La gentilezza ha un ruolo centrale in psicologia, perché ha un grande impatto sulla nostra salute fisica e psichica e sulle nostre relazioni sociali. Cos’è la gentilezza? Comprende in sé diversi concetti, quali l’altruismo, la cooperazione, la sincerità, la gratitudine, la pazienza, la compassione, la comprensione, il rispetto e altri comportamenti prosociali. Può trattarsi di aiutare qualcuno in difficoltà, di sorridere, di tenera aperta una porta, di offrire qualcosa a un altro, di fare un complimento sincero, di ascoltare in modo empatico. Non parliamo di buone maniere, di cortesia fredda o calcolata, ma di una preoccupazione autentica per gli altri. Molti credono che la gentilezza sia sospetta e non possa essere genuina, che l’essere umano sia essenzialmente egoista. In realtà, già dai sei mesi di vita l’individuo mostra comportamenti affabili verso gli altri come l’offrire aiuto, condivisione e conforto.
Gli studiosi ipotizzano un gene della gentilezza, il gene AVPR1A, e Darwin già sosteneva che l’”istinto di simpatia” fosse uno dei più potenti nel far sopravvivere la specie. D’altra parte, l’ambiente di vita e i modelli comportamentali che apprendiamo nell’infanzia hanno un impatto essenziale sullo sviluppo o l’inibizione della gentilezza.
“Io non conosco nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere gentile.” (L. van Beethoven)
Essere gentili oggi è a volte scambiato per debolezza oppure per ipocrita ostentazione sentimentale, o considerato un atteggiamento da perdenti, soprattutto in una società come la nostra in cui dominano competizione, arrivismo, opportunismo, individualismo, egocentrismo, cinismo, maleducazione, spersonalizzazione e ritmi frenetici. In realtà, la gentilezza richiede numerose qualità, come equilibrio, sicurezza in sé, sensibilità, consapevolezza delle emozioni proprie e altrui, intelligenza emotiva ben sviluppata. La gentilezza implica anche coraggio, perché agendo in modo gentile scegliamo di connetterci a un altro essere umano superando la percezione di potenziale minaccia che ogni relazione comporta e il rischio di identificarci con gli altri, sia con i loro piaceri che con le loro sofferenze. Del resto, tutti noi di solito restiamo piacevolmente colpiti quando ci accade di trovare una persona gentile e ne siamo magneticamente attratti, e allo stesso tempo, tutti ci lamentiamo di quanto la gentilezza manchi sempre di più.
“Una parola delicata, uno sguardo gentile, un sorriso bonario possono plasmare meraviglie e compiere miracoli.” (W. Hazlitt)
Compiere gesti gentili ha un’influenza positiva sia sul nostro umore che sul nostro fisico: stimola il rilascio di neurotrasmettitori legati al piacere e al benessere come serotonina e ossitocina, riduce il cortisolo associato allo stress, aumenta l’autostima, favorisce calma e benessere, è associato a un profilo immunitario più sano. Essere gentili ridice l’ansia sociale: le persone con fobia sociale, se coinvolte nel compiere atti di gentilezza si trovano meno a disagio in presenza di sconosciuti o in contesti di gruppo. Agire in modo gentile attiva le aree cerebrali connesse alla gratificazione e al piacere e ci fa sentire più soddisfatti di noi stessi, realizzati e fiduciosi nelle nostre capacità. Si è osservato che fare qualcosa per gli altri ci regala un effetto positivo più duraturo (che si tratti di persone strette o di sconosciuti), rispetto a quando facciamo qualcosa per noi. D’altro canto, è importante che noi trattiamo con gentilezza anche noi stessi: spesso usiamo accortezze nello scegliere le parole da rivolgere agli altri, mentre a noi stessi ci rivolgiamo con durezza, criticandoci, colpevolizzandoci. Trattare anche noi stessi con gentilezza significa ammorbidire la nostra voce interiore, essere più comprensivi verso le nostre difficoltà e perdonarci i nostri errori, avere per noi stessi il tono affettuoso che avremmo con chi ci è molto caro.
“La gentilezza è la catena forte che tiene legati gli uomini.” (J.W. Goethe)
Essere gentili migliora le relazioni con gli altri, perché appaga i bisogni psicologici di appartenenza, favorisce un senso di armonia, crea un senso di solidarietà e comunità, promuove una maggior connessione tra le persone e riduce l’isolamento, alimenta fiducia reciproca e condivisione. Del resto, collaborazione e altruismo sono stati e sono indispensabili per la preservazione e l’evoluzione della specie umana e per il funzionamento delle comunità umane.
“Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili.” (A. Hepburn)
Chi si comporta in modo gentile risulta più attraente e simpatico ed è avvantaggiato nel formare legami. Anche nel lavoro, le persone gentili creano un clima più positivo e collaborativo in cui gli altri si sentono più compresi e valorizzati e i conflitti possono essere affrontati in modo più costruttivo, perché solitamente la gentilezza genera altra gentilezza. Inoltre con la gentilezza è più facile ottenere qualcosa dagli altri e il rispetto delle regole.
La gentilezza si può sviluppare e coltivare, rappresenta una scelta consapevole che migliora il benessere nostro e degli altri. Ciascuno di noi può cercare il suo modo per portare gentilezza nella propria giornata, come dire qualcosa di generoso, essere utile, dire grazie, apprezzare: azioni piccolissime ma molto potenti che, come semi, mettono in circolo altra gentilezza. “Le parole gentili non costano nulla. Non irritano mai la lingua o le labbra. Rendono le altre persone di buon umore. Proiettano la loro stessa immagine sulle anime delle persone, ed è una bella immagine.” (B. Pascal)
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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