Estate, tempo di incendi. Sono purtroppo frequenti, nei mesi più caldi, le notizie di cronaca che riportano incendi di proporzioni più o meno vaste, con potenziali gravi conseguenze non solo per la vegetazione, ma anche per esseri umani e animali. Si ritiene che una consistente parte degli incendi non si sviluppi accidentalmente ma sia deliberatamente provocata e che si tratti quindi di eventi dolosi. Per riferirsi agli autori responsabili di tali episodi dolosi si usa comunemente il termine “piromani”, largamente utilizzato anche dalla stampa e da altri mezzi di comunicazione. L’uso è tuttavia improprio, perché si ricorre a una categoria diagnostica che appartiene alla psichiatria e che indica un disturbo mentale, per riferirsi a tutti i soggetti incendiari, che solo in minima parte sono piromani: nella maggior parte dei casi, infatti, gli incendiari agiscono per trarre vantaggi economici, per rivendicazioni, per vendetta o per vandalismo, mentre nella piromania la motivazione è diversa. È perciò più corretto usare il termine “incendiari” per tutti coloro che appiccano deliberatamente incendi, e limitare il termine “piromani” a quella piccola porzione di essi che soffre di questo disturbo mentale. Si tratta di una patologia rara: solo il 3,3% dei detenuti in carcere per aver appiccato ripetutamente fuochi risulta affetto da piromania.
La piromania è classificata nel DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali) tra i disturbi del controllo degli impulsi ed è caratterizzata dall’appiccamento del fuoco deliberato e intenzionale in più di un’occasione, da tensione o eccitazione emotiva prima dell’atto, da piacere o sollievo quando il fuoco viene appiccato, da attrazione per il fuoco e tutto ciò che attiene al fuoco. Uno dei criteri per poter porre diagnosi di cleptomania è proprio l’esclusione di altre motivazioni come ottenere un vantaggio economico, esprimere un’ideologia sociopolitica, occultare un’attività criminosa, manifestare rabbia o vendetta, la presenza di deliri o allucinazioni o di un deficit cognitivo. Il piromane, perciò, avverte un impulso incontrollabile ad appiccare il fuoco, una tensione crescente che può trovare sollievo solo accendendo il fuoco, o anche solo osservando la scena di un incendio. Non ha altri scopi se non quello di alleviare questo stato di tensione. Pur essendo un atto intenzionale, l’impulso è avvertito come incontrollabile. I disturbi del controllo degli impulsi (come anche la cleptomania, che induce a compiere furti) sono infatti caratterizzati dall’impossibilità di resistere alla messa in atto di un impulso che danneggia sé stessi o gli altri, in quanto la tensione sia psichica che fisica (con sintomi come tachicardia) è intollerabile e deve essere scaricata.
Chi è affetto da piromania è affascinato non solo dal fuoco ma anche da tutto ciò che vi è associato, da oggetti come accendini, attrezzature per accendere il fuoco, equipaggiamenti dei vigili del fuoco e da luoghi come le caserme dei pompieri. Quella verso il fuoco diventa una vera e propria dipendenza che accentra l’attenzione, i pensieri, le fantasie. La preparazione dell’incendio può essere molto accurata e richiedere molto tempo. C’è indifferenza per le conseguenze potenzialmente letali sia per altri che per sé stessi, tanto che il piromane stesso può restare vittima delle fiamme che ha appiccato. La sensazione di piacere può riguardare anche l’assistere alla distruzione provocata dall’incendio e a tutte le operazioni successive. Spesso è proprio il piromane a dare l’allarme e chiamare i soccorsi per poi osservare da lontano ciò che accade, ma può anche restare sulla scena per collaborare allo spegnimento delle fiamme, a volte per rimorso, più spesso per il senso di grandiosità che ricava dal sentirsi artefice dello “spettacolo”.
La piromania è molto più frequente nei maschi ed è associata a scarse capacità sociali e a difficoltà di apprendimento. Anche la comorbilità con altri disturbi psichici è elevata: le patologie più frequentemente associate sono i disturbi da uso di sostanze, il disturbo da gioco d’azzardo, il disturbo bipolare e i disturbi depressivi, altri disturbi del controllo degli impulsi e della condotta. La terapia risulta difficile perché il piromane solitamente non chiede aiuto in quanto non avverte la propria condizione come indesiderabile e accede alle cure solo quando costretto dalle conseguenze dei suoi gesti. La psicoterapia ha lo scopo di mettere in parole quei vissuti che non possono essere espressi e che si traducono nell’atto incendiario, ovvero rendere la persona consapevole dei suoi stati interni e imparare a elaborarli sotto forma di pensieri, piuttosto che agirli, aiutandola anche a pensare anticipatamente alle conseguenze immediate e a lungo termine.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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