«Mio padre non ha mai avuto per me parole o gesti di affetto. Non si è mai interessato a me, non mi ha mai apprezzato, mi ha sempre trattato male. Perché? Che cosa ho di sbagliato? Eppure io spero ancora che possa un giorno avere una parola amorevole per me». Stefania è una donna di settant’anni che ancora non si dà pace e mendica un segno d’amore dall’anziano padre, un padre da sempre distante e respingente, reso ora ancor più duro dalla vecchiaia. Stefania, come tanti altri figli di padri (e madri) anaffettivi, porta ancora addosso ferite dolorose e un vuoto mai colmato.
In psicologia con anaffettività si intende l’incapacità di provare e di mostrare sentimenti, emozioni e affetto, anche nelle occasioni in cui sarebbe del tutto naturale provarli. Non solo la persona anaffettiva ha difficoltà a manifestare e comunicare i suoi stati emotivi, ma può non percepirli affatto perché li reprime e li allontana dalla coscienza. L’anaffettività pervade il modo di vivere le relazioni e se da un lato costituisce un meccanismo di difesa che protegge, dall’altro impedisce di costruire una relazione piena e significativa con gli altri. Quando ad essere anaffettivo è un genitore, le conseguenze per il benessere dei figli possono essere gravi e perdurare per tutta la vita.
Se l’anaffettività materna suscita maggior stupore e indigna, perché dalla figura materna ci si aspetta che per “istinto” sia portata alla benevola cura dei figli, l’anaffettività paterna non ha ricevuto altrettanta attenzione e, anzi, è stata considerata per lungo tempo meno grave, come se il ruolo del padre fosse secondario. Solo da pochi decenni il ruolo del padre come fonte di accudimento e attaccamento ha avuto il giusto riconoscimento e oggi sappiamo che una paternità amorevole è necessaria perché i figli siano psicologicamente sani e sicuri di sé.
Cosa significa essere padri anaffettivi?
Il padre anaffettivo è incapace di stabilire una connessione affettiva ed emotiva con i figli, non è coinvolto nella loro vita, è distaccato, disinteressato, incapace di accudirli e di provvedere ai loro bisogni emotivi, non è interessato ad avere spazi da condividere con loro. Può essere capace di provvedere materialmente alle necessità dei figli, ma non è in grado o non vuole dare nutrimento emotivo attraverso comprensione, supporto, incoraggiamento, rassicurazione, consolazione, manifestazioni fisiche di affetto come abbracci e baci. Il padre anaffettivo non è capace di sintonizzarsi con il figlio, di accettare e riconoscere le sue qualità, le sue inclinazioni, i suoi desideri, ma lo utilizza come prolungamento di sé e lo svaluta se non risponde ai suoi bisogni. Può imporre la sua volontà e il suo punto di vista e pretendere che il figlio si adegui, può pretendere il raggiungimento di certi obiettivi senza sapere allo stesso tempo riconoscere l’impegno e gli sforzi. Può imporre punizioni eccessive, essere autoritario e usare il distacco emotivo e la durezza per far rispettare le regole.
Le conseguenze dell’anaffettività paterna sui figli possono essere gravi. I figli di un padre anaffettivo si sentono privi di protezione e sicurezza, non visti, non riconosciuti, non apprezzati. La conseguenza peggiore è il non sentirsi degni dell’amore del genitore e credere di essere responsabili di questa mancanza, di non meritare l’amore per qualche colpa. Possono ricercare continuamente attenzione e approvazione dal genitore anaffettivo, o al contrario ritirarsi dalla relazione. Possono avere difficoltà a fidarsi degli altri. Quando il padre è emotivamente lontano, i figli, sia maschi che femmine, sono privati di una guida e di un modello maschile. I figli sono più a rischio di insicurezza, aggressività, incapacità a gestire le relazioni affettive e la sessualità, difficoltà scolastiche, comportamenti delinquenziali, uso e abuso di sostanze, disturbi alimentari, ansia, depressione. Possono vivere con diffidenza le relazioni affettive per il timore di essere rifiutati e abbandonati.
