«Ma perché? Perché devo sopportare anche questo? Perché le persone non si fanno i fatti propri?». Non c’è giorno che io non senta queste parole pronunciate dai miei pazienti, non c’è giorno che non ci troviamo ad affrontare il problema delle domande e dei commenti inopportuni o invadenti di qualche conoscente, amico, estraneo.
Le persone che vengono da me hanno già una sofferenza, un problema di qualche tipo che le angoscia, le deprime, le fa arrabbiare; a questo si aggiunge quasi sempre il carico gratuito di domande fuori luogo e commenti indelicati che le feriscono ulteriormente, come un coltello che insiste nella piaga.
Negli anni ho raccolto un ampio e variegato repertorio di domande inopportune, alcune così assurde da risultare incredibili. Ce n’è per tutte le occasioni. Ne riporto alcune:
- A persone malate di tumore: «Ho sentito dire che hai un malaccio, è vero?»; «Se davvero hai un tumore, come mai invece ti vedo così bene, tutta truccata?»; «Ma quella che hai indosso è una parrucca, vero? Guarda che me ne sono accorta!»; «Dove ce l’hai il tumore? Perché guarda che da certi tumori non guarisci!»; «Ma a che ti serve comprare tutti questi vestiti? Se tanto sei piena di metastasi…»; «Che pancia che hai!» – un gonfiore dovuto al tumore- «Ma sei incinta? Maschio o femmina? Ma come non sei incinta…non puoi essere solo ingrassata, dai, che diavolo ti sei mangiata?».
- A persone single o separate: «Quando ti trovi qualcuno?», «Come mai sei single? Che cos’hai che non va?»; «Da vecchio/vecchia che farai, senza nessuno vicino?», «Come mai vi separate, c’è di mezzo un altro ometto o un’altra donnina?».
- A persone senza figli: «Quando ti decidi a fare un figlio? Guarda che poi sarai troppo vecchia!»; «Come mai non avete figli? Di chi è il problema?»; «Chi vi guarderà, da vecchi?»; « Perché non fate l’inseminazione artificiale?»; «Perché non adottate?», «Tuo marito non è buono…vuoi che ti presto il mio?».
- Varie ed eventuali: «Come mai non ti sei laureato?»; «Perché non lavori?»; «Quanto guadagni?»; «Come mai sei così grassa/magra/alta/bassa/bianca/scura ecc.?»; «Voi sulla sedia a rotelle come fate a fare sesso?».
Alcune di queste domande appaiono particolarmente crudeli e insensibili, perché fatte da chi è a conoscenza della situazione di disagio o sofferenza dell’interlocutore. Altre sono fatte con ingenuità, senza immaginare che possano colpire punti dolenti, ad esempio a persone che soffrono perchè non riescono ad avere figli, oppure sono sole perché uscite da una relazione dolorosa, o hanno perso il lavoro e non riescono a trovarne un altro.
Ma perché tante persone fanno domande intime, invadenti, o comunque delicate, su argomenti privati che magari si vorrebbe mantenere riservati?
Per alcune persone non c’è niente di strano nel porre certe domande, non ne percepiscono la mancanza di sensibilità. Sono persone con competenze relazionali poco sviluppate, che hanno difficoltà a provare empatia, a mettersi nei panni degli altri immedesimandosi nelle loro emozioni, perché hanno poca dimestichezza anche con le proprie. Non si rendono conto che i loro interventi sono fuori luogo e possono ferire.
Altre, al contrario, proprio perché percepiscono l’imbarazzo di alcuni argomenti, vanno in ansia non sapendo cosa dire e finiscono per pronunciare frasi fuori luogo che in condizioni di calma e lucidità non produrrebbero mai, e di cui poi si pentono, rendendosi conto di essere state inopportune.
Alcuni cercano di carpire informazioni per poi farne oggetto di pettegolezzo. Secondo alcune teorie, “farsi i fatti degli altri” per poi divulgarli avrebbe un significato evolutivo, sarebbe un comportamento adattivo e funzionale perché servirebbe a ottenere informazioni che possono essere utili alla comunità. L’aspetto eticamente discutibile è che, alla condivisione dell’informazione, si aggiunge non di rado un compiacimento morboso della disgrazia altrui.
Altri ancora, lo fanno intenzionalmente per ferire, aggredire, sfidare, mettere in difficoltà, per invidia o gelosia, per sadismo, perché rabbiosi e rancorosi.
Alcuni chiedono in buona fede perché vorrebbero aiutare, dare consigli, dire la loro esperienza o quella di altri che pensano possa essere utile, senza capire che proprio la loro generosità mette ancora più a disagio l’altro.
Probabilmente, a tutti noi sarà capitato almeno una volta di essere inopportuni. Moltissime persone si lamentano di essere state vittime di domande invadenti, mentre non sento mai nessuno ammettere di essersi trovato dall’altra parte. I conti non tornano. Evidentemente, molti di quelli che sono inopportuni non si rendono conto di esserlo, o hanno sottovalutato l’invadenza delle proprie domande. Mi piacerebbe che questo articolo potesse servire a farci riflettere sul nostro modo di porci, a chiederci se non rischiamo di ferire qualcuno quando parliamo, a essere più attenti e delicati, considerando che non sappiamo quali situazioni possono nascondersi dietro un volto che magari si sforza di essere sorridente e di trattenere le lacrime.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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