Percepire di avere il controllo di una situazione ci fa sentire sicuri, ci tranquillizza, tiene a bada l’ansia. Per la maggior parte delle persone, infatti, è sgradevole sentirsi in balìa degli eventi, pensare che le cose possano non andare secondo le proprie aspettative o che possa accadere qualcosa di inaspettato. Ma quando il bisogno di controllo si fa costante e pervasivo, da strategia utile diventa una prigione sempre più scomoda, che costringe a uno stato costante di allarme e a un dispiego di energie spropositato. Il bisogno di controllo può estendersi a ogni ambito vitale, dalla vita professionale a quella relazionale, dallo studio alla salute, dalla cura della casa alla gestione dei figli. Pur riconoscendo razionalmente che controllare tutto non è umanamente possibile, la persona non riesce a smettere di farlo o di tentare di farlo.
Cosa si intende per avere tutto sotto controllo? Significa ad esempio cercare di anticipare ogni imprevisto, avere già soluzioni pronte per eventuali problemi che non si sono ancora verificati, prevedere in dettaglio come procedere su un numero potenzialmente infinito di questioni. Avere il controllo presuppone anche il non delegare ad altri e non fidarsi degli altri, ma occuparsi di tutto in prima persona, con il rischio elevatissimo di caricarsi di incombenze e pesi eccessivi e alla lunga insostenibili, pur di non lasciare nulla in mano ad altri che potrebbero non gestire la situazione nel modo ottimale, che potrebbero compiere errori o comunque non avrebbero la stessa cura e attenzione rispetto a quanto si farebbe in prima persona. Tutto questo richiede un elevatissimo dispendio di energie e comporta anche uno stato costante di tensione. Stare in allerta costante fornisce l’illusione che le cose andranno come previsto, che tutto proceda secondo i piani, che si possano scongiurare esiti infausti, errori, dolori propri e altrui: in breve, ciò che è non voluto o inatteso.
Dover mantenere il controllo rende difficile rilassarsi. Anzi, il fatto di rilassarsi è percepito come pericoloso. Alcune persone preferiscono essere costantemente preoccupate e non “abbassare mai la guardia”, in modo da non essere colte impreparate se dovesse accadere qualcosa di brutto. Rilassarsi a attenuare l’ansia significa per loro essere più vulnerabili e meno pronte all’impatto di eventuali eventi negativi, e, anzi, alcune hanno il pensiero magico che rilassarsi attiri ancora di più la possibilità che si verifichino eventi negativi. L’eventualità di sperimentare emozioni negative all’improvviso, mentre si è in uno stato rilassato, suscita la paura di non essere in grado di controllarle. Il bisogno di avere il controllo può tradursi anche nel non lasciar trasparire troppo le proprie emozioni, nel non esporsi, nel non mostrare soprattutto le proprie vulnerabilità per non correre il rischio, anche in questo caso, di essere travolti dalle emozioni. Anzi, le persone con forte bisogno di controllo tendono a controllare direttamente le emozioni, a reprimerle e bloccarle tentando di evitare le emozioni negative, tanto che spesso non sanno più decifrare esattamente cosa provano e come si sentono.
Il bisogno di controllo si traduce anche in un modo di comportarsi e di agire rigido e intransigente. Significa dover seguire un proprio ordine mentale e imporlo anche agli altri, dare consigli non richiesti su cosa e come fare le cose, non accettare un modo di procedere diverso dal proprio, considerato quello “giusto” (“Si fa così”, “Si deve fare così”), avvertendo disagio o ansia se costretti ad agire diversamente. Significa seguire in tutto un’organizzazione meticolosa, in cui ogni passo è calcolato e i cambiamenti sono vissuti negativamente. Quando le cose non vanno come vorrebbe o come si aspetta, la persona con forte bisogno di controllo sperimenta turbamento e stress.
Il bisogno di controllo può manifestarsi nelle relazioni con gli altri e può portare a logorare i rapporti. Può portare ad esempio a controllare il partner, i figli, ma anche amici e colleghi, estendendo il bisogno di controllo anche alle loro vite, in qualsiasi ambito. Può portare ad essere troppo esigenti, critici e prepotenti, a interferire nel modo in cui gli altri conducono la propria vita, a voler imporre certe decisioni e scelte nella convinzione che siano quelle giuste, a richiedere continue conferme e rassicurazioni. Dover controllare e fare tutto in prima persona può far sì che i genitori non lascino spazi ai figli per sperimentarsi da soli e per assumersi le proprie responsabilità. Essere controllanti diventa perciò non solo un limite per sé stessi, ma anche per gli altri che non sono liberi di essere e di esprimersi come sono.
Il bisogno di controllo si manifesta anche nel verificare ripetutamente se si è fatta una certa cosa o se la si è fatta bene, o nel controllare di non aver fatto qualcosa di sbagliato o dannoso. Controllare permette di ridurre nell’immediato lo stress e il disagio dando un senso di rassicurazione, ma ben presto il ciclo ricomincia con un nuovo dubbio, una nuova ansia, l’impulso di controllare di nuovo e così via, un ciclo in cui la sofferenza diventa via via sempre maggiore, perché non c’è fine ai nuovi dubbi che possono emergere, e più si controlla, più si è spinti a controllare. Questo meccanismo si osserva soprattutto nel disturbo ossessivo compulsivo, in cui il controllo si attua attraverso un rituale che al momento dà sollievo ma diventa sempre più una prigione.
Avere il controllo è quindi una strategia che le persone adottano per fronteggiare gli stress e per prevenirli, ma a un livello eccessivo, il bisogno di controllare diventa esso stesso causa di stress e tensione e anche a livello fisico può comportare bassa energia, disturbi del sonno, mal di testa, tensione muscolare, dolore alla schiena, dolore al collo, disturbi gastrointestinali. Inoltre, è una strategia che comunque non tutela dall’imprevedibilità degli eventi, anzi diventa più invalidante e dannosa di ciò che cerca di prevenire. Il modo per uscirne è diventare consapevoli dei propri comportamenti di controllo, delle situazioni che li esacerbano e provare a diminuirli, a sostituirli con delle risposte alternative. Soprattutto, occorre imparare ad accettare che non possiamo annullare il rischio della sofferenza e che il dolore fa parte dell’esistenza. Occorre lavorare sull’accettazione di ciò che è fuori dal nostro controllo, sul lasciare che le cose siano come sono anche se noi non siamo d’accordo, sullo smettere di intervenire sempre ovunque. Questo comporta anche accettare l’imperfezione e l’errore in sé e negli altri ed essere più flessibili e indulgenti. Significa accettare il rischio di confrontarci con l’incertezza, con le emozioni negative, con l’imprevisto e il cambiamento, che potrebbe anche rivelarsi positivo.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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