovremmo ponderare meglio la decisione. In ogni caso, il modo migliore per aiutare una persona a diventare responsabile, è assegnarle delle responsabilità, perciò dobbiamo perseverare nell’aiutare i bambini ad assumere le loro piccole responsabilità nella cura di un animale domestico, soprattutto se essi lo hanno desiderato e chiesto. Può trattarsi di piccoli gesti proporzionati all’età del bambino, come riempire d’acqua la ciotola o spazzolarlo: non conta la specifica azione, quanto il significato di impegno e responsabilità, che come adulti abbiamo il dovere di coltivare nei bambini, con altrettanto impegno e responsabilità.
–Accompagnare i bambini a osservare gli animali nei loro ambienti di vita naturali, evitando zoo e circhi e accompagnarli nel documentarsi attraverso libri e video, film, cartoni animati, giochi. Si può partire ad esempio dal proprio animale domestico per conoscerne meglio caratteristiche e bisogni. Questo permette anche di non umanizzare eccessivamente gli animali, a loro discapito, ma di vederli come sono in realtà.
–Spiegare come approcciarsi a un animale: le regole per avvicinarsi, il modo giusto di toccarlo e accarezzarlo, i segnali che avvertono che l’animale è spaventato o arrabbiato o che non vuole essere disturbato. In questo modo è possibile anche prevenire incidenti e reazioni dell’animale che, sotto stress, potrebbe graffiare o mordere.
–Non sottovalutare ogni forma di aggressività verso gli animali e intervenire tempestivamente per comprendere le cause e fermarla. Un bambino, soprattutto se in età prescolare, potrebbe maltrattare un animale perché maldestro, perché impulsivo, perché ancora inconsapevole di cosa un animale provi. Potrebbe maltrattare perché così ha visto fare dagli adulti di riferimento o dai pari, per emulazione, per mostrarsi spavaldo e “forte”. In altri casi possono essere presenti disturbi psicopatologici, come il disturbo reattivo dell’attaccamento e il disturbo della condotta. Nel primo, il bambino presenta una modalità di relazione sociale inadeguata a causa di un accudimento patologico in cui i suoi bisogni sono stati trascurati. In questo contesto la violenza su animali può essere dovuta a incapacità a provare empatia immedesimandosi nella sofferenza di un altro, e alla mancanza di un’ educazione a riconoscere nell’animale un essere vivente dotato di diritti. Il disturbo della condotta è caratterizzato da prepotenze, minacce, aggressioni verso oggetti e persone, violazione delle regole e dei diritti degli altri. Anche in questo caso il bambino è stato spesso oggetto di trascuratezza, abusi o emarginazione. L’animale è identificato come vittima ideale su cui scaricare rabbia e frustrazione in quanto indifeso. I bambini che maltrattano gli animali si sentono spesso insicuri e impotenti e recuperano un illusorio senso di potenza tormentando una vittima inerme o mostrandosi forti e sprezzanti agli occhi di un gruppo di coetanei che assiste.
Anche al di fuori di conclamati disturbi psicopatologici e di situazioni di trascuratezza familiare, la generale difficoltà attuale di bambini e ragazzi a riconoscere le proprie emozioni e a empatizzare con quelle degli altri costituisce un fattore di rischio per la messa in atto di comportamenti violenti sugli animali, oltre che sugli esseri umani, pertanto come adulti dobbiamo con urgenza invertire la rotta e dedicare massima cura ed energie nel coltivare questa capacità necessaria al vivere civile.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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