Benessere

Meccanismi di difesa, come la mente ci protegge dall’ansia (Seconda parte)

In questa seconda parte, analizziamo i metodi più primitivi e meno maturi con cui affrontiamo emozioni sgradevoli

Come già illustrato nel precedente articolo, i meccanismi di difesa sono utilizzati dalla nostra mente per arginare l’ansia e altre emozioni disturbanti derivanti da situazioni esterne o dal nostro mondo interiore. Abbiamo approfondito quelli più maturi ed evoluti, che in genere si acquisiscono più tardi nello sviluppo, mentre oggi passiamo in rassegna quelli più primitivi e arcaici, presenti già nel bambino piccolo.

Come già sottolineato, anche questi meccanismi di difesa non sono di per sé patologici, sono anzi necessari per gestire eventi stressanti o emozioni interne disturbanti, ma se usati in modo eccessivo possono creare difficoltà o veri disturbi psichici.

Ecco l’elenco dei principali.

Diniego: a differenza della negazione, in cui neghiamo un affetto, come ad esempio l’essere preoccupati per un tumore, nel diniego neghiamo proprio l’esperienza della malattia, rifiutando di credere che abbiamo un tumore. Se in certi momenti questo può essere adattivo per evitare un’angoscia eccessiva e per darci forza, in altri ci mette a rischio inducendoci a non curare una patologia. Allo stesso modo, se neghiamo che siamo alcolisti, o che nostro figlio bullizza i compagni, non ci attiviamo per risolvere il problema.

La psicoterapeuta Lucia Montesi
La psicoterapeuta Lucia Montesi

Scissione: usiamo la scissione quando separiamo nettamente qualità o stati mentali che normalmente coesistono, ad esempio il buono e il cattivo, dando luogo a un pensiero del tipo “tutto o nulla”. Non tollerando che la realtà affettiva nostra e degli altri sia ambivalente e ricca di sfumature, percepiamo le persone o come completamente buone o completamente cattive, una divisione estrema che non corrisponde alle situazioni molto più complesse che incontriamo nella realtà. Spesso idealizzazione e svalutazione della stessa persona si alternano: in certi periodi la adoriamo, in altri la disprezziamo.

Dissociazione: nella dissociazione le nostre attività mentali si scindono in settori paralleli, per cui in certi momenti possiamo avere comportamenti che poi non ricordiamo. Accade normalmente nella vita quotidiana, come quando durante una conferenza noiosa o un tragitto in auto ripetitivo la nostra mente “stacca” divagando altrove, e magari ci ritroviamo ad aver guidato fino a un certo punto senza ricordare la strada percorsa fin lì. A un livello più grave, possiamo dissociare eventi traumatici, come uno stupro, che viene vissuto come se accadesse a qualcun altro per evitare l’impatto dell’angoscia. L’estremo della dissociazione è la personalità multipla, in cui si strutturano vere e proprie identità plurime che procedono parallelamente.

Idealizzazione e svalutazione: le utilizziamo quando ci formiamo una visione di noi, degli altri o degli oggetti attribuendo delle caratteristiche onnipotenti o estremamente negative che non corrispondono alla realtà. Vediamo gli altri perfetti, o al contrario abbiamo una visione esageratamente negativa di noi e degli altri. Insieme alla scissione, ci evita di dover  tollerare l’ambivalenza e l’ambiguità del mondo affettivo e relazionale.

Identificazione: quando ci identifichiamo con qualcuno, ne assumiamo le caratteristiche, tratti e qualità, soprattutto se dobbiamo separarcene o se lo perdiamo: «Se non posso averlo, sarò come lui». Avviene tipicamente nel lutto, quando ci mettiamo a fare qualcosa che faceva la persona morta, oppure adottiamo certi suoi modi di dire o di fare. Questo ci serve ad attenuare il dolore della perdita.

Proiezione: attribuiamo agli altri sentimenti che non accettiamo e riconosciamo in noi stessi: pensiamo che qualcuno trami contro di noi quando siamo invece noi a provare rabbia, o siamo gelosissimi del partner quando in realtà siamo noi a provare l’impulso di tradire. Critichiamo queste qualità o impulsi negli altri evitando il confronto col fatto che sono in realtà nostri prodotti mentali, che vengono scissi e proiettati sugli altri. Se usato all’eccesso, questo meccanismo dà luogo al fenomeno della paranoia.

Identificazione proiettiva: è più complessa della proiezione: oltre ad attribuire a un altro una mia emozione o impulso (“Tu provi ostilità per me” quando in realtà sono io che provo rabbia), mi comporto in modo tale da spingere l’altro a provare veramente ostilità verso di me, confermando così le mie aspettative. È molto disturbante per il destinatario dell’identificazione proiettiva, che si ritrova a provare un’emozione che non è la sua ma che gli viene “messa dentro”, inducendo una sgradevole confusione.

Somatizzazione e conversione: sentimenti dolorosi vengono trasferiti nel corpo dando luogo a sintomi fisici che non sono collegabili, in tutto o in parte, a un problema organico. Così lamentiamo dolore o disfunzione fisica, ma siamo protetti da angosce o conflitti interiori.

Regressione: significa tornare indietro a uno stato precedente: tipicamente, il bambino che di fronte a un evento stressante come la nascita di un fratellino o una malattia di un genitore, regredisce perdendo funzioni già acquisite e magari torna a fare pipì a letto, oppure parla come un bimbo molto più piccolo, o non vuole più mangiare a tavola e pretende il biberon. Accade anche a noi adulti, ad esempio quando durante  una malattia diventiamo più passivi e arrendevoli: utile a non farci sprecare energie e ad accettare cure sgradevoli, ma limitante se restringe troppo il nostro campo vitale.

Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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Tel. 339.5428950