«Quante storie per un po’ di dolore, tutte abbiamo il ciclo e sopportiamo, prenditi una pasticca e finiscila!», «Non vieni a lavorare per il mal di pancia? Quante scuse pur di stare a casa!», «Questo dolore che lei sente durante i rapporti non ha spiegazione…perché non va da uno psicologo? Magari ha avuto un trauma che non ricorda», «Se non riesci a rimanere incinta ma non c’è una causa, è perché ci pensi troppo, oppure inconsciamente non lo vuoi».
Ci sono donne che si sentono ripetere parole come queste per anni da familiari, amiche, medici, psicologi, finchè alla fine si rassegnano e ci credono. Pensano di essere strane, pazze, deboli, frigide; si sentono in colpa per non riuscire a tollerare un dolore che le altre tengono a bada e si sentono estranee al proprio stesso corpo che non segue i loro desideri. Finchè dopo dieci anni (il tempo che occorre in media per avere una diagnosi, ma possono passarne anche venti o più), finalmente un medico più preparato e attento pronuncia le quattro parole che cambiano la vita: «Lei ha l’endometriosi». E anche se la notizia della malattia è scioccante, però dà almeno un senso a tutto e fa dire quasi con sollievo «Allora non sono pazza, avevo ragione io».
L’endometriosi è una malattia ginecologica cronica e invalidante, in cui il tessuto che normalmente riveste l’interno dell’utero prolifera anche in altre sedi invadendo altri organi, di solito ovaie, tube, vescica, intestino. Il tessuto si comporta come quello uterino, perciò durante le mestruazioni sanguina; il sangue, non potendo essere espulso, si accumula creando aderenze, cicatrici e infiammazione. A seconda del numero ed estensione di cisti e focolai, si distinguono quattro livelli di gravità. Il sintomo più frequente è un dolore pelvico intenso, soprattutto durante le mestruazioni, l’ovulazione e i rapporti sessuali. Cistiti, problemi intestinali e mal di schiena sono altre manifestazioni. In altri casi, è del tutto asintomatica. L’endometriosi è anche tra le prime tre cause di infertilità femminile.
I trattamenti prevedono principalmente la pillola contraccettiva, i progestinici, l’intervento chirurgico e i farmaci antidolorifici; le terapie non guariscono l’endometriosi, che tende a ripresentarsi, ma permettono di tenerne sotto controllo i sintomi.
Una donna su dieci soffre di endometriosi, ma molto spesso non lo sa. La diagnosi arriva di solito con un ritardo di molti anni perché la malattia è stata finora poco conosciuta e sottovalutata. Solo l’anno scorso è stata inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) permettendo l’esenzione per alcuni esami e oggi finalmente aumenta l’attenzione del mondo medico verso la patologia. Marzo è il mese dedicato alla sensibilizzazione sulla malattia con numerose iniziative (un valido punto di riferimento per avere informazioni è ad esempio il sito internet dell’associazione A.P.E. onlus), tra cui la Marcia Mondiale contro l’endometriosi prevista a Roma il 24 marzo.
Una donna malata di endometriosi può essere molto provata sul piano emotivo. Deve convivere con il dolore, in alcuni casi così forte da essere descritto come superiore a quello del parto. Il dolore può costringere a letto, impedire di lavorare, ostacolare la vita sociale.
Il dolore nei rapporti sessuali può limitare la vita sessuale e creare incomprensioni e tensioni nella coppia (soprattutto quando non si sa di avere l’endometriosi), provocare frustrazione, mortificazione, sensi di colpa. L’infertilità di per sé è una dolorosa ferita narcisistica e una frattura dei propri progetti esistenziali che richiede una faticosa elaborazione. A tutta questa sofferenza, già imponente, si aggiunge quella di non essere creduta e compresa, di essere schernita, di essere magari licenziata perché «Con questa storia ci marci!».
Persino tra malate, il diverso grado di gravità e di conseguenze può creare incomprensioni perchè chi ha una sofferenza lieve accusa le altre di esagerare e propone facili rimedi totalmente inadeguati per le condizioni più gravi. Anche quando finalmente la diagnosi è arrivata e almeno si sa di cosa si soffre, è difficile trovare comprensione. Molte donne sono comunque restie a parlare di mestruazioni o dolori sessuali temendo reazioni di disgusto o di scherno; la maggior parte delle persone non ha idea di cosa sia l’endometriosi e non ha neanche curiosità di saperlo; persino negli studi medici può capitare che uno specialista non ginecologo non sappia neanche come si scrive, la parola “endometriosi”. Il senso di solitudine e incomunicabilità che ne deriva può essere pesante. Spesso è nei siti internet e nei gruppi creati sui social network che molte trovano solidarietà, comprensione e conforto, oltre ad informazioni. È fondamentale allora far conoscere la malattia, sensibilizzare, perché tante donne possano ricevere una diagnosi più precoce e godere di una migliore qualità della vita e perché le persone vicine comprendano la reale gravità della condizione.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Tel. 339.5428950