Benessere

Meteoropatia, gli effetti di freddo e maltempo sulla psiche

Le condizioni meteorologiche possono provocare depressione, nervosismo, disturbi fisici e alterare la capacità di giudicare il comportamento altrui

Lucia Montesi
Lucia Montesi

Malessere, inquietudine, malumore, disturbi fisici: quasi un terzo della popolazione risente delle influenze meteolorogiche, in particolare anziani, bambini e persone di mezza età. La meteoropatia indica un insieme di disturbi fisici e psichici di tipo neurovegetativo correlati a certe condizioni atmosferiche. Le manifestazioni più frequenti sono nervosismo, depressione, ansia, insonnia, difficoltà di concentrazione e memoria, e ancora palpitazioni, mal di testa, sudorazione, nausea, pressione bassa, affanno, stanchezza. Chi soffre di patologie come reumatismi o sbalzi di pressione, o ha degli esiti di traumi o interventi chirurgici come cicatrici o ferite, avverte una riacutizzazione dei sintomi o del dolore, e in base al presentarsi del disturbo, può prevedere con ore di anticipo l’arrivo di una perturbazione e della pioggia.

 

Una causa di queste manifestazioni è l’abbassamento della pressione atmosferica, in grado, ad esempio, di aumentare la sensibilità al dolore fino al 50% in più rispetto al consueto.

La temperatura dell’aria è il fattore che influenza in modo più determinante il nostro benessere. Il corpo è in grado di termoregolarsi e di mantenere costantemente i 36, 5°, ma può tollerare una temperatura fino anche a -60°. È l’ipotalamo l’organo deputato a governare i meccanismi di termoregolazione inviando segnali ad altri distretti corporei. Quando fa freddo, i vasi sanguigni si restringono per ridurre la perdita di calore, l’ipotalamo dirotta il sangue dalla pelle verso organi importanti come cuore e cervello, per irrorarli adeguatamente. Di solito il freddo ha un effetto benefico sulle funzioni cerebrali, mentre il caldo, dilatando vene e arterie, rallenta la circolazione e rende le prestazioni cognitive meno brillanti. Funzioniamo meglio con il freddo anche perché il corpo deve utilizzare meno glucosio per mantenere la temperatura interna, rispetto a tutto il glucosio che consuma per raffreddarsi quando fa molto caldo. Quando è freddo, insomma, resta una maggior quantità di glucosio disponibile che possiamo spendere per più efficaci prestazioni mentali.  Ma sono soprattutto i passaggi bruschi dal caldo al freddo e viceversa a mettere alla prova i processi di termoregolazione, potendo influire, temporaneamente, sulla nostra efficienza nel pensare e nel prendere decisioni o trovare soluzioni.

A rendere il quadro più complesso, si aggiunge il fatto che nella stagione fredda c’è meno luce solare, che normalmente stimola la produzione di adrenalina, noradrenalina e cortisolo, che attivano e “svegliano”. Nelle giornate invernali o di pioggia con meno luce, calano perciò queste sostanze attivanti e circolano maggiormente sostanze come melatonina e serotonina che favoriscono il sonno e possono determinare quel malumore e quell’ apatia tipiche delle giornate uggiose. È anche noto che le basse temperature rendono le persone meno socievoli e più inclini agli stati depressivi.

Molte persone si sentono a disagio anche quando sta per arrivare un temporale, avvertono nervosismo, difficoltà a concentrarsi, disturbi del sonno, mal di testa. Accade perché il temporale produce una variazione nella distribuzione delle cariche elettriche nell’atmosfera influenzando anche le correnti elettriche biologiche che attraversano il nostro corpo. In particolare, è l’eccesso di ioni positivi procurato dal temporale a determinare il malessere che avvertiamo.

Caldo e freddo sembrano riuscire a influenzare anche decisioni importanti, come valutazioni e giudizi interpersonali. In un esperimento, la temperatura della stanza in cui si trovavano i soggetti della ricerca, era in grado di determinare la loro tendenza a giudicare la colpevolezza di individui autori di reati: quando si trovavano in una stanza molto fredda, tendevano a giudicare il reato come compiuto spietatamente a mente – appunto – fredda e con premeditazione; se si trovavano in una stanza molto calda, valutavano gli stessi crimini come compiuti in modo impulsivo. Un altro studio ha rilevato che il semplice tenere tra le mani una tazza di una bevanda calda, porta il soggetto a percepire in modo più “caldo” l’interlocutore e ad essere più bendisposto e fiducioso nei suoi confronti, rispetto a quando ha in mano una bevanda fredda. Viene persino suggerito ai venditori di sfruttare questo fenomeno offrendo ai clienti qualcosa di caldo da bere…attenzione e occhi aperti, quindi, d’ora in poi, se prima di un acquisto ci offrono un tè caldo!

 

Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
Tel. 339.5428950