Nell’articolo precedente mi ero occupata dei motivi per cui molte persone fanno domande o commenti inopportuni, invadenti e privi di sensibilità, mettendo a disagio e in difficoltà l’interlocutore, soprattutto quando quest’ultimo si trova in situazioni di sofferenza che vengono ulteriormente sottolineate e rimarcate da certe domande.
Oggi vorrei approfondire i diversi modi con cui si può reagire in queste sgradevoli circostanze. Oltre a chiedersi cosa spinga le persone ad essere così invadenti e fuori luogo, i pazienti che mi raccontano le loro disavventure mi chiedono soprattutto come reagire: «Cosa dovrei rispondere?», «Meglio lasciar correre o dirgliene quattro?», «So che dovrei infischiarmene, ma non ci riesco», «Bisognerebbe rimetterli al loro posto, ma ho paura di diventare maleducato!».
Un altro motivo di discussione e contrasti, sono i consigli dei familiari o di altre persone vicine con cui si confidano: «Sei tu che te la prendi troppo!», «Hai fatto una scenata davanti ad altre persone, che figura! Potevi lasciar perdere…non ti sembra di aver esagerato?», o a contrario, «Devi imparare a rispondere per le rime ai seccatori e a chi non si fa i fatti propri!».
Non esiste il modo giusto o migliore di reagire, ogni persona va aiutata a trovare quello che sente più affine al suo modo di essere, che risponde ai suoi bisogni, che le consente di esprimersi e affermarsi, che preserva maggiormente il suo benessere, che non le procura uno stress eccessivo.
Alcuni, di fronte a domande o commenti insensibili che li feriscono, sentono il bisogno di ribellarsi, di manifestare la propria rabbia e di far notare all’altro la sua insensibilità. Un esempio potrebbe essere la persona senza figli per problemi di infertilità, che all’insistenza di chi continua a chiedere «Ma quando ti decidi?», «Lo sai che poi sarai troppo vecchia?», «Non pensi di essere un’egoista?», risponda qualcosa come: «Non posso avere figli, soddisfatto adesso? Impara a pensare, prima di fare certe domande!».
Altri si sentono più a proprio agio nell’esprimersi senza rabbia e in modo più calmo, ma tentando comunque di far riflettere l’altro sulle conseguenze del suo modo di porsi: «Credo che dovresti essere più attento su certi argomenti, potresti rischiare di ferire qualcuno».
Altri ancora si sentono a proprio agio nel parlare dei propri problemi o delle proprie scelte, dicendo semplicemente la verità: «Non ho figli perché non posso averne», «Non ho figli perché non ne sento il desiderio», «Sì, è vero, porto una parrucca perché sto facendo la chemioterapia», «Non ho una laurea perché non ne avevo la possibilità economica», «Non ho una laurea perché non mi interessa averla».
Altre persone, al contrario, non vogliono rivelare aspetti di sé. Alcune si sentirebbero a disagio nel farlo, troppo scoperte; non vogliono mettersi a nudo, hanno timore di essere ulteriormente ferite. Molti miei pazienti sopportano da anni domande sulla loro salute o altri aspetti della loro vita, cercando di troncare al più presto il discorso e sviarlo, nel timore di far trasparire la loro sofferenza. Oppure scelgono di non condividere niente di sé, non per il disagio nel farlo, ma di proposito, per non dare informazioni personali “in pasto” al seccatore.
Un altro modo di reagire è utilizzare l’umorismo, rispondere con una battuta che può avere molteplici funzioni: alleggerire l’imbarazzo o la tensione, dire qualcosa senza essere troppo bruschi, dire qualcosa ma senza scoprirsi troppo.
Altri ancora, cercano di ridimensionare il fastidio o il dolore che certe domande gli provocano, considerandole frutto di ingenuità, fatte senza malizia o per ignoranza, interpretazione che permette di viverle con minore rabbia. Decidono quindi di lasciar correre. È importante, però, che sia una propria scelta e non l’esito delle pressioni degli altri che minimizzano il problema e colpevolizzano chi lo percepisce («Sei tu che te la prendi troppo!»).
Le diverse strategie ottengono effetti diversi. Esprimersi chiaramente e far notare all’altro che è stato inopportuno, può forse far sì che quella persona diventi più consapevole, più attenta, che in futuro si comporti in modo più delicato, anche con altri. Permette inoltre di esprimere il proprio disappunto e, anche nel caso non produca nessun cambiamento nell’altro, può rappresentare comunque una sana e legittima affermazione di sé. Rivelare intenzionalmente aspetti sofferenti di sé, può in alcuni casi rendere la comunicazione più profonda e suscitare vicinanza, comprensione ed empatia nell’altro.
Altre strategie sono più volte a proteggersi da ulteriori attacchi, a preservare la propria intimità, a mantenere una desiderata riservatezza, ad evitare scontri che rappresenterebbero uno stress ulteriore.
Ciascuno deve trovare il modo più adatto a sé, che può anche variare a seconda delle circostanze, dello stato d’animo del momento, del tipo di rapporto con l’interlocutore. Soprattutto deve riconoscere la legittimità di ciò che prova e riconoscersi il diritto di reagire come preferisce.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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