Alzi la mano chi, durante i vari pranzi e cene in compagnia di questo periodo festivo, non si sia lasciato coinvolgere in qualche forma di pettegolezzo o gossip, ingrediente quasi immancabile che ravviva la conversazione e la digestione, spesso con informazioni e commenti piccanti.
Il pettegolezzo è l’attività di diffondere informazioni alle spalle di qualcuno, condividere ciò che si voleva mantenere riservato, chiacchierare delle vicende private di altre persone. Attività da sempre florida, a cui attualmente i social network hanno offerto nuove potenti armi, permettendo di ottenere una gran quantità di informazioni, che i più determinati riescono a carpire anche dai profili più blindati aggirando filtri e limitazioni varie a tutela della privacy.
Ma perché il pettegolezzo è così diffuso? Secondo alcune teorie, il pettegolezzo è nato insieme al linguaggio umano e ha svolto, in passato, un’importante funzione sociale, nonché di comunicazione di eventuali pericoli. Serviva ai nostri antenati per capire di chi potersi fidare e con chi poter collaborare per la propria sopravvivenza. Spettegolare permetteva di creare un’ alleanza e un senso di sicurezza nel gruppo che condivideva l’informazione, di rafforzare i legami interni in contrapposizione a un individuo o un gruppo esterno oggetto del pettegolezzo. In questi termini, il pettegolezzo è una modalità relazionale non completamente negativa: crea legami sociali e risponde alla necessità del cervello di ridurre l’incertezza e riempire i vuoti di informazione che ci causano disagio e ansia.
Tutti conoscono qualche persona pettegola, la tipica impicciona che spia dalla finestra, fa domande inopportune per carpire qualche dato personale, si ingegna con metodi rocamboleschi per intrufolarsi nella vita privata degli altri. Ci sono testimonianze su persone che architettano sofisticati marchingegni dotati di specchi per spiare dentro le finestre dei vicini di casa, o più banalmente, bussano per chiedere una qualsiasi cosa in prestito e mentre il malcapitato è in cucina a prendere il sale o il limone, scattano pure qualche foto degli interni.
Non hanno niente di meglio da fare o a cui pensare? No. Sembra che le persone pettegole abbiano un mondo interiore abbastanza povero, cosa che si intuisce dalle loro conversazioni, spesso incentrate su fatti esterni piuttosto che sui loro pensieri, stati d’animo, opinioni. Possono anche tendere a sfuggire dai propri problemi personali occupandosi di quelli degli altri e spostando l’attenzione dalle proprie mancanze a quelle altrui, compensando il proprio malessere. Non ne sono però consapevoli, e nessuno di solito ammette di essere pettegolo, perché è una caratteristica connotata in modo negativo. La persona pettegola perde la fiducia degli altri; difficilmente i suoi stessi amici le confideranno un problema personale, immaginando che, come fa con gli altri, allo stesso modo ne farà materiale di conversazione alle loro spalle.
A quali bisogni risponde il pettegolezzo? Far parte di un gruppetto che sparla di altri, come avviene ad esempio in ambiente lavorativo (dove il 70% delle conversazioni consiste in pettegolezzi), può far sentire di avere degli alleati e di essere al sicuro, potendo contare sul legame interno al gruppo: le antipatie comuni creano e rafforzano i legami, consolidano il “noi” contrapposto a un “loro”. Per alcuni predomina il bisogno di sminuire gli altri per elevare la propria autostima e mettere a tacere la propria invidia. Il pettegolezzo è poi una forma di aggressione, ma indiretta, e in quanto tale è più diffuso nelle donne, in cui è culturalmente più scoraggiata l’espressione diretta dell’aggressività. Gli uomini, pertanto, sarebbero meno pettegoli non per virtù, ma perché esprimono in altri modi la loro dose di aggressività. Per altri ancora, fare gossip è l’unico modo per attirare su di sé l’attenzione, per sorprendere, creare complicità con l’interlocutore, e per sentire di avere uno status e un potere, influenzando i pensieri degli altri. Spettegolare è obiettivamente piacevole: scatena il rilascio di serotonina, l’ormone della felicità. È inoltre tranquillizzante, mostrando che anche gli altri non sono poi tanto più felici o privi di problemi di noi.
Alcuni pettegolezzi sono innocui, come le chiacchiere sulle vicende dei vip che affollano certe riviste e che rispondono al desiderio di spiare vite che si immaginano sfavillanti, lontane dalle proprie possibilità, con conseguenze abbastanza limitate. A tutti capita di fare pettegolezzi, il problema subentra quando diventa una modalità pervasiva e costante, irrispettosa degli altri, che danneggia le persone diffondendo maldicenze e porta a un deterioramento delle relazioni.
Alcuni pettegolezzi possono essere devastanti perché hanno lo scopo di diffamare qualcuno e distruggerne l’immagine, metterlo in ridicolo, o anche solo perché, moltiplicati in modo esponenziale, accerchiano la vittima del pettegolezzo e invadono la sua vita e intimità fino a indurla alla disperazione e al suicidio. Le conseguenze possono sfuggire e assumere proporzioni inimmaginabili. Qualunque pettegolezzo, anche inizialmente innocuo, una volta nel meccanismo che lo deforma e amplifica a dismisura, può diventare letale.
Che fare allora? “Per avere una bocca pettegola, si ha bisogno di un orecchio pettegolo”: la risposta più saggia è far morire il pettegolezzo, evitando di diffonderlo.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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