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False identità, l’inganno sui social

I "catfish" sono persone che intrattengono relazioni online mantenendo una falsa identità. Ma cosa spinge una persona a creare un profilo falso? A spiegarcelo è la psicoterapeuta Lucia Montesi

La psicoterapeuta Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Anche chi abitualmente snobba certi salotti televisivi dedicati al gossip, avrà probabilmente sentito parlare, di recente, del finto matrimonio della soubrette Pamela Prati con un fantomatico Mark Caltagirone. Al di là del fatto specifico, rivelatosi un bluff abilmente orchestrato, la vicenda ha messo in luce il fenomeno dei cosiddetti “catfish”, persone che creano una falsa identità online, per coinvolgere altre persone in relazioni online, anche di tipo sentimentale. Eventualità tutt’altro che rara: si stima che circa 87 milioni di profili Facebook siano falsi.

Cosa spinge una persona a creare un profilo falso, e soprattutto a instaurare e mantenere relazioni affettive e amicali nascondendosi dietro una falsa identità?
Una dei motivi più frequenti è poter esplorare ruoli e generi diversi dal proprio. Nella maggior parte dei casi, infatti, la falsa identità è del sesso opposto a quello reale. Può essere un modo per agire sentimenti omosessuali, per esprimere lati di sé che normalmente si nascondono per timore del giudizio, per sperimentare come si verrebbe trattati se si fosse del sesso opposto. Una donna potrebbe fingersi uomo per poter conversare senza subire avances sgradite, o per partecipare a gruppi tipicamente maschili; un uomo potrebbe fingersi donna per poter allacciare più facilmente amicizie con altre donne da cui poter ricevere attenzione, premura e tenerezza, essendo di solito i rapporti tra donne meno aggressivi e più cordiali.

In altri casi, si tratta di persone con gravi difficoltà di socializzazione, paura di non essere accettate, o con un disagio legato all’aspetto fisico. «Appena invio una mia foto, smettono di chattare con me…»: sperano, mostrandosi diverse da come sono, di aggirare il rifiuto immediato e avere l’occasione di farsi apprezzare per il modo di essere e per le loro qualità interiori. Una volta scoperte, infatti, possono cercare di sminuire l’inganno, attribuendo all’aspetto fisico, o addirittura al genere, su cui hanno mentito, un’importanza relativa: «In fondo cosa cambia? I miei sentimenti sono veri, quello che provo per te è reale».

Altri motivi sconfinano nella criminalità: instaurare una relazione affettiva per ottenere vantaggi economici come regali o aiuti in denaro; estorcere denaro ricattando la vittima, minacciandola di divulgare materiale imbarazzante; vendette personali e professionali; truffe.

Una volta avviata una relazione sentimentale online, diventa sempre più pressante, dall’altra parte, la richiesta di un maggiore contatto e di un incontro, ed è sempre più difficile, per il catfish, evitare telefonate, videochiamate e incontri di persona che svelerebbero la reale identità. Pur di proseguire e ritardare la fine del rapporto, l’inganno si amplia ulteriormente creando non solo profili personali falsi corredati di immagini rubate ad altri e di informazioni fittizie e false biografie, ma anche profili falsi di amici falsi, una spirale da cui è sempre più difficile uscire. Si inventano incidenti, malattie, viaggi, problemi di lavoro, webcam rotte, problemi alla linea telefonica, per procrastinare all’infinito il momento dell’incontro dal vivo.

Ma come è possibile cadere nella trappola? «Come si fa ad abboccare, a essere così stupidi?», «Come puoi innamorarti di uno che non hai mai visto?», «A me non succederebbe mai!»: nessuno accetta l’idea che possa accadere a un individuo mediamente intelligente, e deride chi si fa raggirare.

In realtà la comunicazione virtuale segue delle logiche diverse da quella vis-à-vis. Le relazioni online possono diventare facilmente e velocemente molto più intime e profonde di quelle reali. Da una parte ci si sente liberi di mostrarsi come si è, senza le consuete remore sociali e morali, a causa della disinibizione provocato dal web, potendo esprimere parti di sé che normalmente non emergono, o potendo sottolineare solo certi aspetti del carattere nascondendone altri. Dall’ altra parte, si tende a mostrare il meglio di sé, ciò che si vorrebbe essere, o che si pensa si dovrebbe essere, dando un’immagine idealizzata di sé. Soprattutto per le persone insicure, il web stimola la tendenza a costruire e mostrare un falso sé, che può finire per prendere il sopravvento su quello reale.

Apertura, grande vicinanza emotiva, distanza fisica e al contempo idealizzazione dell’altro: le frasi tipiche che ci si scambia in queste chat sono «Nessuno mi capisce come te», «Non mi sono mai aperto così tanto con nessuno». L’idealizzazione permette di proiettare sull’altro ciò di cui abbiamo bisogno e la distanza permette di evitare il confronto con la realtà e il ridimensionamento delle aspettative. L’attesa dell’incontro è eccitante ed è alimentata da dichiarazioni di desiderio: «Non vedo l’ora di vederti», «Finalmente tra poco potrò stringerti». Il fatto che l’altro sia in parte irraggiungibile risulta intrigante, tiene sulle spine e viene controbilanciato dalle promesse, dalle spassionate dichiarazioni di amore, dalle innumerevoli attenzioni, che possono fare presa soprattutto su persone sole o sofferenti. La comunicazione virtuale non permette di cogliere i segnali dell’inganno: manca la possibilità di vedere le espressioni dell’altro, il suo sguardo, manca la voce che tradisce le emozioni.

Dall’altra parte, anche chi inganna può sviluppare una dipendenza dalla relazione e non riuscire a smettere, pur sentendosi in colpa e riconoscendo che sta sbagliando. Il catfish non è sempre una persona malvagia e insensibile che si prende gioco degli altri: spesso, anzi, vittima e carnefice provengono dalla stessa condizione di marginalità e sofferenza.

Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Consulenza anche via Skype
Tel. 339.5428950