Benessere

«Cosa vuoi fare da grande?»: le risposte dei bambini e il ruolo degli adulti

Chiedere a bambini e ragazzi che lavoro vogliono fare da grandi è un'occasione di stimolo e riflessione da gestire con accortezza da parte degli adulti. Ecco perché

Da Pixabay, di Mariya_m
Da Pixabay, di Mariya_m

Da grande farò

“Da grande farò…il guardiano di un faro di trentasei colori. Il pilota di un autobus con le ruote-girandola. Il fornaiosalumaio dei panini imbottiti. Il prete di una chiesa tutta di vetro. L’avvocato dei ladri che rubano fiori. Il vigile cow-boy a un incrocio di mucche. Il maestro di nuoto dei delfini d’argento. Il sarto delle vele che strappò il vento. Accompagnerò al mare ogni piccolo fiume. Farò il sollevatore di piume!.

(R. Piumini)

«Cosa ti piacerebbe fare da grande?». Questa è una domanda molto frequente che bambini e ragazzi si sentono porre. Probabilmente a tutti noi è capitato di sentircelo chiedere da piccoli e a nostra volta, da adulti, lo abbiamo chiesto ad altri bambini e ragazzi. Cosa è cambiato nel tempo nelle risposte dei bambini di diverse generazioni? E che effetto ha la domanda sui bambini, è di aiuto alla loro crescita oppure può avere anche risvolti negativi?

I possibili significati negativi

Secondo alcuni autori, chiedere a un bambino cosa vuole fare da grande ha effetti negativi. Lo psicologo Adam Grant sostiene che porre questa domanda significa focalizzare l’attenzione solo sull’aspetto lavorativo, portando il bambino o il ragazzino a pensare a sé solo in termini di professione svolta e quindi ad attribuirsi un valore solo in base a questa.

Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Anche se la domanda, per come è di solito formulata, non sembra circoscriversi solo al lavoro da svolgere, secondo l’autore comunque è questo il significato che noi veicoliamo e induciamo pertanto il bambino a definire la propria identità solo in termini lavorativi e non in senso più ampio, come ad esempio “voglio essere una persona buona” o “voglio avere dei figli”, tanto che di fronte a risposte che escono dall’ambito professionale, non di rado reagiamo con un “Ma questo non è un lavoro”, inibendo l’espressione del bambino su altri aspetti di sé altrettanto -se non maggiormente- importanti.


Un altro aspetto negativo della domanda, secondo Grant, è l’implicito messaggio che si possa aspirare a qualunque professione e a qualunque cosa senza tener conto delle effettive possibilità di realizzazione.
Altri autori obiettano che la domanda sposta nel futuro la realizzazione dell’essere umano, come se, finché è piccolo, non avesse già un valore di per sé e lo ottenesse solo una volta acquisito uno status professionale, e incoraggiano piuttosto a fare domande rivolte al presente: “Cosa ti piacerebbe fare ADESSO?”, dando piena legittimità a ciò che già il bambino manifesta nell’oggi e nel qui e ora, senza immaginarlo come qualcosa di incompleto che debba ancora prendere forma.

Lo stimolo a coltivare sogni e passioni

Per altri studiosi, la domanda è invece legittima e anzi utile perché stimola bambini e ragazzi a pensare al proprio futuro e a coltivare passioni e sogni, motivandoli e perseguirli e ad esprimere la propria identità e a ragionare sui loro interessi e capacità. Soprattutto con ragazzi e adolescenti, permette anche di stimolare il pensiero critico sui passi da fare per realizzare quanto desiderato. Se con i più grandi si può riflettere sulla fattibilità delle loro aspirazioni e sulle possibili criticità che potrebbero ostacolarla, con i più piccoli è bene rispettare anche sogni molto fantasiosi e lasciare che esprimano la loro creatività  a briglia sciolta senza spegnerla prematuramente. Generalmente sono i bambini stessi, crescendo, ad abbandonare aspirazioni troppo bizzarre e impossibili da realizzare e a indirizzarsi su scenari maggiormente alla loro portata.

Cosa sognano i bambini di oggi per il proprio futuro

Le risposte dei bambini alla domanda “cosa farai da grande” variano in base alla loro età e inoltre nel tempo sono cambiate, adattandosi ai mutamenti sociali, anche se in parte restano costanti. Resistono infatti in buona posizione i lavori che da sempre fanno sognare i bambini, come ballerino/a, pilota, scrittore/scrittrice, attore/attrice e cantante, ma molto fascino hanno i nuovi mestieri legati alla tecnologia e al mondo social:  influencer, blogger, youtuber, progettista di videogames, stilista, ma anche sportivo. Tutti questi mestieri, come anche  il calciatore e la velina in voga soprattutto qualche tempo fa,  hanno in comune la popolarità e la ricchezza, obiettivi diventati sempre più centrali soprattutto negli ultimi anni.

D’altra parte, queste professioni non rappresentano solo fama e denaro ma anche autonomia, libertà, creatività e possibilità di esprimere la propria individualità e di trasformare la propria passione in un mestiere. Il lavoro dell’influencer soprattutto è molto appetibile perché non richiede di possedere una particolare abilità e porta ingenti guadagni e fama senza dover acquisire competenze specifiche, quindi appare alla portata di tutti senza eccessiva fatica, mentre le probabilità di sfondare in questo campo sono oggettivamente molto basse. Restano però nella classifica dei mestieri più desiderati anche lavori più tradizionali come il cuoco (anche per il crescente spazio che il mondo della cucina ha acquisito nei programmi televisivi), il veterinario, il poliziotto, il pompiere, il medico, l’insegnante, lo speleologo, il parrucchiere, l’infermiere, l’avvocato. Le risposte cambiano soprattutto nel passaggio dalla scuola primaria alla secondaria, virando su mestieri più realistici.

Il ruolo degli adulti

Gli adulti hanno un ruolo delicato, dovendo trovare un equilibrio tra aiutare i ragazzi a capire cosa desiderano, lasciare la possibilità di sbagliare senza interferire troppo imponendo una direzione, mettere in luce i loro talenti e potenzialità ma anche far riflettere sui limiti esistenti, non demoralizzare ma spiegare quali passi sono necessari per arrivare alla meta.
Gli adulti possono con poche parole spegnere entusiasmi e castrare potenzialità, che si tratti dei genitori, degli insegnanti o di altri adulti significativi nella vita dei bambini e dei ragazzi, perciò occorre attenzione a come ci si pone su questo argomento. L’ideale è offrire un ambiente di supporto dove i ragazzi possano esplorare le loro aspirazioni senza sentirsi giudicati, resistere alla tentazione di indirizzarli su ciò che si pensa sia meglio per loro, non sovraccaricarli di aspettative, lasciare che percorrano la loro strada anche se è diversa da quella che si desiderava per loro.

Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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