Le vestono, le cullano, danno loro da mangiare, parlano con loro, le portano a passeggio al parco. Sono sempre più numerose le donne adulte che trovano piacevole e gratificante accudire bambole come se fossero bambini reali. E ad un occhio non attento, possono effettivamente sembrare mamme con i loro piccoli: le bambole Reborn (“rinate”) sono infatti bambole molto realistiche realizzate in vinile o silicone che riproducono in modo incredibilmente verosimile le fattezze di un neonato o di un bambino piccolo.
Ogni dettaglio è estremamente curato, la pelle appare come quella di un neonato, compresi rossore, venuzze e piccole imperfezioni. L’abbigliamento è quello normalmente utilizzato per i bambini, così come anche gli accessori sono reali e non hanno le fattezze di giocattoli. In questo modo le bambole Reborn possono essere facilmente scambiate per bambini, anche perché riproducono in genere neonati o bambini sotto un anno di età, in modo che l’immobilità risulti meno sospetta.
Nate negli Stati Uniti a fine anni ‘80 e destinate inizialmente a un pubblico di collezionisti adulti, attualmente le bambole Reborn rappresentano un fenomeno in crescita esponenziale capace di suscitare reazioni molto differenti, dall’ammirazione all’inquietudine, dal fascino alla critica sbeffeggiante. Il mercato si è prontamente adeguato, abbassando i prezzi (che inizialmente lievitavano fino a migliaia di euro), passando dalla produzione artigianale ad una produzione industriale su ampia scala.
Le bambole Reborn possono avere un utilizzo in ostetricia, nei corsi di preparazione al parto, oppure nel cinema in tutti i casi in cui debba figurare un bambino piccolo. Ma l’utilizzo delle Reborn attualmente va ben oltre questi settori di nicchia: basta osservare l’enorme seguito che sui social hanno le influencer che propongono questi contenuti.
Sono più numerose di quanto si pensi le donne di ogni età che ammettono di prendersi cura di queste bambole. Da un lato ne parlano come di un piacevole gioco che le diverte e le rilassa, dall’altro ammettono che si tratta anche di un modo per accudire un “bambino“ senza tutti gli aspetti negativi di una genitorialità reale, venendo a mancare la responsabilità ed essendo, le bambole, dei surrogati che a differenza dei bambini reali non protestano, non fanno capricci, non hanno una volontà propria e sono quindi a completa disposizione dei bisogni dell’essere umano. Le “mamme Reborn“ trovano anche appagante ricevere i sorrisi e i complimenti delle persone che scambiano le bambole per veri neonati e magari si congratulano per come sono buoni, tranquilli e silenziosi.
Al di là del fenomeno delle Reborn, non sono rare le donne adulte che riferiscono di giocare con le classiche bambole. Solitamente non si tratta dei giochi di ruolo tipici del gioco tra bambino e bambola: più spesso le vestono, le pettinano, le fotografano creando delle scenette che poi postano sui social. Anche nel caso delle Reborn, la maggior parte delle donne che le utilizza lo fa per gioco, ben consapevole che si tratta di oggetti inanimati.
Alcune persone sembrano peró andare oltre il semplice gioco nel modo in cui si rapportano alle loro bambole Reborn, mostrando un attaccamento morboso. Possono ad esempio portarle dal pediatra perché le visiti, cercare una babysitter che se ne occupi in loro assenza, o pretendere che anche altri membri della famiglia si rapportino alla bambola come se fosse un bambino reale. In questi casi il confine tra realtà e gioco diventa troppo sfumato, tanto da far supporre che vi sia una perdita dell’esame di realtà: una manifestazione psicotica quindi, ovvero un grave sintomo psichico.
Se in alcuni casi questi eccessi sono parte di un gioco provocatorio oppure sono semplicemente una strategia di marketing finalizzata ad avere seguito sui social e/o alla vendita delle Reborn, in altri appaiono come segni di un patologico scollamento dalla realtà che rischiano di essere sottovalutati o anzi oscurati a scopo di lucro, a causa del successo mediatico del fenomeno.
In rete, anche in siti che propongono argomenti di psicologia, si trovano numerosi articoli in cui viene riportato l’uso terapeutico delle bambole Reborn sia in caso di lutto per la perdita di un bambino e di infertilità, sia per persone affette da demenza. Anche sui social, tra i commenti che affollano i post sulle bambole Reborn, ce ne sono sempre alcuni che citano questo uso terapeutico.
Occorre sfatare questo mito e fare chiarezza, in quanto si tratta di informazioni errate e fuorvianti: in caso di lutto nessuno specialista della salute mentale consiglierebbe mai l’utilizzo di queste bambole per lenire la sofferenza o per elaborare la perdita, mentre nel caso delle demenze le bambole utilizzate nella cosiddetta Therapy Doll (terapia della bambola), sono completamente diverse.
Nel caso della perdita di un bambino o di impossibilità di concepirlo, proporre un sostituto nella bambola Reborn non solo non è utile ma anzi è dannoso perché ostacola e blocca il processo di elaborazione del lutto. Elaborare il lutto di una morte o di una impossibilità richiede di attraversare il dolore per poi superarlo, mentre offrire un sostituto contribuisce alla negazione della realtà, fino al rischio di una confusione tra realtà e immaginazione e dello sviluppo di un delirio. Negazione e incredulità sono reazioni normali all’inizio di ogni lutto, ma normalmente devono poi essere superate per lasciare spazio alla consapevolezza e all’accettazione della realtà.
Nel caso delle persone con demenza, si è osservato che per alcune accudire una bambola può essere di beneficio perché migliora le problematiche comportamentali, diminuisce l’aggressività e l’affaccendamento, stimola ricordi positivi. Si tratta però di bambole che, anche se particolari e diverse dalle comuni bambole giocattolo, non hanno nulla a che fare con le Reborn, sono di pezza, molto poco realistiche e abbastanza grossolane nell’aspetto.
Le bambole Reborn sono quindi apprezzabili come una forma d’arte, utilizzabili per forme di gioco e svago, ma sono anche oggetti perturbanti che alcuni trovano inquietanti e angoscianti in quanto simili a bambini deceduti. In ogni caso, non hanno assolutamente nessuna indicazione terapeutica e possono in certi casi essere addirittura dannose.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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