Benessere

Psicologia del collezionismo: perché amiamo raccogliere oggetti

Collezionare può avere effetti positivi sul benessere emotivo e sulle capacità cognitive, ma in alcuni casi può diventare una patologia

collezione di francobolli
(Foto di pascal OHLMANN da Pixabay)

In questo periodo particolarmente difficile della mia vita, mi sono ritrovata a iscrivermi d’impulso a un gruppo facebook di collezionisti che continuava  inspiegabilmente a comparirmi in home e mi sono sorpresa a passare del tempo ad ammirare le collezioni postate dagli iscritti. Ho anche pensato per un attimo di iniziare io stessa una collezione e immediatamente dopo mi sono stupita e anche sentita in colpa per un pensiero così sciocco: come può venirmi in mente di dedicarmi a un passatempo così inutile, proprio in un momento drammatico come quello che sto attraversando? Poi la psicologa che è in me ha ripreso le redini e mi ha ricordato che una delle funzioni del collezionare oggetti è proprio questa: placare l’angoscia. Lo diceva nientemeno che Freud, il padre della psicoanalisi: tutt’altro che un passatempo superfluo, quindi. Ho deciso allora di dedicare l’articolo di questa settimana proprio al collezionismo e al suo significato psicologico.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Secondo l’indagine di Ipsos Explorer eBay, in Italia i collezionisti sono 7 milioni. Francobolli, monete e cartoline sono i più classici, ma gli oggetti che le persone amano collezionare sono potenzialmente infiniti, dai più comuni ai più bizzarri, dai più economici ai più costosi: dalle bottiglie alle etichette sulle banane, dalle auto d’epoca alle bustine di zucchero, dalle scarpe agli scopini da wc.

La predisposizione all’accaparramento e accumulo è comune nel regno animale e anche il cervello umano è programmato per farlo, per avere la sicurezza di una disponibilità di rifornimenti. Alla base vi sarebbe quindi una motivazione biologica legata a maggiori possibilità di sopravvivenza. Ma qual è il significato psicologico del collezionare? Collezionare significa raccogliere e conservare oggetti che per noi hanno un valore, un significato o un aspetto estetico piacevole e l’atto del collezionare procura una qualche forma di benessere al collezionista. Collezionare può essere un modo per esprimersi e delineare la propria identità, per evadere, per distrarsi, per comunicare qualcosa, per avere un senso di appartenenza con altri che condividono la stessa passione, per sentirsi privilegiati godendo in segreto di oggetti rari, per distinguersi dagli altri.

Collezionare richiede e stimola anche una serie di capacità cognitive: per cercare e trovare l’oggetto desiderato, occorre indagare e formulare ipotesi sul percorso da seguire, attivare strategie, valutare e scegliere. Stimola perciò le capacità di giudizio e decisione. Sono inoltre necessarie abilità organizzative, perché quando la raccolta diventa ampia occorre ideare sistemi di classificazione per archiviarla e conservarla. Collezionare aiuta a sviluppare ordine, memoria, pazienza, perseveranza. La tendenza a collezionare è comune nei bambini tra i 6 e gli 8 anni e secondo Jean Piaget corrisponde allo sviluppo delle capacità esecutive e del senso di controllo sull’ambiente, della capacità logica e del ragionamento sugli oggetti, della capacità di fare comparazioni e differenze, della capacità di concentrazione.  Attraverso il collezionismo, il bambino esplora il mondo, sviluppa competenze e interessi, sviluppa autostima, acquisisce competenze relazionali nell’interagire con altri collezionisti.

Collezionare ha un effetto ansiolitico perché permette di mantenere ferma l’attenzione su un tema e quindi di interrompere il flusso continuo dei pensieri e delle preoccupazioni, focalizzandosi sulle cose presenti. Il piacere di osservare l’oggetto ottenuto e inserito nella collezione  è una sorta di meditazione che ha un effetto calmante e di riduzione dello stress. Collezionare può essere un modo per legarsi a un passato felice, per far fronte alla solitudine e riempire attraverso beni materiali un vuoto sociale ed emotivo. L’oggetto può essere antromorfizzato, ovvero possono essergli attribuite qualità umane e perciò divenire qualcosa a cui ci affezioniamo,  che fa compagnia e copre bisogni sociali insoddisfatti. Le persone tendenzialmente ansiose possono avere una maggiore tendenza a collezionare oggetti, perché di fronte a emozioni negative, come l’ansia, che non sanno come gestire, possono trovare conforto negli oggetti e nella loro acquisizione. Collezionare ha una funzione ansiolitica anche perché serve ad annullare la percezione del passare del tempo, a sfidare il tempo preservando e salvando oggetti (gli oggetti da collezione non vengono utilizzati, anzi, vengono il più possibile protetti dall’usura), a preservare da dispersione, confusione e frammentarietà, ad  evitare di separarsi dal passato e dai ricordi.
Per la psicoanalisi, conservare oggetti è un’espressione della fase anale dello sviluppo, in cui il bambino ha la prima esperienza di dominio dello sfintere. Anche collezionare sarebbe espressione del bisogno di esercitare una padronanza e una gestione totale su qualcosa.
Completare una collezione può rispondere a un bisogno di completezza e perfezione: in questo caso, più che nello specifico oggetto in sé e per le sue caratteristiche, l’interesse è nel possedere tutti gli esemplari di un certo oggetto.

Collezionare accresce l’autostima perché trovare un oggetto desiderato, magari raro, fa sentire capaci, bravi, astuti; rende consapevoli delle proprie capacità, fa sentire più sicuri perché collezionare significa possedere, e il possesso trasmette sicurezza.

Quando la tendenza a collezionare può diventare una patologia?  Come in tutte le altre patologie, il confine con la normalità viene superato quando l’attività va fuori controllo: diventa eccessiva in termini di tempo impiegato, spazio occupato, energie dedicate, spese sostenute e quando compromette il benessere o il funzionamento della persona. Può accadere quindi che il collezionare, da semplice hobby diventi un’ossessione di cui non si riesce a fare a meno e che assorbe totalmente, portando a spendere quantità di denaro sempre maggiori, a invadere materialmente la casa o il garage sottraendo spazio al necessario, a trascurare attività necessarie come il lavoro o la cura dei figli per dedicarsi alla ricerca dell’ennesimo oggetto mancante o alla pulizia e manutenzione della collezione. In questo caso il collezionismo può rispecchiare una difficoltà di contatto con la realtà in cui l’oggetto sostituisce il mondo affettivo. Il rischio di sviluppare una patologia è più alto nei collezionisti che hanno tratti caratteriali come il perfezionismo e la meticolosità, tratti correlati al disturbo ossessivo-compulsivo.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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