Com’è possibile che un padre sia anaffettivo verso un proprio figlio? Perché alcuni genitori non sono in grado di amare i figli? I motivi possono essere diversi:
–immaturità psicologica: il genitore non è pronto ad assumere la responsabilità che comporta crescere ed educare un essere umano, non è disposto ad investire impegno, tempo ed energie e anzi vive con risentimento e come una limitazione doversi dedicare al figlio e ai suoi bisogni. I figli rappresentano un ostacolo al suo stile di vita, prendere decisioni e stabilire regole e limiti è troppo faticoso.
–bisogni infantili non elaborati: i padri anaffettivi possono aver bisogno di rivivere attraverso i figli aspetti non elaborati della propria infanzia e questo li porta ad aspettarsi dai figli un risarcimento per ciò che non hanno avuto. Sono ancora così coinvolti in ciò che li ha fatti soffrire da piccoli, che non riescono a distinguere i bisogni propri da quelli dei figli e pretendono che i figli siano e facciano quello che avrebbero voluto per sé stessi.
–ripetizione di un modello familiare disfunzionale: i padri anaffettivi possono riproporre con i propri figli il modello che hanno appreso nel rapporto con la propria famiglia di origine. Possono a loro volta essere stati figli di genitori anaffettivi o maltrattanti, possono portare ancora ferite non rimarginate. I genitori anaffettivi spesso sono cresciuti in un clima in cui le loro emozioni sono state trascurate e non hanno avuto esperienza di una manifestazione sana dell’affetto, perciò mancano dell’alfabeto per esprimere affetto ai figli.
–narcisismo: i padri narcisisti vivono il figlio come un prolungamento di sé, godono dei suoi successi e soffrono dei suoi fallimenti come se fossero i propri, lo usano come un trofeo per sentirsi più importanti, ricorrono al ricatto emotivo e alla manipolazione e tendono a incolpare i figli per i propri stati d’animo. Mancando di empatia, i padri narcisisti non sono in grado di sintonizzarsi emotivamente con il figlio e di restituirgli un’immagine adeguata. Poiché il figlio è vissuto come una creazione personale, le sue doti non sono incoraggiate se non rientrano nelle ambizioni del genitore narcisista e vengono anzi svalutate e disprezzate.
–rivalità e competizione: padri insicuri di sé e carenti di autostima possono svalutare i figli e i loro successi perché se ne sentono sminuiti.
–psicopatologia: la presenza di un disturbo mentale (come disturbi di personalità, schizofrenia, depressione, disturbo bipolare, dipendenze…) può compromettere in vario grado la capacità del genitore di accudire in modo adeguato i figli.
–stress esterni: difficoltà lavorative, problemi economici, problemi di coppia possono distogliere il genitore che diventa emotivamente meno disponibile per i figli.
Come sopravvivere all’anaffettività di un padre?
Intanto, riconoscendo la realtà di avere un genitore anaffettivo e di non aver ricevuto amore. Riconoscere che quel vuoto non può essere colmato da altri, permette di non cadere nel rischio di chiedere a un altro, in particolare al partner, di dare ciò che non può dare, perché quell’amore incondizionato che è mancato quando si era bambini non può essere fornito da un amore adulto. Comprendere i motivi dell’incapacità paterna di dare amore, rintracciandoli nella sua storia personale, permette di dare un senso, di placare la rabbia e di lasciar andare il senso di colpa. Portare l’attenzione sulle figure che hanno compensato la mancanza paterna permette di sentire di aver ricevuto comunque risorse e nutrimento emotivo. Lasciar andare l’illusione che il genitore possa cambiare solleva dalla continua frustrazione e permette di reindirizzare attenzione ed energia su di sé, sui propri bisogni e sul proprio valore.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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