ANCONA- Con 14 casi ogni 1000 assistiti, le Marche sono tra le Regioni più colpite in Italia dalle sindromi influenzali. Sono questi i dati della Rete Influnet, la rete Italiana di Sorveglianza sull’Influenza, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) con il sostegno del Ministero della Salute.
«Solitamente i casi oscillano fra i 6 e i 10 ogni 1000 assistiti, e se non si superano i 13 casi la situazione è nella norma – spiega Andrea Giacometti, direttore della Clinica di Infettivologia degli Ospedali Riuniti di Ancona – nelle Marche attualmente con 14 casi ogni 1000 assistiti abbiamo superato la media nazionale di 11 casi».
Numerose le cause che hanno portato a questa larga diffusione dell’epidemia influenzale sul territorio, tra le quali «La scarsa copertura vaccinale e il clima caratterizzato da alternanza di temperature calde e fredde», come spiega il primario di Torrette.
La fascia di età maggiormente colpita è quella dei bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva un’incidenza pari a circa 29,2 casi per 1000 assistiti e quella tra 5 e 14 anni con valori di 19,0 casi. «Nei bambini il periodo di contagiosità è più prolungato rispetto a quello medio degli adulti, anche fino a 1-2 settimane dopo la risoluzione dei sintomi – spiega Giacometti – perché il loro sistema immunitario è meno efficiente nell’eliminare completamente il virus. Pertanto, per non favorire il contagio nelle scuole sarebbe opportuno tenerli a casa, tra periodo di malattia e convalescenza, anche fino a 2 settimane in modo che possano eradicare il virus dall’organismo, evitare il rischio di incorrere in ricadute e di trasmettere l’infezione ad altri. Con il picco influenzale previsto entro fine gennaio, si prevede che le assenze da scuola saranno rilevanti, oltre 30 bambini ogni 1000 assistiti resteranno a casa».
Brusco aumento anche negli anziani in cui l’incidenza registrata è pari a 6,3 casi per 1000 assistiti. «Dopo Natale e in particolare nell’ultima settimana, abbiamo riscontrato aumento degli accessi del 20 – 25% rispetto ai consueti, un incremento da ricondurre verosimilmente all’epidemia dell’influenza – precisa Antonio Cherubini, direttore dell’Accettazione Geriatrica d’Urgenza-Punto di Primo Intervento dell’Inrca – gli anziani arrivano con problemi respiratori, febbre alta o con un peggioramento di altre patologie preesistenti, scatenato dallo stato infettivo. Molti sono anche quelli che arrivano in condizioni gravi».
All’Accettazione Geriatrica d’Urgenza dell’Inrca, afferiscono principalmente i pazienti con più di 80 anni, ma è garantito l’accesso spontaneo anche ai pazienti over 65. «L’anno scorso è stata una stagione influenzale terribile che ha registrato un aumento della mortalità negli anziani – sottolinea Cherubini – quest’anno dobbiamo ancora attendere per fare un bilancio, anche perché il picco influenzale non c’è ancora stato. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso siamo più o meno agli stessi livelli. L’unica differenza con il 2017 è che quest’anno l’influenza è partita più tardi, specie nella popolazione anziana».
È proprio tra gli over 65 che si registra il 90% dei decessi dovuti a complicanze influenzali. «Una mortalità che ogni anno in Italia tocca valori tra i 5000 e gli 8000 decessi – precisa Andrea Giacometti – nelle categorie a rischio».
Una malattia, quella influenzale, che di per se non è pericolosa, ma che può portare, come spiega il primario di Torrette «Nei soggetti affetti da patologie croniche a complicanze importanti quali polmoniti, miocarditi ed encefaliti. I soggetti a rischio sono quelli affetti da cardiopatie (cardiopatie congenite, infartuati, soggetti con forte ipertensione, insufficienza coronarica), malattie respiratorie (asma, broncopneumopatie croniche ostruttive, fibrosi cistica, forti fumatori), insufficienza renale, diabete e immunodepressione (malati oncologici in trattamento chemioterapico, soggetti con infezione da HIV, pazienti in trattamento con cortisonici in dosaggi importanti, trapiantati d’organo).
Tutte questa categorie dovrebbero vaccinarsi, sarebbe stato opportuno farlo entro il mese di novembre, tuttavia i soggetti a rischio che non hanno ancora provveduto alla vaccinazione, possono ancora effettuarla, facendone richiesta al proprio medico di base o acquistandola nelle farmacie. Perché il vaccino funzioni servono almeno 10 giorni, vaccinandosi in questo periodo è possibile essere preparati quando arriverà il picco, non è ancora troppo tardi. Oltre alle categorie a rischio dovrebbero vaccinarsi i grandi fumatori e chi lavora in ambienti polverosi, perché hanno le vie respiratorie “indebolite” da inquinanti e altri fattori chimico-fisici. Poi ci sono le categorie professionali come le Forze dell’ordine, gli infermieri, i medici, gli operatori sanitari e i volontari della Croce Rossa, oltre agli educatori e insegnanti».
I ceppi che circolano quest’anno sono essenzialmente due, «l’H1N1 e l’H3N2, ma anche il virus di tipo B è presente – sottolinea Giacometti – e a Torrette abbiamo un paziente ricoverato per le complicanze di questa forma virale. Il contagio avviene attraverso le goccioline di saliva trasmesse con i colpi di tosse, gli starnuti o anche semplicemente parlando ad una distanza non superiore a 1,5-2 metri. Un contagio che può avvenire anche attraverso una stretta di mano, se questa è sporca e viene portata a contatto la bocca o gli occhi. La diffusione avviene maggiormente nei luoghi affollati. Il problema è che si è contagiosi anche quando non si sono ancora manifestati i primi sintomi e quindi si sta ancora lavorando o si va a scuola, nel caso dei bambini. L’incubazione dura da 1 a 3 giorni e gli adulti restano contagiosi fino a 5 giorni dopo aver contratto il virus, mentre nei bambini il virus può essere presente fino a due settimane.
La sintomatologia ha un esordio brusco caratterizzato da brividi, dolori alle ossa, malessere generale, stanchezza, dolori muscolari alle gambe e ai reni, mal di testa. Spesso si associano anche raffreddore, mal di gola, dolore tracheale dietro allo sterno e fotofobia (fastidio alla luce). I sintomi possono durare per 3-4 giorni e rapidamente come sono arrivati possono scomparire. La febbre può arrivare anche a 40 e la convalescenza è più rapida nei giovani, anche 1-2 giorni, mentre nell’anziano può durare più di 1 settimana, sempre che non compaiono complicanze. Un ultimo consiglio per i genitori: non dare mai farmaci a base di acido acetilsalicilico ai ragazzi al di sotto dei 15 anni di età, meglio somministrare paracetamolo, poiché nelle sindromi influenzali altrimenti si rischia la Sindrome di Reye, una patologia molto grave».